A non-blog by Luca Ammendola

Mese: Dicembre 2020

TUTTO QUELLO CHE AVRESTE VOLUTO SAPERE SUL COVID* (*MA NON AVETE MAI OSATO CHIEDERE) – SECONDA PARTE

Dal film “American Psycho” di Mary Harron

RAPIDO SOMMARIO DELLA PRIMA PARTE

  • L’origine del nuovo corona virus rimane poco chiara. Una domanda rimane sospesa nell’aria: questo virus è un evento naturale o è prodotto dall’uomo?
  • Il 94% degli infetti è asintomatico (nessun sintomo) o paucisintomatico (sintomi leggeri). Nella maggior parte dei casi è una malattia lieve che guarisce in una decina di giorni e senza complicazioni.
  • La lotta alla malattia Covid-19 è una corsa contro il tempo, l’intervento medico deve essere tempestivo.
  • Ad oggi nessuno ha fornito un piano terapeutico ufficiale.
  • L’idrossiclorochina ha dimostrato “sul campo” di essere un trattamento altamente efficace per il Covid-19.
  • L’1,24% di tutti gli italiani è risultato positivo al test PCR.
  • Il test PCR non è in grado di misurare correttamente la carica virale. Quando il test viene eseguito a 35 cicli o più è inutile e fuorviante. Un test PCR eseguito su 35 cicli di amplificazione darà un valore compreso tra il 50% e il 91% di falsi positivi. L’Italia utilizza tra i 35 e 45 cicli.
  • I pazienti ricoverati con sintomi in Italia sono 31.200 cioè il 4,1% di quelli risultati positivi o lo 0,05% di tutti gli italiani.
  • Il virus ha un tasso di mortalità (numero di persone decedute a causa della malattia diviso per la popolazione totale) dello 0,09%. Quindi il suo tasso di mortalità è estremamente basso.
  • Il 90% dei morti aveva più di ottant’anni e/o aveva altre malattie preesistenti.
  • Le ultime stime del tasso di sopravvivenza dal Center for Disease Control (CDC-l’istituto di sanità pubblica degli Stati Uniti) sono:

Età 0-19 … 99,997%

Età 20-49 … 99,98%

Età 50-69 … 99,5%

Età 70+ … 94,6%

DISCLAIMER: Come per la prima parte dell’articolo userò l’Italia come caso di studio.

DUE VISIONI DEL MONDO

Siamo in guerra! Non contro un virus ma contro un pensiero. Le due parti in lotta sono accampate in due visioni del mondo diametralmente opposte.

All’angolo destro troviamo il pensiero attualmente noto come neoliberismo. La sua visione del mondo è radicata nel materialismo estremo, nel nichilismo, nella competizione, nell’edonismo e nella ricerca del potere individuale a tutti i costi. È un pensiero profondamente separativo che promuove e crea conflitti ed ingiustizia. È un pensiero che si ferma al livello della ragione ordinaria. Rispetto ai problemi fondamentali della vita è un pensiero ottuso e spesso criminale che mette la volontà personale contro la volontà del tutto. Non offre possibilità di orientamento nel mondo se non la violenza e la supremazia.

Nell’angolo sinistro troviamo il pensiero attualmente noto come costituzionalismo. È un pensiero spirituale radicato in una coscienza etica universale basata sulla dichiarazione dei diritti dell’uomo. Promuove e crea connessione, collaborazione, pace e giustizia. La sua visione del mondo è radicata nell’intelligenza spirituale e mira a raggiungere un livello di coscienza in cui il cuore e l’intelletto camminano fianco a fianco. Offre molte possibilità di orientamento nel mondo, tutte basate sull’amore e sulla compassione. È un pensiero che mette la volontà personale in armonia con la volontà del tutto.

La guerra tra queste due visioni dell’esperienza umana infuria da quando gli uomini camminano sulla terra. Ovviamente i nomi e le armi sono cambiati nel tempo ma la fondamentale dicotomia di visione è rimasta intatta. È la vecchia e mitologica guerra tra il bene e il male e la crisi del Covid non è altro che l’ultima battaglia.

COME SIAMO ARRIVATI A QUESTO PUNTO

Per comprendere la nostra situazione attuale, mi sembra imperativo dare un’occhiata a volo d’uccello alla traiettoria storica che ci ha portato dove siamo.

Dopo la rivoluzione russa nell’ottobre del 1917, il sistema economico noto come capitalismo era tenuto sotto controllo da una realtà alternativa chiamata comunismo. Non entreremo nella discussione sui pro e contro di ciascun sistema, ma sottolineiamo semplicemente il fatto che esisteva una dualità di ideologia politica. Ogni sistema doveva dimostrare al proprio popolo che era il migliore.

Questo si è tradotto, in Occidente, nella paura dei leader politici e dell’industria che i lavoratori potessero “diventare rossi”. E questo significava che i lavoratori dovevano essere tenuti contenti. I proventi della crescita erano condivisi, i sindacati forti, i benefici del sistema di welfare generosi e gli investimenti nelle infrastrutture pubbliche elevati. In breve, i paesi capitalisti hanno vissuto uno straordinario periodo di diminuzione della disuguaglianza dagli anni ’20 agli anni ’80, principalmente incorporando un tocco di socialismo nel loro sistema.

Poi il muro di Berlino è venuto giù e una volta crollata l’Unione Sovietica non c’era più bisogno che il capitalismo fosse così generoso. Il fatto sorprendente della fine della guerra fredda è che sia il comunismo che il capitalismo, almeno nella sua versione “più gentile”, sono stati distrutti (scrivo sorprendente ma non dovrebbe sorprendere affatto considerando che entrambi i sistemi non sono altro che due facce della stessa medaglia; entrambe espressioni di materialismo e produttivismo). Il comunismo è diventato una reliquia della storia e il capitalismo è diventato una “lascia libero il toro” (Reagan dixit) stravaganza neoliberista. O, come mi piace chiamarlo, il capitalismo sotto steroidi (e tantissima cocaina importata dal Sud America).

Negli anni ’90 le forze di mercato hanno cominciato a regnare sovrane. Si sono diffuse in tutto il mondo, precisamente nei paesi più poveri; ciò significava beni di consumo a buon mercato ma esercitò anche una pressione al ribasso sui salari. Inoltre non c’era più alcuna necessità politica e/o economica di essere vincolati dall’equità sociale. I governi e le aziende potevano prendere fette molto più grandi della torta del profitto, ridurre i diritti dei lavoratori, rimuovere i benefici e iniziare a smantellare lo stato sociale perché non c’era nessun altro posto dove i lavoratori potevano andare. Se ai cittadini non piacevano queste “riforme” potevano sempre impiccarsi. Invece del trionfo della democrazia, abbiamo assistito al trionfo delle élite.

Poi è arrivata la crisi finanziaria del 2008 che, a chi prestava anche solo vagamente attenzione, ha rivelato il lato oscuro del modello del dopoguerra. La crisi è costata 30 milioni di posti di lavoro in tutto il mondo eppure non è stata sfruttata come un’opportunità per impostare una seria regolamentazione del mercato finanziario, né una profonda riflessione critica sulle pratiche neoliberiste e le conseguenze in termini di disuguaglianze che ne derivano. Negli Stati Uniti, invece, il presidente Obama ha donato miliardi di dollari a questi sistemi criminali (too big to fail, ricordate?) E in Europa una parola magica era sulla bocca di tutti: austerità!

TAGLI AL SISTEMA SANITARIO

Poco dopo la crisi finanziaria, nel 2011, a seguito delle dimissioni di Silvio Berlusconi (sotto ricatto della Banca Centrale Europea e dei mercati finanziari), il presidente italiano Giorgio Napolitano chiese a Mario Monti (un economista, consigliere di Goldman Sachs, membro della commissione trilaterale e uomo di fiducia di mercati speculativi e grandi capitali “no border”) di formare un nuovo governo con un unico scopo imposto dalla Banca Centrale Europea: applicare misure di austerità in Italia (una carneficina per le classi medie e operaie). Lo scopo dell’operazione era smantellare ciò che restava dello stato sociale e far avanzare il programma di privatizzazione. Il governo Monti era la maschera della dittatura dei mercati contro gli interessi del popolo. Era portatore di una visione della politica come pratica intesa a garantire il libero gioco del mercato deregolamentato, libero da ogni tipo di interventismo keynesiano senza impedimenti o rallentamenti.

Una delle prime cose ad essere tagliata dal sistema di welfare fu l’assistenza sanitaria. Il motivo è semplice da spiegare: l’assistenza sanitaria è molto costosa. Inoltre questo ha permesso alla sanità privata di riempire il vuoto lasciato da quella pubblica. E va da sé che l’assistenza sanitaria privata è il luogo in cui gli speculatori possono fare soldi.

Il governo Monti ha imposto uno standard massimo di 3,7 posti letto disponibili ogni mille abitanti, provocando un calo di 26.708 unità. La sua opera fu proseguita dai seguenti governi (Letta, Renzi, Gentiloni e l’attuale Conte).

Negli ultimi dieci anni la sanità pubblica italiana è stata vittima di tagli finanziari per 37 miliardi di Euro. Secondo l’OMS in questo periodo sono scomparsi 70.000 posti letto ospedalieri, così come il 51% dei posti letto per terapia intensiva che sono passati da 575 per 100mila abitanti agli attuali 275. Dal 2007 ad oggi sono stati chiusi 200 ospedali.

I tagli al personale hanno seguito un simile andamento: in quegli anni si sono persi 46.000 dipendenti (medici, infermieri, impiegati del pronto soccorso, medici di famiglia). Ora, con l’emergenza coronavirus in atto, il governo è stato obbligato ad assumere urgentemente 20mila medici e infermieri che, però, non hanno ancora superato l’esame di stato. Sì, avete letto bene, l’attuale pandemia è combattuta da un esercito di studenti.

La situazione del sistema sanitario italiano è simile a quella del servizio sanitario britannico, il famoso NHS. Secondo una ricerca di un think tank vicino al Labour Party, lo “svuotamento” dei finanziamenti al NHS ha causato circa 130.000 morti evitabili negli ultimi 20 anni.

Come ultimo “fatto divertente”, vale la pena sottolineare che un paese dovrebbe rinnovare il proprio piano pandemico ogni 3 anni. A causa dei tagli all’assistenza sanitaria, il piano pandemico italiano risale al 2006.

Vi invito a ricordarvi sempre questi numeri quando la classe politica proclama il suo agire nell’interesse della salute del popolo.

Si potrebbe essere tentati di dare la colpa agli italiani e alla loro passione per la pizza, il vino ed il “fare l’amore”, ma la realtà è che gli stessi principi (distruzione del sistema di welfare) si sono verificati in tutta Europa. E poi è arrivato il Covid.

RESPONSABILITÀ POLITICA

Nel tentativo di venire in difesa dei governi e di mitigare le mie critiche non credo si possa puntare il dito su come è stata gestita la crisi Covid al suo inizio. Si potrebbe dire che siamo stati colpiti da una nuova malattia, sono stati commessi degli errori ma la situazione era insolita ed inaspettata ed i governi hanno cercato di fare del loro meglio. Ma sono passati nove mesi e quella che avrebbe potuto essere magnanimamente classificata come “cattiva gestione sotto pressione” deve ora essere considerata altamente sospetta.

Con i dati in nostro possesso (elencati all’inizio di questo articolo) e cercando di ragionare attraverso un’analisi “rischi e benefici”, ritengo che ci siano solo due possibili spiegazioni per il modo in cui i governi hanno affrontato la crisi: completa inettitudine e idiozia o connivenza con intenti criminali.

Ci sono molteplici elementi che mi fanno pensare che la risposta del governo alla crisi non può essere semplicemente giustificata dall’inettitudine, ma deve essere cercata altrove.

Il più grave di questi è il divieto e l’ostruzione delle autopsie perché considerate pericolose. Da un punto di vista scientifico questa è un’idiozia assoluta! L’autopsia è la base per conoscere e studiare una malattia. È una procedura medica fondamentale ed è stata praticata almeno dai tempi dell’antico Egitto nel 3000 a.C., nel tentativo di comprendere e prevenire le malattie. È incredibile ed inaccettabile che nel 2020, con tutte le necessarie precauzioni tecnologiche a nostra disposizione, un’autopsia possa essere considerata pericolosa dai nostri governi e vietata per tali motivi. Possiamo solo chiederci: perché ciò è stato fatto?

Il secondo elemento sono i molteplici tentativi di impedire, in ogni modo possibile, medici preparati e onesti, che hanno dimostrato di avere molteplici soluzioni per curare la malattia, a fare il loro lavoro. Nella prima parte di questo articolo abbiamo parlato di come l’idrossiclorochina è stata bandita anche se è stata utilizzata per curare migliaia di pazienti. La soppressione, l’oscuramento e il sistematico rifiuto di ogni possibile trattamento a basso costo emerso (vedi plasmaferesi, idrossiclorochina, cortisone…) deve, ancora una volta, farci porre questa semplice domanda: perché?

Terzo, dobbiamo considerare come dall’inizio della crisi sanitaria i medici abbiano implorato i governi di attuare e potenziare le cure da casa. Non appena hanno capito che la tempistica era un fattore chiave nel trattamento della malattia (e questo è accaduto molto presto durante la crisi), hanno stabilito dei protocolli per curare i pazienti da casa. I numeri più recenti dimostrano molto chiaramente l’efficacia di tale approccio: di tutti i pazienti (che sono stati trattati precocemente e da casa) solo il 5% è stato ricoverato in ospedale ed il tasso di mortalità all’interno di queste persone è vicino allo 0%. Sì, avete letto bene: in Italia quasi nessuno è morto di Covid-19 se curato precocemente e da casa. Seguire questi protocolli avrebbe salvato migliaia di vite. Perché questo non è stato fatto?

Quarto, dobbiamo chiederci perché tutte le voci dissenzienti provenienti dal campo medico, indipendentemente dal loro grado di talento e riconoscimento, siano state immediatamente e violentemente silenziate attraverso minacce ed espulsioni dall’ordine medico (una tattica che ricorda l’inquisizione spagnola o i processi a Galileo)? Perché sono state ascoltate solo le voci all’unisono dei medici che cantavano la versione ufficiale? Vale la pena ricordare che la medicina non è una scienza esatta (non è un dogma), procede per tentativi ed errori e condividendo informazioni e punti di vista. Inoltre, tenete presente che non esiste un esperto di Covid-19, semplicemente perché il virus è troppo giovane. La discussione tra esperti è al centro della scoperta scientifica (e guarda caso al centro della democrazia) ma queste discussioni non hanno mai avuto luogo. Perché?

Infine dobbiamo considerare le direttive governative continuamente contraddittorie e confuse. Un buon esempio di questo è il tira e molla di apertura, quindi chiusura, quindi apertura con precauzioni, quindi chiusura di bar, ristoranti e negozi. Questa è una forma di persecuzione dei cittadini che non sanno più cosa fare né come. La ragione, a quanto pare, è stata abbandonata. Se questo era scusabile all’inizio della crisi, non lo è più oggi e deve obbligarci a chiederci, ancora una volta: perché? Perché nessun piano è stato messo in atto se non quello di consigliarci di lavarci le mani e restare a casa?

Come ho detto, vedo solo due possibilità: o siamo governati da persone incompetenti o da criminali. Nel primo caso devono essere rimossi democraticamente dalla loro posizione, nel secondo devono essere giudicati in tribunale.

LOCKDOWN (CONFINAMENTO)

Trovo interessante che l’espressione usata per descrivere il confinamento imposto dai governi sia “lockdown”. Avrebbero potuto scegliere “rimanere a casa” o “restare al riparo”, ad esempio, ma hanno scelto lockdown, un termine che è perlopiù usato nei penitenziari di tutto il mondo per descrivere un protocollo carcerario usato per controllare il movimento dei detenuti. Un protocollo utilizzato per confinare tutti i prigionieri nelle loro celle per impedire la diffusione di rivolte carcerarie o disordini. So che questa verrà letta come “teoria del complotto” da alcuni, ma suggerisco di non sottovalutare mai l’importanza delle parole. Gli esseri umani, dopotutto, definiscono la propria umanità attraverso il logos (dal greco: parola, ragione).

Ma definizioni ed etimologia a parte, è innegabile che la pratica di bloccare interi paesi avrà enormi conseguenze a breve, medio e lungo termine. È chiaro che i confinamenti hanno portato a una serie di conseguenze negative come una ritrattazione economica senza precedenti, stress psicologico, suicidi e le interruzioni di tutte le più importanti istituzioni sociali e democratiche. Questi fattori da soli, combinati con la discutibile efficacia delle politiche di confinamento nella prevenzione dei decessi da Covid-19, dovrebbero incoraggiarci a considerare la vera utilità di queste misure.

Sebbene l’idea di “appiattire la curva” possa essere stata una strategia adeguata all’inizio, per non sovraccaricare gli ospedali, ci sono significative conseguenze non intenzionali (forse) dei confinamenti, specialmente sulla salute pubblica. Inoltre, dobbiamo considerare il fatto che nove mesi di confinamenti “tira e molla” non hanno avuto effetti significativi sulla diffusione del virus. Ma hanno invece avuto un’ effetto sulla salute di cittadini giovani e sani. Su questo argomento vale la pena notare che un recente studio ha dimostrato che la maggior parte dei decessi per Covid-19 si verifica in persone prossime all’aspettativa di vita, mentre le morti indotte da lockdown si verificano in giovani lontani dall’aspettativa di vita, determinando un numero elevato di anni di vita totali persi. Quindi in uno spirito di ragionamento “costi e benefici” dobbiamo chiederci: ne è valsa la pena?

Il dottor David Nabarro dell’OMS sembrava pensare di no, quando ha fatto appello ai leader mondiali dicendo loro di smettere di “usare i confinamenti come metodo di controllo primario” del coronavirus.

Ha affermato che l’unica cosa ottenuta dai confinamenti era la povertà. “I confinamenti hanno una sola conseguenza che non si dovrebbe mai sminuire, e cioè che sta rendendo i poveri molto più poveri”, ha detto. “Noi dell’Organizzazione mondiale della sanità non sosteniamo i confinamenti come mezzo principale di controllo di questo virus”, ha continuato, “L’unica eccezione in cui crediamo che un confinamenti sia giustificato è per guadagnare tempo per riorganizzare, raggruppare, riequilibrare le risorse, proteggere gli operatori sanitari che sono esausti, ma in generale, preferiremmo non farlo “.

Vale anche la pena ricordare che un certo numero di medici esperti provenienti da tutte le parti del mondo si sono riuniti per scrivere una petizione, chiamata Great Barrington Declaration, chiedendo la fine dei confinamenti perché stavano facendo “danni irreparabili”.

Hanno scritto: “In qualità di epidemiologi di malattie infettive e scienziati della salute pubblica, nutriamo gravi preoccupazioni per gli impatti dannosi sulla salute fisica e mentale delle politiche COVID-19 prevalenti e raccomandiamo un approccio che chiamiamo Protezione mirata” Una strategia che può essere riassunta come segue : “L’adozione di misure per proteggere i vulnerabili dovrebbe essere l’obiettivo centrale delle risposte della sanità pubblica al COVID-19”. La petizione è stata firmata da Sunetra Gupta dell’Università di Oxford, Jay Bhattacharya della Stanford University e Martin Kulldorff dell’Università di Harvard, tra gli altri.

Ora non spetta a me giudicare la qualità e l’efficacia della loro proposta, la mia ignoranza sull’argomento è troppo grande, ma come cittadino vorrei che fosse discussa apertamente piuttosto che messa a tacere a priori.

Quello che è certo è che, secondo le Nazioni Unite, i blocchi potrebbero mettere a grave rischio i mezzi di sussistenza di 1,6 miliardi di persone e potrebbero spingere verso la povertà altri 150 milioni di bambini. Disoccupazione, bancarotte e problemi psicologici hanno raggiunto livelli record in tutto il mondo, come vedremo nel prossimo capitolo.

Sembra quindi chiaro che malgrado chiudere interi paesi, come faresti con una prigione, non hanno portato chiari benefici, stanno avendo dei costi profondi, mortali e duraturi. In altre parole, ci sono più rischi di morire per le conseguenze dei confinamenti che di COVID.

CONSEGUENZE ECONOMICHE E SOCIALI

Un portavoce del Fondo monetario internazionale (FMI) ha affermato: “È molto probabile che quest’anno l’economia globale vivrà la sua peggiore recessione dalla Grande Depressione, superando quella registrata durante la crisi finanziaria globale di dieci anni fa. Si prevede che “Il Grande Lockdown“, come si potrebbe chiamare, ridurrà drasticamente la crescita globale”. La stessa istituzione ha calcolato una contrazione della crescita globale del 3% solo per il 2020. Per avere un’idea comparativa di cosa ciò significhi, lasciatemi sottolineare che il quasi crollo del sistema finanziario globale alla fine del 2008 ha fatto diminuire l’attività globale dello 0,1% nel 2009.

Si prevede che le ricche economie occidentali subiranno una contrazione media del 6,1%. Italia e Spagna, le due economie europee più colpite, vedranno il PIL scendere rispettivamente del 9,1% e dell’8%. Ecco un elenco di alcuni altri paesi:

  • USA -5,9%
  • Germania -7,0%
  • Francia -7,2%
  • Regno Unito -6,5%
  • Russia -5,5%

L’Organizzazione Internazionale del Lavoro ci ha avvertito che quasi la metà della forza lavoro globale (1,6 miliardi di persone) è in “pericolo immediato di distruzione dei propri mezzi di sussistenza” a causa dell’impatto economico del Covid-19.

Secondo l’ONU:

  • altri 207 milioni di persone potrebbero cadere nella povertà estrema a causa del grave impatto a lungo termine della pandemia di coronavirus (personalmente sostengo a causa della gestione politica della pandemia piuttosto che la pandemia stessa), portando il numero totale a oltre un miliardo entro il 2030.
  • L’80% della crisi economica persisterà per oltre un decennio.

Chiunque si vanti di un rimbalzo nel prossimo anno o è delirante o bugiardo. Il direttore del Programma alimentare mondiale delle Nazioni Unite, David Beasley, ha avvertito che l’anno 2021 sarà “catastrofico” e ha aggiunto che in una dozzina di paesi la carestia “bussa alla porta”. Ha aggiunto che questo è “l‘anno peggiore di crisi umanitarie” dall’inizio delle Nazioni Unite 75 anni fa.

Inoltre, per la prima volta nei suoi 70 anni di storia, l’UNICEF ha lanciato una campagna di emergenza per aiutare a nutrire i bambini nel Regno Unito. Secondo l’UNICEF, 2,4 milioni di bambini britannici crescono già in famiglie con insicurezza alimentare e più di un quinto di queste famiglie ha sofferto la fame durante i confinamenti a causa di difficoltà finanziarie.

A Roma gli aiuti alimentari sono aumentati del 600%.

In Italia più della metà delle aziende del Paese (51,5%) afferma che la liquidità potrebbe non essere sufficiente per far fronte alle spese dell’anno in corso. La situazione peggiora con il diminuire delle dimensioni dell’azienda.

Disoccupazione, fallimenti e problemi psicologici hanno raggiunto livelli record in tutto il mondo.

Solo in Italia:

  • I suicidi sono aumentati del 15%
  • I tentativi di suicidio sono aumentati del 40%
  • I femminicidi sono aumentati del 15%
  • La violenza sui bambini è aumentata del 20%
  • Il consumo di ansiolitici è aumentato di 3 volte.
  • Il trauma psicologico viene conteggiato in milioni di nuovi casi (uno studio recente ha rilevato che 3 bambini su 4 hanno avuto qualche tipo di trauma psicologico durante la crisi)
  • 4 milioni di visite mediche sono state rinviate (quante vite andranno perse a causa di questo?)

Mi fermo qui perché mi viene voglia di piangere. Concluderò con una semplice domanda che credo dovremmo porci tutti (preferibilmente nel cuore della notte, da soli e guardandoci allo specchio): ne è valsa la pena? Per combattere una malattia che ha un tasso di mortalità dello 0,09%? Oppure, per essere ancora più provocatorio, mi chiedo, la povertà è davvero l’unico modo per combattere un virus che nel 99% dei casi non è letale?

INFODEMIA

Come si è convinta la maggioranza delle persone che dobbiamo cancellare i diritti costituzionali, lasciare che i funzionari governativi governino per decreto, devastare l’economia (o almeno le piccole e medie imprese), permettere a delle multinazionali di censurare qualsiasi dissenso, costringere tutti a indossare mascherine chirurgiche, mettere agli arresti domiciliari intere società, terrorizzare psicologicamente i bambini e trasformare il pianeta in una società paranoica e totalitaria a causa di un virus che ha un tasso di mortalità dello 0,09%?

La risposta breve è la paura! Paura, paura, paura! La paura è il grande ostacolo che blocca tutti gli altri sentimenti. Non c’è amore dove c’è paura, non c’è ragionamento, nessuna chiarezza mentale, nessuna razionalità, nessun coraggio. La paura distrugge la psiche delle persone e genera incapacità di ragionare. È il modo più efficace per far cadere i diritti di un popolo, perché solo la paura fornisce masse non più lucide, confuse, spaventate e quindi disposte a fare qualsiasi cosa, ad accettare qualsiasi cosa. La più grande pandemia a cui abbiamo assistito negli ultimi nove mesi è stata una pandemia di paura e panico. Ed è stata diffusa dai cosiddetti media mainstream, la grande fonte del terrore.

L’informazione di massa hanno cercato di spaventarci in ogni modo possibile (e nella maggior parte dei casi ci sono riusciti) utilizzando raffinate tattiche e tecniche per creare angoscia, terrore, pessimismo, scoraggiamento, rassegnazione e soprattutto divisione tra esseri umani isolati nella loro paura del buio.

L’idea fondamentale di queste tecniche è controllare la “percezione” della situazione. In altre parole, come la situazione reale viene “accolta” dai soggetti. Questa “percezione” è manipolata ad arte attraverso l’uso di queste tecniche.

Queste tecniche sono ben conosciute da persone che (come me) hanno studiato il campo della comunicazione, in particolare la pubblicità, o il lavoro di Edward Bernays (un nipote di Freud e padre della moderna propaganda di massa). Dovrebbero anche essere riconoscibili da qualsiasi storico serio visto che, innumerevoli volte, sono state usate dalla macchina di propaganda dei regimi totalitari nel corso della storia. Mi limito a segnalare le tecniche più comuni (i nomi sono mie traduzioni dall’Inglese):

  • Propaganda ad nauseam: questo tipo di propaganda si basa sul potere della ripetizione. Come notoriamente disse Joseph Goebbels (ministro della Propaganda della Germania nazista): “Ripeti una bugia abbastanza spesso e diventa la verità”. Nel caso del Covid abbiamo un’informazione martellante: almeno due bollettini di guerra al giorno.
  • Impilaggio di carte: presentare informazioni selettive per dipingere una narrazione incompleta e scorretta per influenzare le persone. Un chiaro esempio di ciò è l’intera discussione e la confusione volutamente creata sulla differenza tra le persone che sono morte “di Covid” e le persone che sono morte “con Covid” (un’enorme differenza dal punto di vista medico e statistico). Ciò non solo ha permesso di nascondere i numeri reali della crisi, ma ha anche creato un perenne stato di confusione e paura. Un altro esempio di “impilaggio di carte” è il fatto che ogni notiziario inizia affermando il numero di nuovi “casi”, tralasciando il fatto che tutto ciò che “nuovi casi” significa sono persone risultate positive al test PCR (un test altamente impreciso come abbiamo visto nella prima parte di questo articolo). Non significa che la persona sia malata né che abbia sintomi. Un altro esempio è il fatto che il più delle volte vengono annunciati i numeri dei nuovi casi e dei decessi, ma solo raramente (o come notizia di fondo) vengono comunicati i numeri di asintomatici e di persone guarite dalla malattia.
  • Generalità scintillanti: impiega parole forti e slogan per lasciare un impatto sul pubblico che riceve il messaggio. In Italia abbiamo avuto “Andrà tutto bene”, nei paesi di lingua inglese “Siamo tutti sulla stessa barca”, in Cina “Maschera o respiratore, devi riflettere e sceglierne uno dei due” solo per fare qualche esempio (ce ne sono molti altri).
  • Testimonianza: utilizzare figure note o credibili per influenzare il pubblico. Quanti cantanti, star di Hollywood e personalità dello sport abbiamo visto ripetere come pappagalli la narrazione ufficiale, invitando la popolazione a “restare a casa” (ovviamente dal comfort delle loro ville dotate di piscine, ampi giardini e saune svedesi)?
  • Insulti: la propaganda degli insulti si basa sul denigrare l’opposizione con tutti i mezzi retorici necessari. Nel caso del Covid chiunque avesse osato fare domande o contraddire la narrativa ufficiale è stato immediatamente accusato di essere un “cospirazionista”, un “fascista”, un “anti-vaxxer”, un “criminale”, un “sovversivo”, un “pazzo “, un” pericolo per sé e per gli altri “e così via. Questo aiuta a coprire ed emarginare qualsiasi forma di dissenso.

Insomma, la comunicazione intorno alla crisi del Covid si basa sull’approccio del “peggiore dei casi possible”, sulla confusione, l’esagerazione, la frenesia e la perdita della ragionevolezza che diffonde la paura del contagio e della morte.

La paura è diventata virulenta e contagiosa; il buon senso, la ragione e la capacità critica di valutare i dati per ciò che mostrano sono andati perduti. Purtroppo il ragionamento e il buon senso non sono contagiosi (essendo virtù di pochi).

La condotta della maggior parte dell’informazione di massa, secondo i termini di legge, è chiamata “Procurato Allarme” ed è punibile con la reclusione. Spero sinceramente di vedere quel giorno!

FINE DELLA SECONDA PARTE

Nella TERZA PARTE, la parte finale di questo articolo, discuteremo la questione più urgente di tutte: cui prodest? Vedremo chi sono i vincitori di questa situazione (perché state certi ci sono dei vincitori, ci sono sempre), come la risposta politica alla pandemia ha prodotto uno dei più grandi trasferimenti di ricchezza nella storia e le possibili conseguenze di questo negli anni a venire (ciò che io chiamo il nuovo feudalesimo capitalista).

TUTTO QUELLO CHE AVRESTE VOLUTO SAPERE SUL COVID* (*MA NON AVETE MAI OSATO CHIEDERE) – PRIMA PARTE

Dal film “Tutto quello che avreste voluto sapere sul sesso* (*ma non avete mai osato chiedere)
di Woody Allen

DISCLAIMER: Il seguente articolo è il risultato del lavoro di Mauro Scardovelli (rettore di Unialeph, un’università italiana fondata con l’obiettivo di insegnare ed attuare i valori della Costituzione Italiana) e del suo team. Tutte le informazioni che vi troverete sono state presentate da alcune delle migliori menti nel campo della medicina che l’Italia ha da offrire. La maggior parte di loro ha lavorato in prima linea sin dall’inizio della crisi Covid. Mi reggo sulle spalle di giganti. Tutto quello che ho cercato di fare è riassumere, organizzare e semplificare (ove possibile) le informazioni fornite nel tentativo di renderle comprensibili a tutti. La maggior parte delle statistiche si basa sulla situazione in Italia (che è la peggiore in Europa e quindi un buon caso di studio). Quello che segue è un esercizio di ragionamento (dal latino rationem: capire le cause). Questo articolo NON costituisce un protocollo medico ufficiale. In caso di sintomi DOVETE contattare un medico. L’articolo è diviso in due parti: la PRIMA PARTE è una panoramica degli aspetti medici della crisi, la SECONDA PARTE copre gli aspetti politici, sociali ed economici.

QUADRO GENERALE

Cominciamo dalle basi: un nuovo virus si è fatto strada nella natura; si chiama SARS-CoV-2 (Sindrome respiratoria acuta grave coronavirus 2), appartiene alla famiglia dei coronavirus e causa la “malattia da Coronavirus 2019” (COVID-19). Il primo caso è stato identificato a Wuhan, in Cina, nel dicembre 2019 (sebbene sia i tempi che l’ubicazione siano oggetto di dibattito). L’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) ha dichiarato l’epidemia una pandemia l’11 marzo 2020.

Le origini di questo virus, ad oggi, sono ancora poco chiare. Esistono tre ipotesi principali. Uno: il virus è di origine animale (la famosa ipotesi del pipistrello del mercato umido) ed è poi mutato in infettivo per l’uomo. Due: è un virus artificiale (vicino a Wuhan c’è un laboratorio che studia i virus, specificamente i virus legati ai pipistrelli) sfuggito al controllo dei ricercatori. Tre: è un’arma biologica rilasciata apposta sulla popolazione (non sappiamo da chi o perché). Le tre opzioni sono possibili ma, come ho detto, non sappiamo ancora niente con certezza e qualsiasi conclusione, al momento, sarebbe puramente speculativa.

Qualunque sia la sua origine, il virus ESISTE ed è da moderatamente ad altamente contagioso (a seconda di chi parla).

Nella stragrande maggioranza dei casi il virus non provoca reazioni (asintomatici) o reazioni molto leggere (paucisintomatici) nella persona infetta. MA in alcuni casi provoca un’iper-infiammazione polmonare molto grave che può portare alla cosiddetta “tempesta citochinica” (ne parleremo più avanti). In alcuni casi questo può portare alla morte.

PATOGENESI DEL VIRUS

(Patogenesi: il modo di produzione o sviluppo di una malattia.)

La malattia Covid ha tre fasi di sviluppo.

FASE 1: fase di risposta virale

Una fase iniziale, prettamente virologica, in cui prevale la replica virale. Di solito è una fase caratterizzata da una sintomatologia clinica non particolarmente grave come febbre, dolori ossei, mal di testa, nausea, diarrea… Questa fase virale tende a diminuire perché subentra la risposta infiammatoria del malato. (Per la maggior parte dei pazienti questo è utile perché aiuta a controllare l’infezione. Questa é la “ragion d’essere” della febbre, che è un meccanismo di difesa naturale. Le alte temperature, sopra i 38 gradi, uccidono i virus.)

FASE 2: Fase polmonare

Quando la risposta infiammatoria prende piede cede la risposta virologica. Questo è ciò che accade in tutte le malattie infettive. Fino a questo punto (fino a metà della seconda fase) la malattia non è peggiore della comune influenza. Nella maggior parte dei casi (l’80% dei pazienti sintomatici infetti) si tratta di una malattia lieve che guarisce da sola in una decina di giorni e senza complicazioni. MA in un certo numero di pazienti sintomatici infetti (il restante 20%) si innesca una risposta infiammatoria disregolata (una risposta infiammatoria eccessiva), che porta alla terza fase della malattia.

FASE 3: fase di iper-infiammazione

In alcuni pazienti si innesca una risposta infiammatoria eccessiva e disregolata. Una vera e propria “tempesta citochinica” (Coagulazione intravascolare disseminata), che porta i pazienti a una sindrome emofagocitica (disturbo delle capacità immunoregolatrici), all’ insufficienza respiratoria, alle terapie intensive ed in alcuni casi alla morte.

OBIETTIVO DELLE TERAPIE

Se c’è una cosa su cui tutti i medici sembrano essere d’accordo questa è il fattore tempo. La lotta al Covid è una corsa contro il tempo; l’intervento medico deve essere tempestivo. L’intervento medico deve essere mirato alla prima e alla seconda fase della malattia. Quando i pazienti entrano nella fase di iper-infiammazione diventa molto più difficile aiutarli.

Quindi, fondamentalmente, la terapia antivirale dovrebbe essere concentrata all’inizio della malattia. Quando si passa alla fase iper-infiammatoria della malattia i farmaci antivirali non servono più. A quel punto tutta la terapia si basa sulla modulazione dell’eccessiva risposta infiammatoria, sul tentativo di spegnere la “tempesta citochinica” che si è generata nei polmoni del paziente.

Tra questi due estremi, ovviamente, c’è una zona intermedia che, a parere di molti medici, è la zona in cui si dovrebbe concentrare il massimo sforzo terapeutico.

L’obiettivo delle terapie dovrebbe essere quello di intercettare i pazienti nella fase iniziale della malattia e curarli immediatamente con la terapia antivirale.

Se il paziente evolve verso la fase iper-infiammatoria, l’altro obiettivo è quello di intercettare precocemente l’insorgenza di questa eccessiva risposta infiammatoria per evitare di trovarsi di fronte a pazienti nei quali il contenimento è molto difficile. A quel punto tutta la partita si gioca sulla loro resistenza alla terapia ventilatoria.

Quindi essere precoci con la terapia dovrebbe idealmente evitare l’evoluzione verso la terza fase della malattia, quindi salvare vite umane e ridurre i ricoveri in ospedale ed in terapia intensiva.

TERAPIE

La maggior parte dei medici è confusa sul trattamento da adottare perché, ad oggi, nessuno ha fornito un piano terapeutico ufficiale. Il governo e le istituzioni sanitarie hanno suggerito quali trattamenti NON usare ma nessuno si è preso la responsabilità di consigliare l’uso di una terapia specifica.

Quindi i medici in prima linea hanno dovuto inventarne/crearne una utilizzando i frutti della loro esperienza ed osservazione acquisite vicino al letto dei pazienti; fuori dai laboratori, fuori dalle ruminazioni mentali. E questo è quello che hanno trovato:

I farmaci svolgono ruoli diversi in momenti diversi. Diversi farmaci sono necessari durante le tre fasi della malattia.

FASE 1: La terapia antivirale dovrebbe essere concentrata all’inizio della malattia. I medici non possono restare inattivi e consentire alle persone di stare a letto senza una terapia adeguata o, peggio ancora, con una terapia, ad esempio il Paracetamolo, che può essere dannoso (il Paracetamolo è pericoloso nei pazienti Covid perché crea un impoverimento delle riserve di Glutatione, che è essenziale come antiossidante ed è molto utile nelle reazioni antinfiammatorie. Rimuovere il Glutatione significa aprire le porte all’avanzamento dell’infiammazione.) La fase 1 va affrontata con rimedi antivirali e antinfiammatori che bloccano o riducono lo stato infiammatorio (ad esempio vitamina C e D). C’è un farmaco in particolare che ha dimostrato (sul campo) di essere il più efficace in questa fase. Ma tratteremo (ampiamente) di questo nel prossimo capitolo.

FASE 2: i rimedi antivirali devono essere proseguiti per un po’ ma iniziano a perdere efficacia. L’eparina a basso peso molecolare (un anticoagulante con una forte attività immunomodulante) deve essere iniziata non appena compaiono i primi segni di iper-infiammazione, insieme agli antibiotici. L’uso di antibiotici è necessario perché ha un’azione su possibili superinfezioni batteriche. Perché? perché un polmone infiammato è predisposto alla colonizzazione di batteri patogeni. Un polmone infiammato che produce muco è un terreno fertile fantastico per i patogeni. Non possiamo sottolineare abbastanza che il tempismo è essenziale. I pazienti morti a Marzo e Aprile erano, nella maggior parte dei casi, pazienti sui quali non è stato effettuato alcun intervento. Erano pazienti che sono stati lasciati a casa da soli.

FASE 3: Come abbiamo già accennato, i pazienti che raggiungono la fase tre della malattia sono seriamente compromessi. A questo punto l’obiettivo medico è quello di “spegnere” l’iper-infiammazione. Questo viene fatto con rimedi antinfiammatori e anticoagulanti. Ma questi richiedono tempo per avere effetto e molti pazienti che raggiungono la fase 3 non sono in grado di respirare normalmente. Quindi la maggior parte deve essere intubata. L’intubazione orale-tracheale è una pratica medica che può essere eseguita solo da un medico di terapia intensiva. È una procedura medica invasiva, estremamente delicata, che nessun medico utilizza a cuor leggero; è letteralmente l’ultima cosa che vogliono (e possono) fare. Vale la pena notare che la terapia intensiva è vista dalla maggior parte dei medici come il fallimento della strategia terapeutica e NON, come invece promuovono i governi e i media, una risposta intelligente e strutturale alla malattia. Alla luce di ciò, avere cure più intensive come risposta principale del sistema a un’infezione virale è profondamente preoccupante.

IDROSSICLOROCHINA

Come accennato in precedenza, esiste un farmaco che ha dimostrato sul campo di essere il più efficace come antivirale durante la prima fase e la prima metà della seconda fase della malattia. Questo farmaco si chiama Idrossiclorochina ed è uno dei farmaci più controversi del caso Covid (alcuni lo chiamano la pistola fumante, la prova inconfutabile della cattiva gestione della crisi).

L’idrossiclorochina è un derivato della Clorochina. È un farmaco in uso da molto tempo, l’FPA americano lo ha approvato nel 1955 ed è il 128 ° farmaco più prescritto negli Stati Uniti. È un farmaco particolarmente testato, ha un costo molto contenuto (pochi euro a scatola) ed è di facile fornitura (è un farmaco comune). È più comunemente usato per prevenire la Malaria e chiunque abbia viaggiato in aree a rischio di malaria lo ha preso (so per certo di averlo fatto più volte nella mia vita).

Il farmaco può avere effetti avversi/collaterali (ovviamente! Tutti i farmaci hanno effetti collaterali! Anche l’aspirina!) ma questi sono trascurabili. Gli effetti collaterali più comuni sono nausea, crampi allo stomaco e diarrea. Altri effetti collaterali comuni includono prurito e mal di testa. I possibili effetti collaterali più gravi colpiscono l’occhio (Retinopatia -danno alla retina) generalmente dovuta all’uso cronico.

Prima di prescrivere il farmaco il medico deve sempre porre al paziente alcune domande (questo è il caso di QUALSIASI farmaco). Il paziente non deve essere affetto, ad esempio, dalla sindrome del QT lungo (una malattia cardiaca) o dal cosiddetto Favismo (un errore congenito del metabolismo che predispone alla disgregazione dei globuli rossi) o altre condizioni che interagiscono con l’Idrossiclorochina. Ma questo è l’ABC della medicina.

L’AIFA (Associazione Italiana del Farmaco – ente pubblico) ha inizialmente dato il via libera all’uso dell’Idrossiclorochina ma poi l’ha ritirata dal mercato. Ciò è stato fatto con il supporto di una serie di studi condotti negli Stati Uniti sostenendo che il farmaco può portare a effetti collaterali molto dannosi. Ma questi studi sono altamente problematici (tanto che The Lancet, la più antica pubblicazione scientifica al mondo, ha dovuto ritrattare lo studio che hanno incautamente e frettolosamente pubblicato). Molti medici non hanno problemi a chiamare questi studi fasulli. Questo perché questi studi sono stati effettuati su pazienti ospedalizzati (pazienti che avevano raggiunto la seconda metà della fase due o addirittura la terza fase della malattia) e con dosaggi molto molto elevati (sovradosaggio). In questo caso è ovvio che i pazienti mostreranno effetti collaterali dannosi. Come abbiamo visto in precedenza, l’idrossiclorochina è più utile nella fase iniziale della malattia e dovrebbe essere utilizzata con il dosaggio corretto. Vale la pena di sottolineare l’ovvio: qualsiasi farmaco, se usato a dosaggi molto elevati, può essere dannoso.

Peggio ancora (secondo l’opinione di chi scrive) le prove cliniche di migliaia di persone guarite con l’idrossiclorochina sono state ignorate e/o ostacolate dall’AIFA e dall’OMS.

L’Idrossiclorochina è stata utilizzata su migliaia di pazienti in Italia a un dosaggio ragionevole e per un periodo ragionevole. L’osservazione clinica di tanti medici autorevoli e soprattutto esperti, ha portato ad affermare che nella loro esperienza clinica l’Idrossiclorochina ha modificato positivamente l’andamento della malattia nei pazienti.

I medici onesti parlano della centralità del tempismo (ne abbiamo già parlato più volte). Il farmaco è utile all’inizio della malattia. E non deve superare il dosaggio di 800 mg al giorno per un massimo di 7 giorni.

Andrea Mangiagalli, tanto per fare un esempio pratico, uno dei primi medici di famiglia a testare “sul campo” l’efficacia dell’Idrossiclorochina, ha curato 300 pazienti. Non ha mai visto complicazioni tranne alcuni pazienti che hanno avuto una modesta diarrea (grado 1 o 2 molto modesto). Di questi 300 pazienti 3 sono stati ricoverati in ospedale, 1 è morto e 297 sono stati CURATI (non so voi, ma personalmente accetterei queste probabilità in qualunque momento).

Le prove fornite dai medici in prima linea non sono poche, sono prove forti e positive dell’utilità dell’Idrossiclorochina nella lotta contro il Covid. La cosa più gentile che si possa dire sul mancato utilizzo dell’idrossiclorochina è che il pericolo è stato sovrastimato dalle autorità. Tuttavia è opinione di chi scrive che il mancato utilizzo (a causa di incompetenza o connivenza) di una cura che avrebbe potuto potenzialmente salvare migliaia e migliaia di persone è un crimine contro l’umanità e deve essere giudicato in un tribunale.

(AGGIORNAMENTO: l’11 Dicembre 2020, dopo un’ardua battaglia legale durata sette mesi e portata avanti da un gruppo di medici di base, il Consiglio di Stato italiano ha approvato l’uso dell’idrossiclorochina come terapia per il Covid-19. Si legge nell’ordinanza: “La perdurante incertezza circa l’efficacia terapeutica dell’idrossiclorochina, ammessa dalla stessa AIFA a giustificazione dell’ulteriore valutazione in studi clinici randomizzati non è ragione sufficiente sul piano giuridico a giustificare l’irragionevole sospensione del suo utilizzo sul territorio nazionale”. Meglio tardi che mai!)

LETALITÀ, MORTALITÀ ED ALTRE STATISTICHE

La popolazione italiana é di 60.360.000 circa.

Al momento di scrivere (5 Dicembre 2020) secondo il Ministero della salute il totale dei tamponi effettuati è pari a 22.767.130 e cioè il 37.7% della popolazione.

I positivi al test PCR per il Covid-19 sono 754,169 cioè 1.24% di tutti gli italiani.

Il 94% dei contagiati è asintomatico (nessun sintomo) o paucisintomatico (sintomi leggeri).

I pazienti ricoverati con sintomi sono 31.200 cioè 4.1% dei positivi al test e lo 0,05% di tutti gli italiani.

Di quelli ricoverati sono in terapia intensiva 3.567 persone e cioè il 11.4% dei ricoverati, ovvero lo 0.47% di tutti i positivi, ossia lo 0.05% di tutti gli italiani.

I morti totali di/con (difficile da dire) Covid-19 sono 60.078.

Il virus ha quindi un tasso di letalità (numero delle persone decedute diviso per il totale dei positivi al test PCR) del 7.9% ed un tasso di mortalità (numero delle persone decedute a causa della malattia diviso per il totale della popolazione) dello 0.09%.

Il tasso di letalità del virus é di difficile interpretazione a causa di vari problemi con il test PCR (che vedremo nel prossimo capitolo).

Ma possiamo tranquillamente affermare che il Covid-19 è una malattia mortale ma il suo tasso di mortalità è percentualmente molto basso.

Quindi è una malattia da prendere sul serio ma che non dovrebbe farci impanicare.

Per essere chiari: il Covid-19 non è la “Peste nera” né “l’influenza spagnola” (che nel 1918-20, in un tempo in cui non avevamo Penicillina, Idrossiclorochina, Eparina, Antibiotici, Cortisone o terapie intensive, uccise tra i 50 e i 100 milioni di persone nel giro di due anni). La letalità del Covid è anche molto inferiore a quella di altri due moderni coronavirus: Sars-Cov1 (10% di letalità durante l’epidemia del 2002-04) o Mers (37% di letalità durante l’epidemia del 2002). Ed è incomparabile per letalità a virus estremamente pericolosi come l’influenza aviaria (60% di letalità) o l’Ebola (65% di letalità).

Per mettere le cose ancora più in prospettiva, il Covid ha una mortalità annuale inferiore rispetto agli incidenti stradali, ai suicidi e alle malattie respiratorie (a causa delle nanopolveri/inquinamento).

Vale anche la pena notare che oggi (autunno 2020) solo lo 0,5% di tutti i casi positivi finisce in terapia intensiva (cioè 30 volte in meno rispetto a Marzo).

Le ultime stime del tasso di sopravvivenza fornite dal Center for Disease Control (CDC-L’istituto sanitario nazionale degli Stati Uniti) sono:

Età 0-19 … 99,997%

Età 20-49 … 99,98%

Età 50-69 … 99,5%

Età 70+ … 94,6%

Infine si consideri che il 90% dei morti aveva più di ottant’anni e/o aveva altre malattie preesistenti (respiratorie, cardio vascolari, malattie metaboliche e/o obesità, diabete… insomma tutto ciò che produce infiammazioni nel nostro corpo). Questo è il motivo per cui i bambini e i giovani sani non si ammalano o mostrano sintomi molto molto lievi: hanno poche o nessuna infiammazione preesistente nel loro corpo.

Per concludere, il Covid è una malattia grave ma non ne moriremo tutti (a differenza di quello che la maggior parte della propaganda mediatica vuole farti credere). Tenendo presente questi dati, ogni ulteriore ragionamento deve imporre un’analisi “rischi e benefici”.

TEST PCR

Il test più comune (ce ne sono altri) per testare la positività per Covid-19 è il test di reazione a catena della polimerasi (PCR-Polymerase chain reaction, in Inglese). Si tratta di un metodo utilizzato per realizzare rapidamente da milioni a miliardi di copie di uno specifico campione di DNA, consentendo agli scienziati di prelevare un campione molto piccolo di DNA e di amplificarlo sufficientemente per poterlo studiare nel dettaglio.

Per iniziare credo sia importante chiarire cosa significhi “essere positivi al test PCR”. Essere positivo significa che la persona testata ha nel suo corpo un po ‘di acido nucleico (DNA e RNA) del virus. MA un soggetto positivo non significa che il soggetto sia malato. Né significa necessariamente che il soggetto sia contagioso.

Questo perché l’acido nucleico trovato non rappresenta necessariamente una particella virale infettante, può essere un residuo, un virus morto. Inoltre l’acido nucleico trovato non rappresenta necessariamente una concentrazione di virus sufficiente ad infettare (se stesso e gli altri).

Studi in vitro hanno dimostrato che affinché si verifichi l’infezione deve esserci almeno un milione di genomi equivalenti in un campione clinico (la carica virale). In altre parole è la carica virale (e non la presenza di acido nucleico) che determina se sei malato e quanto. MA il test PCR non è in grado di misurare correttamente la carica virale. Questo è uno dei problemi principali del test.

Il secondo problema ha a che fare con i cicli di amplificazione ed è un problema di uso improprio. Nel test PCR le sequenze di DNA prelevate dal soggetto in esame vengono amplificate esponenzialmente in una serie di cicli. Immaginate (per semplificare) un obiettivo zoom: più amplifichi lo zoom, più vicino e dettagliato vedi. Sempre semplificando, ogni grado di amplificazione dello zoom equivale ad un ciclo di amplificazione. Ora il problema è che quando il test viene eseguito a 35 o più cicli è inutile e fuorviante. Cito Anthony Fauci: “Se ottieni una soglia del ciclo di 35 o più… le possibilità che sia competente per la replica sono minuscole… non puoi quasi mai coltivare virus da un ciclo di 37 soglie… sono solo nucleoidi morti, punto.” Questa, tra parentesi, è una stima generosa. Gli scienziati più conservatori suggeriscono un massimo di 20-30 cicli.

In altre parole, troppi cicli e il test produrrà ogni sorta di materiale irrilevante che verrà erroneamente interpretato come rilevante. Questo è chiamato falso positivo. Un test PCR eseguito su 35 o più cicli di amplificazione darà un valore compreso tra il 50% e il 91% di falsi positivi (dalla possibilità più ottimistica a quella più pessimistica).

L’11 novembre 2020, la Corte d’appello di Lisbona in Portogallo ha dichiarato illegale la quarantena di quattro cittadini portoghesi. Hanno fornito questa ragione: “Sulla base delle prove scientifiche attualmente disponibili, questo test [il test RT-PCR] non è di per sé in grado di stabilire oltre ogni dubbio se la positività sia effettivamente equivalente all’infezione con il virus SARS CoV-2. E questo per diversi motivi, due dei quali di primaria importanza: l’affidabilità del test dipende dal numero di cicli utilizzati; l’affidabilità del test dipende dalla carica virale presente”.

Il problema dell’amplificazione dei cicli spiega anche come mai esistono differenze così disparate nel numero di contagi tra i diversi paesi. Germania e Austria, ad esempio, utilizzano 25 cicli di amplificazioni (e quindi hanno il numero più basso di contagi in Europa) Italia e Francia utilizzano tra i 35 e 45 cicli (il numero esatto è difficile da dire perché le autorità non sono chiare al riguardo) .

Chiudo questo capitolo lasciando la parola a Kary Mullis, l’inventore del test PCR, per il quale ha vinto il premio Nobel nel 1993: “Con la PCR chiunque può risultare positivo a qualsiasi cosa, se lo fai abbastanza a lungo (molti cicli di amplificazione). Per questo dobbiamo stare molto attenti ad utilizzare la PCR come test diagnostico”.

MASCHERINE FACCIALI

L’argomento delle mascherine è un campo minato. Primo perché per molte persone le mascherine sono diventate un simbolo, un totem di natura semi religiosa. Secondo, e questo é più importante, perché l’uso delle mascherine produce benefici in determinate circostanze ma gravi danni in altre.

La percezione che ha comunemente la maggior parte delle persone è che le mascherine siano qualcosa di scomodo, un fastidio, ma devono essere indossate perché fanno bene alla salute (poiché proteggono dal virus). Questo non è corretto: le mascherine sono un compromesso. Si tratta quindi di calcolare sempre costi e benefici.

L’uso prolungato della mascherina porta ad un peggioramento delle prestazioni cardio-polmonari e ad una riduzione della funzione respiratoria. Questo è innocuo in soggetti sani che indossano la mascherina per brevi periodi ma pericoloso in soggetti con cardiopatie. Questo perché il cuore deve supplire al fatto che i polmoni non funzionano come dovrebbero. Quindi il cuore è sottoposto a notevole stress mentre un soggetto indossa una mascherina.

In più i pochi studi disponibili hanno dimostrato che indossare una mascherina per un periodo di tempo prolungato porta al peggioramento della virosi respiratoria (malattie respiratorie causate da un virus), che è esattamente ciò che dovrebbe essere ridotto o evitato. In altre parole, i soggetti che indossano mascherine mostrano più sintomi di infezioni respiratorie.

Dobbiamo capire cosa succede nei polmoni di una persona quando si indossa la mascherina: il Ministero della Salute italiano afferma che il 95% di ciò che emette un soggetto potenzialmente contagioso è schermato. Quindi la domanda cruciale è: dove va a finire quel 95% schermato delle emissioni? Ebbene, rimane semplicemente all’interno della mascherina, inumidendola e creando un ambiente favorevole allo sviluppo dei germi, ma soprattutto viene parzialmente reinalata. Questo crea il rischio che una persona che indossa a lungo una mascherina, la quale scherma e impedisce una libera espirazione, si faccia da sola cicli di amplificazione del virus. Continuando a reinalare i propri virus, può spingerli in profondità nei polmoni e negli alveoli dove i virus non dovrebbero giungere. Nelle vie respiratorie superiori sono presenti difese adattative innate che “uccidono” la maggior parte dei germi con cui entriamo in contatto respirando. Ma negli alveoli polmonari, in profondità dei polmoni, queste difese mancano, proprio perché i germi non dovrebbero arrivare cosi profondi. Se troppi virus arrivano negli alveoli polmonari e si moltiplicano senza resistenza, quando finalmente arrivano gli anticorpi, dopo 10-14 giorni, invece di trovare una piccola quantità di virus, ne trovano quantità enormi. Ne consegue una battaglia formidabile che crea un’infiammazione molto alta. Questo è esattamente ciò che si osserva in molti casi di soggetti che, dopo una lieve insorgenza, dopo 10-14 giorni, presentano un’esplosione infiammatoria e un aggravamento.

Dovremmo quindi evitare di peggiorare la situazione di un asintomatico imponendo una barriera all’espirazione. Perché il rischio è che, continuando a inspirare a lungo i propri virus, si trasformarmi il soggetto in un sintomatico o in un paucisintomatico.

Indossare una mascherina è un compromesso. Pertanto, il suo utilizzo deve essere modulato e non imposto in circostanze in cui è più dannoso che benefico.

Ovviamente in alcuni casi indossare una mascherina è un’ottima idea (per il minor tempo possibile): all’interno di ospedali, in ambienti con un’alta concentrazione di soggetti potenzialmente infettivi, vicino a pazienti Covid, in mezzo alla folla, nei trasporti pubblici. ..

Ma all’aperto, tranne in circostanze molto speciali, indossare una mascherina è totalmente irragionevole. Non è possibile ricevere una carica virale sufficiente per essere infettati semplicemente camminando vicino ad una persona. L’OMS dice che devi stare a distanza ravvicinata da una persona infetta per almeno 15 minuti (anche all’aperto) per ricevere una carica virale sufficiente per essere infettato. Il contatto occasionale non ha particolare importanza, costituisce un potenziale rischio assolutamente irrilevante rispetto ai rischi della vita. Quindi all’aperto, tranne in circostanze speciali (affollamento, ecc.) le mascherine non servono affatto. L’unica cosa che possono fare è dare un senso di sicurezza alle persone che la indossano e potenzialmente danneggiare le persone che hanno problemi respiratori e cardiaci e così via. L’ex direttore di microbiologia di Berna ha dichiarato: “Sarebbe più saggio indossare un casco perché è più probabile che qualcosa ti cada sulla testa che essere infettato camminando senza mascherina”.

Indossare una mascherina è un compromesso, e come tutti i compromessi, è giusto spingersi fino al punto in cui i danni sono superati dai benefici e cessare quando i rischi iniziano a superare i benefici.

PREVENZIONE

Quasi nessuno parla di prevenzione e questo è molto pericoloso perché uno dei fatti assolutamente incontrovertibili del caso Covid è che i cosiddetti “pazienti sani” generalmente non si ammalano e se lo fanno non hanno complicazioni. I pazienti sani combattono il Covid con il loro sistema immunitario senza bisogno di molte terapie. E questa è un’enorme differenza. Pertanto uno degli obiettivi principali dovrebbe essere quello di promuovere stili di vita sani che riducano naturalmente l’infiammazione all’interno del nostro corpo. Queste sono cose basilari come mangiare sano, non fumare, bere poco o niente alcol, mangiare poca carne rossa, perdere peso se sovrappeso, fare attività fisica regolare e così via. Anche le vitamine C, D e B12 si sono dimostrate molto utili nella prevenzione del Covid. Insomma qualsiasi cosa si possa fare per ridurre le infiammazioni del corpo e aumentare l’efficacia del sistema immunitario andrebbe fatta!

Un’altro aspetto fondamentale che raramente viene toccato è che questa malattia va combattuta sul territorio e non in ospedale. Deve essere combattuta con e da medici di famiglia locali che arrivano velocemente ai pazienti e iniziano ad applicare le terapie precocemente. La medicina locale deve essere implementata.

Anche perché molto spesso i pazienti che arrivano in ospedale lo fanno dopo aver perso tempo e si presentano in condizioni complicate. Inoltre gli ospedali sono luoghi dove la malattia si diffonde ancora di più, diventa un’infezione nosocomiale (un’infezione che si contrae in un ospedale). Questo fa ammalare medici e infermieri, riduce il loro numero e il loro lavoro diventa ingestibile.

I malati vanno curati precocemente da casa, lasciando liberi i posti letto degli ospedali a pazienti con malattie molto più gravi come malattie cardiovascolari, tumori, ecc.

CONSEGUENZE MEDICHE MEDIO/LUNGHE DELLA CRISI

Oggi gli ospedali hanno interrotto la maggior parte delle attività non correlate al Covid. La maggior parte degli screening, dei controlli, delle visite mediche e così via è stata ridotta o rinviata. Ciò significa migliaia e migliaia di persone che non si sono fatte controllare il cuore, che non hanno fatto test per il cancro e/o altre patologie. La prevenzione di patologie altamente letali è in pausa e questo è molto molto pericoloso.

Inoltre i malati non vanno in chirurgia. Questo è ovviamente un grosso problema. Immaginate un paziente con un cancro operabile. Se passano 15-20 giorni senza intervento chirurgico, non succede nulla, ma se passano 3-4 mesi i problemi si accentuano e questo può portare a problemi molto molto seri in futuro. Perché il tumore non starà fermo; progredirà (diventando probabilmente inoperabile). Lo stesso si può dire per i pazienti con infarto miocardico acuto o ictus cerebrale e così via. Tutte queste altre patologie esistono ancora e devono essere trattate. Nei prossimi mesi migliaia di persone moriranno per mancanza di cure.

Vale anche la pena considerare che l’Istituto Superiore di Sanità italiano ha firmato un rapporto sull’attività motoria nel 2018 in Italia, in base al quale durante quell’anno si sono stimati 88.200 decessi dovuti al fatto che non si è fatta abbastanza attività fisica nella media della popolazione. Poco meno del doppio dei decessi che oggi vengono attribuiti al Covid19 (che sono 36.000 e rotti). Se pensiamo alla limitazione dell’attività motoria avvenuta con il lockdown, è probabile che la situazione nel 2020, per quanto riguarda i decessi per attività fisica insufficiente, aumenterà.

Infine le conseguenze delle misure estreme prese dalle autorità (lockdown, congelamento dell’economia…) avranno profonde conseguenze sulla salute psichica e sociale della popolazione. Abbiamo già visto picchi nel numero di morti per suicidio, overdose e così via.

Se la crisi economica e sociale continua vedremo emergere questi problemi sempre di più e problemi come la malnutrizione e forse la fame diventeranno seri rischi per la salute.

FINE DELLA PRIMA PARTE 

Nella seconda parte di questo articolo tratteremo gli aspetti sociali, economici e politici della crisi.