A non-blog by Luca Ammendola

Autore: Luca Ammendola (Pagina 1 di 2)

HIKIKOMORI ovvero: COME HO IMPARATO A SMETTERE DI VIVERE E AD AMARE LA MIA PRIGIONE

Dal Film “Ready Player One” di Steven Spielberg

“Libertà va cercando, ch’è si cara, 

come sa chi per lei vita rifiuta.”

Purgatorio, Canto I, Dante Alighieri

Hikikomori, un fenomeno giapponese che ha attirato l’attenzione per la prima volta durante gli anni ’90, è una grave forma di esclusione sociale che comporta un ritiro completo dalla società per sei o più mesi. Attualmente è considerato come un fenomeno socioculturale di salute mentale, piuttosto che una distinta malattia mentale. Sebbene il fenomeno sia iniziato in Giappone, si sta rapidamente verificando in altri paesi di tutto il mondo. Il termine Hikikomori (derivato dal verbo hiki “ritirarsi” e komori “essere dentro”) è stato coniato dallo psichiatra giapponese Tamaki Saito ed è ora usato in tutto il mondo per descrivere chiunque soddisfi i criteri.

Il fenomeno è più comune nei giovani, in particolare nei giovani uomini, e la ricerca mostra che esperienze traumatiche come vergogna e/o sconfitta sociale sono comunemente riportate come fattori scatenanti in tutte le culture. Questi giovani adulti non sono in grado di lavorare, andare a scuola o uscire di casa per mesi o anni. Inoltre non creano né mantengono alcun rapporto personale al di fuori delle loro famiglie. Spesso hanno un senso di apatia che rasenta il nichilismo. Potrebbero essere disillusi dalla società in generale e avere una mancanza di motivazione ad interagire con qualcuno. Potrebbero anche avere difficoltà ad esprimere le proprie emozioni.

Gli hikikomori tendono a utilizzare Internet in modo profuso, preferiscono comunicare online e spesso trascorrono gran parte del loro tempo nel mondo digitale. L’emergere di smartphone, servizi di consegna di cibo e tutti i servizi che riducono l’interazione sociale hanno un effetto aggravante sulla questione. In sostanza oggi puoi vivere tutta la tua vita dal tuo letto e, indovinate un po’, questo è esattamente ciò che stanno facendo molti hikikomori.

Ora chiudete gli occhi per un minuto e ripensate agli ultimi dodici mesi della vostra vita… il fenomeno socioculturale di cui sopra suona familiare? Dovrebbe: siamo diventati tutti Hikikomori o siamo su tale pericolosa strada! Gli arresti domiciliari, obbligatori ed anticostituzionali, ci hanno imposto un tale stile di vita. Ci stiamo isolando nelle nostre case, ritirandoci dalle interazioni sociali, impossibilitati a lavorare, andare a scuola, radunarci, protestare, festeggiare, viaggiare, vivere l’arte, ridere insieme, piangere insieme, abbracciarci, fare sesso, incontrare persone nuove, condividere nuove idee… in una parola: vivere!

Inseriti in una realtà virtuale dettata dalla tecnologia, abbiamo “riunioni” su zoom, acquistiamo online, visitiamo musei virtuali, condividiamo idee su Facebook e rilasciamo le nostre frustrazioni sessuali su Pornhub. Nel frattempo la società intorno a noi si sta sgretolando in una catastrofe economica di proporzioni bibliche (e questo, in termini molto pratici, significa estrema povertà e morte) mentre un accaparramento delle risorse di stampo feudale da parte di multinazionali ed interessi finanziari ci sta rubando il futuro. E tutto questo per “combattere” un virus che, secondo l’OMS, ha un tasso di letalità (la possibilità di morire se prendi il virus) inferiore all’1%. E cioè un tasso di sopravvivenza del 99%, gente! Dobbiamo essere la generazione più isterica della storia umana.

ZÔÊ O BIOS

Gli antichi greci, persone molto più sagge di noi, non avevano un solo termine per esprimere ciò che comunemente chiamiamo vita. Usavano due parole: zôê, che esprimeva il semplice fatto di vivere, comune a tutti gli esseri viventi (animali, uomini o dei), e bios, che indicava la forma od il modo di vivere specifico di un individuo o di un gruppo. Una distinzione così elegante dovrebbe essere una fonte primordiale di conversazione in una società colta che affronta questioni di vita o morte. Tale distinzione ci costringe a porre la domanda più antica del mondo: cos’è la vita? O più precisamente cosa costituisce la vita umana? La vita umana non è altro che un cuore che batte ed un polmone che respira? Oppure la vita umana è definita dalla qualità e dalla quantità di esperienze che incontra?

Ovviamente è superfluo dire che non esiste bios senza zôê. Senza un cuore che batte ed un polmone che respira, nessuna esperienza può essere incontrata in questa realtà terrena. Ma questo è un dato di fatto superficiale e sempliciotto. La vera domanda interessante è: qual è lo scopo di un cuore che batte se tale cuore è privato di emozioni, ricordi ed esperienze che rendono il suo battito uno sforzo utile? L’atto di respirare è sufficiente per considerare l’esistenza umana un’esperienza degna di essere vissuta?

Uno dei mantra della quotidiana propaganda politica è che i lockdown, il distanziamento sociale, le maschere e tutte le altre misure assassine di libertà messe in atto da “esperti” non eletti, hanno lo scopo di salvare vite umane. In realtà, se questi sistemi hanno una qualche utilità (ed è un grande se) questa è di salvare la zôê, il semplice fatto di vivere. Ma così facendo uccidono la forma più importante di esistenza: il bios, la forma delle nostre vite. Cadiamo quindi in una strana contraddizione in cui politici e scienziati stanno uccidendo l’esperienza significativa e profonda dell’essere per salvare la nuda vita.

Un esempio pratico, anche se estremo, della distinzione tra zôê e bios è la condizione del coma irreversibile. In questi casi la nuda vita di un essere umano è mantenuta accesa tramite mezzi artificiali: il suo cuore batte, i suoi polmoni respirano e dal punto di vista medico il paziente è vivo. Ma che dire dell’esperienza umana? Senza entrare nell’intricata discussione sui sogni e sulla funzione cerebrale in uno stato comatoso, possiamo chiaramente valutare che gli esseri umani in tale stato non sono in grado di coltivare nuove esperienze né di nutrire emozioni. Il loro bios è de facto inesistente. Nella letteratura di fantascienza tale figura è rappresentata al meglio dallo zombi, una creatura che vive eppure non completamente umana. Nei nostri tentativi di combattere il virus ci stiamo “zombificando” e viviamo come se fossimo già morti.

Ovviamente la confutazione più comune a tale pensiero sarà: “ma questa è un’emergenza! Queste misure sono provvisorie! ”. Tale proposito è, a mio parere, imperfetto su molti livelli. Prima di tutto con un tasso di sopravvivenza del 99% possiamo davvero affermare che questa è un’emergenza? In secondo luogo, se questa è un’emergenza, quanto durerà? Molti scienziati sembrano credere che il virus sia destinato a restare e che la crisi attuale continuerà negli anni a venire. Per quanto tempo dovremmo sopravvivere piuttosto che vivere in nome dell’1% di possibilità di morire? In terzo luogo, siamo sicuri che queste misure siano provvisorie? Siamo sicuri che ciò che stiamo vivendo non sia il distanziamento sociale come modello politico? Un modello gestito da una matrice digitale che sostituisce l’interazione umana, che, per definizione, sarà d’ora in poi considerata fondamentalmente sospetta e politicamente “contagiosa”?

Abbiamo già sperimentato un tale cambiamento di paradigma dopo l’11 settembre. All’epoca la propaganda politica aveva un approccio molto simile nel convincerci che eravamo tutti in imminente pericolo e che per salvare le nostre vite dovevamo sacrificare sempre di più le nostre libertà. Tali argomenti sono stati sempre sottolineati dalla garanzia che tali misure sarebbero state provvisorie. Ovviamente vent’anni dopo i fatti le misure di sicurezza messe in atto sono ancora in piedi (si pensi alla sicurezza degli aeroporti, ai passaporti biometrici, allo spionaggio digitale dei cittadini da parte dei governi, alla raccolta di dati… solo per citare gli esempi più ovvi) La minaccia del terrorismo ha reso ciascuno di noi un potenziale terrorista e quindi una potenziale minaccia che deve essere sorvegliata. Con il virus, un terrorista invisibile che circola nell’aria, siamo diventati tutti potenziali vettori ed untori. Colpisce nel segno il filosofo italiano Giorgio Agamben quando afferma che “non è che i cittadini di tutto l’Occidente abbiano diritto alla sicurezza sanitaria, ora sono legalmente obbligati ad essere sani. Questa, in poche parole, è l’essenza della biosicurezza“. È intrinsecamente legato alla logica di questo pensiero che la pandemia avrà conseguenze che trasformeranno l’intera società in un’area monitorata, in una quarantena permanente, dove tutti saranno trattati come potenziali portatori del virus.

Il terzo articolo della Costituzione italiana (che ha ispirato la Dichiarazione Universale dei diritti dell’uomo delle Nazioni Unite) afferma: “E` compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese.” Il pieno sviluppo della persona umana è precisamente ciò che è in gioco nella nostra situazione attuale. Come possiamo aspirare alla piena espressione degli “angeli migliori della nostra natura” (per citare Abraham Lincoln) se uscire dalle nostre case è diventato un crimine? Come possiamo esercitare l’empatia e l’amore, il nostro senso morale e la nostra ragione? Come possiamo placare la nostra sete di conoscenza, crescita emotiva e relazioni umane? Come possiamo ancora chiamarci esseri umani se ciò che ci rende tali (l’essere) è incatenato alle catene della mera sopravvivenza? 

Facendo eco a questi principi, mentre sedeva in una prigione a Birmingham, Alabama nel 1963, il reverendo Martin Luther King Jr. descrisse in modo eloquente la nostra situazione quando scrisse: “Una legge giusta è un codice creato dall’uomo che coincide con la legge morale o la legge di Dio. Una legge ingiusta è un codice che non è in armonia con la legge morale. Qualsiasi legge che eleva la personalità umana è giusta. Qualsiasi legge che degrada la personalità umana è ingiusta… Uno ha non solo la responsabilità legale ma anche morale di obbedire alla giusta legge. Al contrario, si ha la responsabilità morale di disobbedire a leggi ingiuste”.

CROCEVIA

Stiamo vivendo tempi molto pericolosi, signore e signori, ed il vero pericolo non mi sembra il virus in sé, ma la nostra risposta sociale, politica e culturale ad esso. Sembriamo irremovibili nel voler aderire all’idea che la nostra nuda vita, rimossa dalla sua forma, sia il bene supremo a cui devono inchinarsi tutti gli altri beni. Questa è un’idea molto pericolosa ed un pensiero da schiavo.

I nostri nonni, quando la morte li guardava negli occhi, avevano una comprensione diversa. Quando la macchina da guerra tedesca ha investito l’Europa distruggendo, uccidendo e bruciando tutto ciò che gli era caro, hanno preso la coraggiosa scelta di reagire. Senza troppe esitazioni decisero che la loro libertà, il fuoco sacro che arde dentro gli esseri umani giusti, era più importante di ogni altra cosa, compresa la loro vita. Hanno capito che senza libertà, totale, non negoziabile, autodeterminante, tutte le espressioni dell’esistenza umana sono prive di qualsiasi significato profondo. E così hanno combattuto e sono morti a milioni per conquistare quella libertà che, noi oggi, stiamo compromettendo con noncuranza. Se, come noi stiamo facendo, avessero messo la loro nuda vita piuttosto che la libertà come bene supremo, oggi parleremmo tutti tedesco e la visione di Hitler sarebbe una realtà.

Ma noi? Cosa diremo ai nostri nipoti quando ci chiederanno di questi tempi? Diremo loro, con orgoglio, che per paura di infettarci con un virus con un tasso di letalità inferiore all’1% abbiamo sacrificato tutti gli altri valori? Che abbiamo buttato via tutte le libertà e le conquiste per le quali i nostri nonni hanno dato la vita? Ci gonfieremo d’orgoglio nel dire loro che, per paura, abbiamo cancellato i pilastri della nostra civiltà? 

Comprensibili ragioni di sicurezza sanitaria ci stanno imponendo l’accettazione di una limitazione indeterminata delle libertà personali, senza dibattito e senza che questo venga messo in discussione. In tal modo corriamo un serio rischio di dipendenza dalla schiavitù, con la combinazione di un sistema di informazione unidirezionale quasi totalitario. È chiaro che in una situazione del genere i popoli o si adattano o vanno verso gli estremi (espressione di rabbia dovuta anche alla percezione della violenza subita).

Tale percezione d’ingiustizia è in crescita esponenziale perché è sempre più evidente che il virus non si combatte rinchiudendo i cittadini, ma rafforzando la salute pubblica (distrutta dalle nefaste politiche del liberalismo). Non si combatte nascondendosi nelle nostre case, ma proteggendo l’1% tra noi che è più fragile. Non si combatte creando milioni di nuovi poveri ma potenziando le tempestive cure mediche sul territorio. Non si combatte mettendo in carica scienziati ed esperti crivellati da conflitti di interessi ma attuando linee guida chiare seguendo la conoscenza dei medici che hanno curato con successo migliaia di pazienti (e tali dottori sono tanti). Non si combatte con minore democrazia ma con più democrazia. Non si combatte con la censura ma con la discussione. Ma soprattutto non si combatte rinunciando a vivere in nome della sopravvivenza, bensì scatenando la parte migliore che risiede in tutti noi… lasciando spiccare il volo agli angeli migliori della nostra natura.

È ogni giorno più chiaro che siamo davanti ad un bivio e l’unica domanda che tutti dovrebbero porsi è da che parte della storia vogliono stare! Chi di voi ha paura del virus può chiudersi a chiave in casa, indossare due mascherine e fare la doccia con gel disinfettante. Vi capiamo e, se potremo, vi aiuteremo! Ma non pretendete egoisticamente lo stesso per tutti. Se passare anni della vostra vita sdraiati su un divano a guardare stupidi programmi TV su Netflix con Deliveroo che vi porta cibo semi fresco alla vostra porta vi sembra una vita degna di essere vissuta, fate pure! Ma non chiedete con arroganza a tutti di fare lo stesso. Se pensate che la libertà sia sopravvalutata ed un’accettabile moneta di scambio per la sicurezza sanitaria, sentitevi liberi di incatenarvi a qualunque padrone vi voglia! Basta non esortare istericamente che tutti siano ridotti in schiavitù! Se desiderate vivere in un mondo virtuale di realtà digitali, attaccate la spina! Ma non aspettatevi infantilmente che noi si smetta di passeggiare attraverso i mistici boschi delle nostre vite. Alcuni di noi non vogliono rinunciare a vivere per paura di morire. 

GLOBALIZZAZIONE ED IDENTITÀ

Dal Film “Il Nuovo Mondo” di Terrence Malick

Il capitalismo globalista neoliberale é animato da due tendenze diametralmente opposte nella prassi eppure assolutamente convergenti nello scopo. Queste propensioni sono di tipo sia politico che economico. La prima é una tendenza separativa mentre la seconda é una propensione all’omologazione. La tendenza separativa del capitalismo neoliberista é una manovra politica il cui scopo é il tentativo di praticare il famoso adagio romano “divide et impera” mentre la propensione all’omologazione culturale delle masse é una condizione sine qua non di unificazione del mercato, dei consumatori e dei prodotti. Queste due aspirazioni, malgrado la loro apparente divergenza, altro non sono che le due principali metodologie rivolte al mantenimento, rafforzamento e sviluppo del sistema. 

TENDENZA SEPARATIVA

Il sistema economico/politico capitalista, come Marx ha spiegato molto meglio di me, è naturalmente, strutturalmente, divisivo. Esso infatti tende a creare, rinforzare e favorire la divisione societaria in classi di “vincitori e perdenti”, sfruttati e sfruttatori. La deriva globalista e neoliberale del capitalismo odierno ha, non solo evidenziato questa tendenza innata del sistema, ma l’ha accentuata. Ai giorni nostri la spropositata differenza tra ricchi e poveri è cresciuta a dismisura e tende ad accelerare. A titolo di esempio, riporto il seguente dato: durante l’anno 2018 un lavoratore medio di Amazon ha guadagnato 30.000 dollari; più o meno lo stesso ammontare che Jeff Bezos, CEO della compagnia, guadagnava ogni 10 secondi

Sebbene il capitalismo globalista neoliberale abbia come unico scopo il maggior profitto per il minor numero di persone possibile, questa discrepanza tra il potere economico dei “padroni del vapore” e la stragrande maggioranza del popolo è diventata un grave problema. Ovviamente è un problema per il popolo lavoratore, che vede il frutto del suo lavoro travasato e concentrato nelle mani di un’élite transnazionale, ma è diventata un problema anche per l’élite stessa che, responsabile dell’ingiustizia sociale (o furto legalizzato) in atto, corre il rischio di farsi travolgere da un sempre più supponibile “risveglio delle coscienze”. 

Una delle strategie adottate dai “padroni del mondo” per rispondere a questo problema, e sovvertire ed incanalare la crescente rabbia del popolo, è quella, come menzionato prima, dell’utilizzo del vecchio stratagemma romano del “dividi e comanda”. Il pericolo più grande per lo status quo, infatti, è un condensamento partitico del popolo. Una massiccia organizzazione di intenti ed un coordinamento politico di essi segnerebbe la fine dell’attuale sistema nel giro di poco tempo. È quindi di fondamentale importanza, dal punto di vista delle elite, di assicurare che ciò non avvenga. Ogni forma di accomunamento di obiettivi, di aggregazione comunitaria e di compattezza legislativa deve essere (e di fatto lo è) bloccata, ostracizzata e scoraggiata

Il sistema capitalistico, infatti, ha come primo nemico il patto sociale inteso come difesa degli interessi dei molti e come tentativo coesivo della confraternita umana. L’apparato economico e politico dominante desidera quindi individui svuotati di ogni appartenenza collettiva e perciò individui politicamente solitari ed incapaci di rifiutare tutto quello che il capitale vorrà imporgli. 

Questa tendenza politicamente separativa risulta evidente in molti aspetti della vita sociale e lavorativa attuale. Dal depotenziamento sistematico dei sindacati, al depauperamento del lavoro comunitario in favore, per esempio, del telelavoro o della gig economy, che sfrutta il lavoratore nella sua condizione di atomo separato dalla comunità lavorativa (e per di più privo di qualsiasi forma di diritto), sono molti gli esempi che si potrebbero fare di tale corrente. Ma nessun esempio è più evidente ed oppressivo del perpetuo sforzo separativo identitario (individuale ed individualista). 

Tale sforzo – culturale, mediatico e propagandistico – si pone come obbiettivo di separare la massa, il popolo, che se unito rappresenterebbe un potenziale rivoluzionario, in piccoli nuclei rinchiusi su se stessi, non comunicanti, antagonisti e quindi in constante lotta tra loro. Questa viene spesso giustamente definita come “lotta tra poveri”

Il popolo viene quindi incitato dal potere, principalmente tramite la propaganda, a formare fazioni in contrasto tra loro. Queste fazioni, o dicotomie non dialoganti, vengono continuamente ed in alternanza fomentate dalla classe dirigente tramite la leva dell’identità individuale, particolare ed esclusiva. Vediamo quindi salire sul ring del conflitto sociale bianchi contro neri, nativi contro migranti, uomini contro donne, Cristiani contro Mussulmani, eterosessuali contro omosessuali, sì-vax contro no-vax e via discorrendo. Questi conflitti, seppure spontaneamente esistenti, vengono amplificati di continuo sia dalla grancassa mediatica sia dal sistema stesso che, producendo masse di diseredati costretti a competere tra loro, crea i presupposti del conflitto. Lo scopo di tale operazione è quello di spingere il popolo diviso a combattere contro se stesso in maniera orizzontale ed a distrarlo dalla vera fonte del suo malcontento (il sistema capitalistico elitario) che richiederebbe invece una lotta verticale contro i guardiani della condizione sociale stabilita. 

In altre parole l’attitudine separativa del sistema capitalistico altro non è che un’arma di distrazione di massa sguainata in difesa della conservazione acritica e statica del sistema stesso. Il cittadino viene portato a credere che la colpa della sua condizione sia, per esempio, del migrante e che se dovesse sparire esso questo cambierebbe la sua situazione sociale ed economica. Al contempo si spinge il migrante a credere che non è ben voluto dalla popolazione nativa a causa del colore della sua pelle e non perché, probabilmente senza saperlo, è arrivato in un paese il cui tessuto sociale ed economico è allo stremo e la sua presenza è quindi vista come di troppo. Queste narrative contrapposte e specificamente mirate, permettono al sistema ed ai suoi difensori di trasformare due potenziali alleati in acerrimi nemici. 

Questo è un vecchio trucco ma è molto efficiente.  Un po come dei mestieranti borsaioli, i difensori del potere costituito distraggono il cittadino attirando la sua attenzione con la mano sinistra e rubandogli il portafogli con la destra. 

TENDENZA OMOLOGANTE

La seconda propensione del capitalismo globalista è diametralmente opposta a quella appena descritta. Il sistema economico globalista, infatti, si forma su quella che il filosofo Diego Fusaro chiama “l’inclusione neutralizzante” e cioè una necessaria, dal punto di vista del sistema, neutralizzazione delle specificità culturali regionali. Ciò ha una funzione prettamente economica. 

L’incarico economico di tale tendenza è quello di standardizzare il modello di produzione ed il modo di consumo delle merci. Per sintetizzare tale compito possiamo citare la famosa esclamazione di Henry Ford che, parlando della scelta che i suoi clienti avevano sul colore delle sue automobili, disse: “Possono scegliere il colore che vogliono. Purché sia nera!”. Ecco, il capitalismo globale, similmente, esclama: “Potete scegliere il prodotto che preferite. A patto che sia il nostro!

Lo scopo del capitalismo globalizzato è quello di vendere il maggior numero di prodotti al maggior numero di consumatori possibili. Per conseguire nel suo intento il sistema necessita di consumatori neutri, indistinti, narcisisti ed anzitutto omologati. Ciò permette al mercante di espandere esponenzialmente il mercato e quindi il numero di consumatori raggiungibili dallo stesso prodotto. In altre parole, per raggiungere il massimo ricavo possibile, il sistema capitalista globalizzato desidera che tutto sia medesimo. Medesimo deve essere il prodotto cosi come medesimo deve essere il consumatore. 

La tendenza omologante del mercato è particolarmente visibile nel campo vestiario. Le nuove frontiere della moda si spingono sempre di più verso una proposta assottigliata di differenze. Basti pensare ai capi unisex o al prêt-à-porter omogeneo sia che sia venduto in Italia sia che sia venduto in Cina. L’esempio forse più lampante di tale omologazione lo troviamo nelle famose pubblicità “United Colors” del marchio Benetton dove bambini di tutte le razze, e quindi rappresentanti di diverse culture, posano insieme vestiti tutti nello stesso modo. Insomma “United Colors” sì, ma sotto il segno del verde dollaro. 

Il più grande ostacolo a questo relativismo consumistico rimane quindi l’identità regionale e culturale sotto l’auge della specifica tradizione popolare. Tale tradizione, derivante dalla particolare storia di un dato popolo, riflette la sua peculiarità e quindi, di conseguenza, la sua identità. Tale tipicità regionale é ciò che il capitalismo globale rifiuta e tenta di distruggere e livellare con ogni mezzo, sia esso propagandistico, culturale, politico o economico. Non deve quindi stupire che le due visioni politiche prevalenti si biforchino tra sovranismo e globalismo e che quelle economiche tra produzione e consumo globalizzato e produzione e consumo a chilometro zero

Insomma la “open society” capitalista e globalista altro non vuole che una società svuotata dei suoi valori culturali specifici, una società che quindi, priva di tradizione, sia plasmabile a piacimento dal mercato e nella quale poter inserire prodotti fabbricati in massa e consumati dalla moltitudine. Tale sistema economico brama a neutralizzare ogni aspirazione comunitaria che non sia quella dello scambio commerciale, e cioè il mercato. Lo Stato, organo fondamentale per l’espressione democratica della polis, viene quindi estorto della sua funzione congenita ed obbligato a governare PER il mercato invece di governare IL mercato

Va brevemente ricordato che tutte le dittature tendono all’omologazione perché ciò distrugge l’individualità e di conseguenza depotenzia l’attitudine e l’abitudine al dissenso. L’esempio concreto è l’uniforme imposta dal dittatore; la quale da una parte accomuna chi l’indossa e dall’altra uccide ogni forma di originalità. La peculiarità della dittatura finanziaria odierna è che contemporaneamente promuove l’uniformità dei gusti ed incoraggia una finta scelta (il “Purché sia nera!” fordiano che aggiornato diventa “Purché siano jeans!”). Per riassumere si potrebbe dire che senza radici culturali il cittadino perde la sua identità regionale specifica, senza identità egli perde il senso di appartenenza ad una comunità e senza consapevolezza comunitaria perde la sua capacità di resistere. Il che è esattamente ciò che il sistema vuole. 

Seguendo questo pensiero una domanda sorge spontanea: se lo scopo del sistema è quello di omologare le eterogenee culture, a quale cultura dominante devono esse adeguarsi? Quale é l’archetipo originale da clonare? La risposta è ovvia e scontata. Il modello culturale cannibale ed oppressore è quello dell’ “American way of life”. Un modello Nord americano basato sul consumo sfrenato e di bassa qualità, sull’individualismo estremo, sulla competizione selvaggia e promotore di una cultura infantile ed infantilizzante. Insomma il modello “fast-food and quick money” (cibo veloce e soldi rapidi). 

IDENTITA E FRONTIERE

La più grande fallacia del pensiero moderno consiste nel confondere il giusto e necessario anelito di eguaglianza con l’erronea e distruttiva pretesa d’identicità. Mentre l’eguaglianza è una sacrosanta rivendicazione politica edificata sulla giustizia, sia sociale che economica, l’identicità é un tentativo prepotente e tirannico di livellamento del diverso. Tale livellamento presume, come abbiamo visto in precedenza, un’accostamento collettivo ad un modello base (nel nostro caso quello Nord Americano) dal quale clonare le molteplice manifestazioni dell’essere. Come un virus, l’identicità si impadronisce dell’altro per renderlo medesimo, distruggendo cosi l’identità individuale e collettiva dei popoli. 

L’identità, infatti, può esistere solo nella differenza. L’uno è uno perché non è l’altro. Io sono io perché non sono te. È precisamente nella mediazione delle differenze che l’individuo comprende, nutre ed arricchisce la propria specificità. Il dialogo, aperto e rispettoso, quindi, diventa un mezzo necessario per far si che due realtà distinte possano comunicare. Senza differenza il dialogo diventa un monologo ripetitivo ed avvilente, assassino della fantasia, dell’educazione e della relazione. Al contrario il vero dialogo costringe le parti al tentativo di comprensione dell’altro senza perciò abbandonare la propria prospettiva. Cosi facendo il vero dialogo arricchisce ed abbellisce la propria identità e quella dell’altro tramite il confronto.

Tale peculiarità dell’esperienza umana è maggiormente percepibile nell’atto di viaggiare. Durante il viaggio il cittadino entra in contatto con una realtà sociale e culturale diversa dalla sua. Da essa, in primo luogo, osserva ed impara visioni, riti e approcci diversi all’avventura umana ed in secondo luogo li confronta con i propri. L’esplorazione del diverso accresce la sua saggezza ed il confronto con essa accresce la propria consapevolezza identitaria. Chiunque viaggi, una volta ritornato a casa, porta con se non solo nuove conoscenze ed il profumo di mondi lontani, ma anche una nuova sensibilità nell’osservare i propri giardini. 

È un’evidenza troppo spesso dimenticata che ogni cultura, per quanto diversa, altro non è che una manifestazione della razza umana. L’umanità, in sé unitaria, si distingue nella sua pluralità, complessità e varietà. L’identità culturale regionale, infatti, altro non è che un’identità narrativa derivante da specifiche storie, tradizioni e memorie.

Cosi come tra due esseri umani, a livello micro, l’io identitario nasce dalla distinzione dall’altro, a livello macro la cultura nazionale si distingue geograficamente attraverso il confine. Il confine nazionale, la frontiera, altro non è che delineamento dei limiti di una realtà al di là dei quali esiste l’altro. Tale limite definisce l’identità storica, culturale e tradizionale di un popolo ma anche, e forse sopratutto, ne determina la sovranità, e cioè la possibilità di governare il proprio destino

In tempi di guerra antichi l’aggressore vittorioso, come prima mossa, abbatteva le mura della città conquistata. L’abbattimento delle mura era una conquista per l’aggressore ma una perdita per l’aggredito. Durante la guerra del Peloponneso quando Sparta conquista Atene sul campo di battaglia ordina, secondo i patti di resa stipulati, di abbattere le sue mura. Ciò non avviene per unire Sparta ed Atene in fratellanza bensì per lasciare Atene nuda, per così dire, indifesa, vulnerabile al comando di Sparta. Non dovrebbe quindi stupire che Atene non avrebbe mai più recuperato la sua antica prosperità e che il crollo delle sue mura sigli la fine del secolo d’oro della civiltà ellenica. L’abbattimento del confine è sempre un’atto di colonizzazione da parte dell’esercito o del pensiero o del sistema economico dominante il quale, come abbiamo visto ripetutamente, desidera imporre la propria supervisione e di conseguenza dominare l’altro. Se ne deduce che il famoso discorso di Pericle agli Ateniesi “Qui ad Atene noi facciamo così”, nel quale il famoso politico descrive le caratteristiche della democrazia ateniese, una volta cadute le mura della città, non sussiste. Senza le mura che delineano Atene non esiste più un “qui” ne un “noi”. E senza di essi è impossibile definire il “facciamo cosi” distinto da un’altro fare. 

Per tornare ai nostri tempi, è chiaro che i principi di nazione, sovranità, tradizione ed identità culturale sono sotto attacco da un sistema economico antropofago che intende distruggere il diverso per imporre il suo medesimo. In questo contesto pare ovvio che l’attuale demonizzazione delle frontiere nazionali non è altro che un trucco del capitalismo il quale desidera colonizzare le menti ed i corpi del mondo in nome del profitto. Le campagne politiche e mediatiche concepite per esecrare il principio stesso di nazione come principio intrinsecamente razzista, guerrafondaio e isolazionista servono al capitale transnazionale per distruggere ed abolire tutti i sistemi di difesa giuridici, politici ed economici a disposizione dei vari popoli. La società “no border” globalista e capitalista desidera veder trionfare il medesimo su scala globale: una lingua, un pensiero, una legge, un solo modo di produrre e consumare… insomma un’unico modo di vivere dettato e controllato da un’élite sempre più ristretta. 

Possiamo quindi concludere che esistono due tipi di universalismo: il primo percepisce come unico modo di unione il livellamento e l’indistinzióne delle parti il secondo, al contrario, celebra e difende le differenze come unico atteggiamento sano e fraterno di stare al mondo. 

NEOCOLONIALISMO

In un’episodio del capolavoro di Fëdor Dostoevskij “I fratelli Karamazov” una nobildonna tanto pia quanto ricca rende visita allo starec (mistico cristiano) Zosima nel suo monastero. Mossa da una profonda crisi di coscienza gli confessa che: “Io amo l’umanità, ma con mia grande sorpresa, quanto più amo l’umanità in generale, tanto meno mi ispirano le persone in particolare.” L’episodio descritto dal maestro russo descrive perfettamente il dilemma nel quale le società odierne si trovano.

Spinti da un’onesto desiderio di convivenza pacifica e fraterna, i popoli, guidati dalla propaganda globalista, credono che le frontiere siano il problema dimenticando che la vera uguaglianza e la vera fratellanza non è l’eliminazione delle differenze bensì è sviluppo di esse nel rispetto della loro identità specifica e dunque della loro alterità. La vera uguaglianza, insomma, è l’antitesi dell’omologazione. O come esclama uno dei personaggi dell’Idiota, sempre di Dostoevskij: “Nell’amore astratto per l’umanità quasi sempre si finisce per amare solo se stessi.”

Ed è per questo strano gioco dell’animo umano che la “no border open society” altro non è che la forma più becera di nazionalismo. Il vero nazionalismo, infatti, è la riduzione delle differenze culturali ad uno; il desiderio, appunto, d’imporre una visione (la “American way of life”) su tutte le altre e di omologare tutte le espressioni umane. Questo si chiama colonialismo.

Vi lascio con degli estratti del “Discorso agli ateniesi” di Pericle, pronunciato ormai 2500 anni fa. 

La nostra forma di governo non entra in rivalità con le istituzioni degli altri. Il nostro governo non copia quello dei nostri vicini, ma è un esempio per loro. Qui il nostro governo favorisce i molti invece dei pochi: e per questo viene chiamato democrazia.

Qui ad Atene noi facciamo così.

Le leggi qui assicurano una giustizia eguale per tutti nelle loro dispute private, ma noi non ignoriamo mai i meriti dell’eccellenza. Quando un cittadino si distingue, allora esso sarà, a preferenza di altri chiamato a servire lo Stato, ma non come un atto di privilegio, come una ricompensa al merito, e la povertà non costituisce un impedimento.

Qui ad Atene noi facciamo così.

La libertà di cui godiamo si estende anche alla vita quotidiana; noi non siamo sospettosi l’uno dell’altro e non infastidiamo mai il nostro prossimo se al nostro prossimo piace vivere a modo suo. Noi siamo liberi, liberi di vivere proprio come ci piace e tuttavia siamo sempre pronti a fronteggiare qualsiasi pericolo. Un cittadino ateniese non trascura i pubblici affari quando attende alle proprie faccende private, ma soprattutto non si occupa dei pubblici affari per risolvere le sue questioni private.

Qui ad Atene noi facciamo così.

Ci è stato insegnato di rispettare i magistrati, e ci è stato insegnato anche di rispettare le leggi e di non dimenticare mai che dobbiamo proteggere coloro che ricevono offesa. E ci è stato anche insegnato di rispettare quelle leggi non scritte che risiedono nell’universale sentimento di ciò che è giusto e di ciò che è buon senso.

Qui ad Atene noi facciamo così.

Un uomo che non si interessa allo Stato noi non lo consideriamo innocuo, ma inutile; e benché in pochi siano in grado di dare vita ad una politica, beh tutti qui ad Atene siamo in grado di giudicarla. Noi non consideriamo la discussione come un ostacolo sulla via della democrazia.

Noi crediamo che la felicità sia il frutto della libertà, ma la libertà sia solo il frutto del valore.
Insomma, io proclamo che Atene è la scuola dell’Ellade e che ogni ateniese cresce sviluppando in sé una felice versatilità, la fiducia in se stesso, la prontezza a fronteggiare qualsiasi situazione ed è per questo che la nostra città è aperta al mondo e noi non cacciamo mai uno straniero.

Qui ad Atene noi facciamo così

ALEXEY NAVALNY: EROE O BURATTINO?

Dal Film “Biancaneve e i sette nani” di William Cottrell

Nota al lettore: questo articolo non vuole assolutamente sostenere che Vladimir Putin sia un Santo Patrono della democrazia, che non ci sia nessun tipo di corruzione all’interno dei suo governo o che l’omicidio (o il tentato omicidio) politico sia inconcepibile (ma chi é senza peccato scagli la prima pietra). L’intento è semplicemente di dare uno sguardo più attento al personaggio di Alexey Navalny.

Chi è Alexey Navalny? Sul suo profilo Wikipedia apprendiamo che è nato nel 1976 a Obninsk a circa 100 chilometri a sud-ovest di Mosca ed è di discendenza ucraina. Viene descritto, sempre da Wikipedia, come “un leader dell’opposizione russa, politico, avvocato e attivista anti-corruzione.” Navalny è arrivato alla ribalta internazionale organizzando manifestazioni contro la corruzione del presidente Vladimir Putin e del suo governo. 

Come possiamo leggere sul suo profilo ufficiale è stato formato all’università statunitense di Yale quale membro del “Greenberg World Fellows Program”, un programma creato nel 2002 per il quale vengono selezionati ogni anno su scala mondiale appena 16 persone con caratteristiche tali da farne dei “leader globali”. Essi fanno parte di una rete di “leader impegnati globalmente per rendere il mondo un posto migliore”, composta attualmente da 291 membri di 87 paesi, l’uno in contatto con l’altro e tutti collegati al centro statunitense di Yale.

Nel 2000 Navalny si è unito al Partito Democratico Unificato russo Yabloko, un piccolo partito all’interno del panorama politico russo (Per intendersi alle ultime presidenziali Yabloko ha ottenuto l’1.05% delle preferenze). Nell’aprile 2004, Navalny diventa capo dello staff della filiale di Mosca ma nel 2007 ma viene espulso per le sue opinioni nazionaliste

Nel 2005 co-fonda il movimento «Alternativa democratica», uno dei beneficiari della National Endowment for Democracy (Ned), potente «fondazione privata non-profit» statunitense che con fondi forniti anche dal Congresso finanzia, apertamente o sottobanco, migliaia di organizzazioni non-governative in oltre 90 paesi per «far avanzare la democrazia». È un segreto di Pulcinella che la Ned è una delle succursali della CIA per le operazioni sotto copertura, la quale è stata, ed è tuttora, particolarmente attiva in Ucraina. Nel paese dei suoi avi Navalny ha sostenuto la Rivoluzione di Maidan che, a sua detta: “ha abbattuto un governo corrotto che impediva la democrazia». Poco importa che, con il putsch di Piazza Maidan, sia stato insediato a Kiev un governo ancora più corrotto, il cui carattere democratico è rappresentato dai neonazisti che vi occupano posizioni chiave (ed il mio non é un’eufemismo, sono letteralmente dei neonazisti che promuovono apertamente idee come “la supremazia della razza bianca” ed “il potere bianco”).

Un’altro aspetto interessante che vi invito a considerare è il fatto che la moglie di Navalny è la figlia di un potente ex operatore del KGB e banchiere responsabile di proprietà russe a Londra, Boris Abrosimov. Abrosimov è un collega del più noto ex colonnello del KGB e oligarca russo Alexander Lebedev, proprietario ed editore di alcuni giornali britannici, il cui figlio è recentemente diventato Pari d’Inghilterra (un titolo nobiliare). Tutto questo sembrerebbe indicare che Navalny è profondamente legato ai luoghi oscuri in cui i servizi segreti russi e occidentali, ed i loro banchieri, forgiano legami confidenziali.

Comunque sia nel 2007 Navalny crea un secondo movimento politico chiamato “Il Popolo” il quale presenta un programma palesemente xenofobo, nazionalista, identitario ed anti immigrazione. Nello stesso periodo registra video blog in cui paragona le persone del Caucaso del Sud a carie dentali ed i migranti a scarafaggi che andrebbero schiacciati. In uno di questi video Navalny interpreta la parte di un conduttore di televendite, spiegando i vari rimedi disponibili per scacciare insetti e scarafaggi. Sul finire del video però questi animali si trasformano all’improvviso in estremisti religiosi di chiara fede islamica, che Navalny consiglia di scacciare con l’uso di una pistola.

Ecco il link del video: https://youtu.be/oVNJiO10SWw  

Nel 2013 si candida come sindaco di Mosca, arrivando secondo dopo l’incombente Sergey Sobyanin. Raccoglie il 21.9% dei voti contro il 60.1% del suo avversario

Nel 2018 decide di entrare nella corsa presidenziale. Tuttavia non gli è stato permesso di candidarsi a causa di due condanne condizionali per frode (anche se dobbiamo considerare che stava tra l’1% ed il 4% nei sondaggi di opinione prima che fosse dichiarato inammissibile per l’elezione).

Le posizione ed idee politiche di Navalny, come abbiamo visto, sono di estrema destra, anti immigrazione ed anti omosessuali. Le sue opinioni economiche, invece, favoriscono la privatizzazione ed il libero mercato, ed è sostenuto da molti capitalisti post-sovietici, dall’oligarca Mikhail Khodorkovsky all’ex capo della Banca centrale russa, Sergei Aleksashenko. 

È importante sottolineare che la sua popolarità è alta solo nelle grandi città e la situazione nelle regioni è drasticamente diversa. Mentre per alcune persone rimane semplicemente un personaggio ignoto, e molti rimangono neutrali, le persone in generale sono più diffidenti nei suoi confronti di quanto non siano diffidenti nei confronti del governo russo o di Putin personalmente. La sua popolarità è cresciuta un po ‘sulla scia del presunto avvelenamento (di cui scriverò a breve) ma rimane una figura di poco rilievo politico. Nell’ultimo sondaggio sul numero di persone che si fidano di figure politiche significative nel panorama politico russo, fatto nell’agosto 2020, Navalny si é piazzato al terzo posto con il 2% (dopo il 40% di Vladimir Putin e il 4% di Vladimir Zhirinovsky).  Infatti, dando un’occhiata ai risultati elettorali ed a tutti i sondaggi disponibili é chiaro che l’opposizione più significativa al presidente Vladimir Putin non è Navalny. Il vero partito di opposizione é il CPRF (Il Partito Comunista della Federazione Russa) il quale detiene una consistente presenza alla Duma. 

Eppure il Wall Street Journal descrive Navalny come “l’uomo che Vladimir Putin teme di più”

EROICA ICONA DELL’OCCIDENTE

È interessante notare che il giornale “La Stampa”, nel 2012, parlava di Navalny come “blogger xenofobo” definendo “galassia destrorsa” e “ultranazionalista” l’area politica entro cui militava e milita tutt’ora. Eppure otto anni dopo lo stesso giornale descrive Navalny come “il Nelson Mandela russo” (addirittura!!). Cos’è cambiato in questi otto anni? Ebbene Navalny é stato avvelenato da Putin in un malefico tentativo di far fuori il suo “più pericoloso rivale”. Almeno questa é la storia ufficiale come viene raccontata dalla CNN, la BBC, e tutti quei valorosi fari della verità comunemente conosciuti come informazione di massa. Ovviamente i fari della verità dimenticano di precisare che il “più pericoloso rivale” di Putin é un’uomo che non ha mai ricoperto alcuna carica, il suo partito politico non ha un solo parlamentare alla Duma, e detiene circa il 2% di sostegno del popolo russo. Ma tralasciamo questi piccoli dettagli e veniamo ai fatti. 

Il 20 Agosto del 2020 Navalny si ammala gravemente mentre è a metà volo da Tomsk, in Siberia, e Mosca. L’aereo viene bruscamente dirottato per effettuare un atterraggio di emergenza nella città siberiana di Omsk, dove Navalny è immediatamente ricoverato in ospedale per sospetto avvelenamento e posto in coma farmacologico. 

Due giorni dopo, Navalny viene trasportato in aereo in Germania in un’evacuazione organizzata da una ONG per i “diritti umani” con sede a Berlino. Il suo trasporto, su un “aereo/ambulanza” con a bordo specialisti tedeschi, viene autorizzato dalle autorità russe.

Mentre i medici russi a Omsk (che hanno probabilmente salvato la vita di Navalny) sostengono di non aver trovato alcuna prova di sostanze di armi chimiche nel suo sistema, il governo tedesco dopo un rapido esame annuncia che il loro laboratorio militare ha scoperto “prove inequivocabili” che Navalny è stato avvelenato da un’agente nervino risalente nell’era della guerra fredda, il Novichok. Il governo tedesco chiede spiegazioni al Cremlino senza però fornire nessuna di queste prove ne a Mosca ne al pubblico

Nonostante fosse la presunta vittima di un agente nervino militare estremamente letale, considerato peggio del sarin o del gas VX, tre settimane dopo Navalny esce dal coma giurando, con aria di sfida, un ritorno in Russia. 

Per pura coincidenza tutto questo succede proprio mentre il Nord Stream 2, la seconda linea dell’enorme gasdotto in costruzione dalla Russia alla Germania a cui si oppongono gli Stati Uniti e diversi alleati della NATO, è quasi completata. Improvvisamente, lo scontro diplomatico tra Germania e Russia ferma il controverso progetto. La cancelliera Angela Merkel ed il governo tedesco, sotto pressione da Washington, considerano se ritirarsi dal progetto che aumenterebbe l’influenza russa sulle infrastrutture energetiche europee e competerebbe con le esportazioni più costose degli Stati Uniti. Ma non pensateci troppo, sono solo teorie cospirazioniste

Comunque sia, tre giorni prima dell’inaugurazione di Joe Biden come nuovo presidente americano (altra coincidenza?), Navalny torna in Russia dove viene prontamente arrestato per aver violato i termini della sua cauzione. Sapeva benissimo che ciò sarebbe accaduto e che ciò avrebbe scatenato le isterie dei media occidentali (cosa che é puntualmente successa). Isterie dovute alla sua condanna a 30 giorni di carcere. Sì, avete letto bene: trenta GIORNI, non anni. Uscirà prima della primavera ed anche se fosse condannato per le numerose accuse di appropriazione indebita e frode, rischia più o meno tre anni di carcere (tanto per avere un paragone Nelson Mandela, quello vero, fu imprigionato per 27 anni). 

All’interno della Russia, le reazioni alle accuse contro Navalny variano con le opinioni politiche dei commentatori: coloro che sostengono Navalny e le sue attività generalmente dichiarano che non é colpevole, mentre i suoi oppositori politici in genere affermano il contrario. Non sta certo a me giudicare ed ammetto candidamente la mia ignoranza al riguardo. 

DOMANDE SCOMODE

Rimane il dubbio: ma Alexey Navalny é un’eroico difensore del popolo russo perseguitato da Putin o un burattino nelle mani della propaganda occidentale anti-russa? Lascerò a voi, cari lettori, il compito di decidere usando la vostra testa e la vostra sensibilità. Come sempre vi invito a fare le vostre ricerche e, se vorrete, condividere con me le vostre scoperte. 

Per quando mi riguarda ho una serie di domande che mi frullano in testa e per finire vorrei condividerle con voi: 

  • Com’è possibile che tutto l’apparato politico e mediatico occidentale, che tuona contro Trump perché razzista e nazionalista, dia completo e totale sostegno ad un razzista e nazionalista russo?
  • Chi é che davvero trae enormi benefici da questa storia?
  • Ma davvero il presidente russo Vladimir Putin tenterebbe di assassinare una figura dell’opposizione che detiene un minuscolo sostegno del 2% tra la popolazione?
  • Se cosi fosse perché usare il Novichok un gas nervino già ampiamente e pubblicamente associato alla Russia? Cosa c’è che non va con il vecchio proiettile in testa e la conseguente sepoltura da qualche parte nella steppa siberiana? 
  • Ma è mai possibile che il Novichok, un mortale veleno militare non uccida mai nessuno? Il vecchio KGB, ora FSB, è davvero diventato un covo di dilettanti incapaci di uccidere qualcuno?
  • Se lo stato russo, o Putin, ha avvelenato Navalny, perché l’aereo sul quale si è sentito male ha effettuano un atterraggio di emergenza e Navalny è stato portato direttamente in un ospedale per ricevere cure mediche?
  • Perché nessuna traccia di sostanze insolite è stata trovata dai due laboratori russi che hanno analizzato il sangue di Alexei Navalny quando era ricoverato ad Omsk?
  • Se Navalny è stato esposto ad una sostanza altamente infettiva come il Novichok, perché nessun altro intorno a lui ne ha sofferto o mostrato segni alcuni di avvelenamento?
  • Se lo stato russo, o Putin, ha avvelenato Navalny, perché gli è stato permesso di uscire dal paese e ricevere cure all’estero? Oltretutto sapendo che prima o poi il Novichok all’interno del suo corpo sarebbe stato rilevato.
  • Perché il governo tedesco non ha mai fornito alcuna prove, ne a Mosca ne al pubblico, dell’avvelenamento?
  • Ma sopratutto, e questa è la domanda più importante, Navalny è stato testato per il Covid-19?

Poco tempo dopo aver pubblicato l’articolo qui sopra un mio vecchio amico Oleg Konovalov, un cittadino russo che vive a Mosca, mi ha scritto per “sottolineare alcune cose” come dice lui. Tenete presente che non sono necessariamente d’accordo con tutto ciò che scrive ma gli sono estremamente grato per il suo meraviglioso approfondimento e ho deciso, con il suo permesso, di aggiungere il suo messaggio all’articolo. Eccolo:

Ciao Luca! Come stai? Spero vada tutto bene! Ho appena letto l’articolo che hai pubblicato su Alexey Navalny. Vorrei sottolineare alcune cose. Per chiunque in Russia pensare che il partito comunista sia una vera opposizione è semplicemente ingenuo. Ci sono 4 partiti in parlamento ed il partito comunista è uno di loro. E nessuno di loro è in realtà un partito di opposizione. Si chiamano “opposizione sistemica” e sono gli stessi pupazzi del Cremlino come Russia Unita. La Duma non è un vero parlamento. È diventato uno degli strumenti del Cremlino e non un’istituzione statale indipendente. Un’altra cosa, probabilmente hai scritto l’articolo prima delle udienze del tribunale di ieri, poiché ora Navalny ha ottenuto una vera pena detentiva per 2 anni e 8 mesi. E ora alle domande importanti: come sta facendo (Navalny) tutte le sue indagini sui fatti di corruzione e come è riuscito a non ottenere una vera condanna al carcere prima d’ora? È l’unica persona in Russia ad aver ricevuto un termine condizionale per 2 accuse penali. Una seconda accusa penale non riceve mai un termine condizionale. Ho la mia versione del motivo per cui ciò è successo. Ci sono diversi gruppi di interesse nella massima potenza in Russia. Anche Putin e Medvedev sono gruppi diversi e nonostante fossero un tandem, quando Medvedev era presidente, a un certo punto era in grande conflitto con Putin e desiderava il suo secondo mandato di presidenza. Questi diversi gruppi hanno utilizzato Navalny come meccanismo nella loro lotta politica. Stavano facendo trapelare materiali compromettenti a Navalny e aiutandolo a guardare nella giusta direzione per trovare i dettagli che stava rivelando nelle sue indagini. Avevano bisogno di una sorta di garanzia per impedirgli di essere troppo attivo, quindi la prima condanna condizionale. La seconda condanna è basata su accuse che potrebbero essere reali, ma l’intero processo è stato organizzato in modo improprio, senza seguire le normali procedure, e ci sono grandi dubbi su quanto sia reale l’intera situazione. Ma i ragazzi al potere avevano anche paura di lui perché non sanno esattamente quali informazioni avesse su di loro e cosa potrebbe trapelare nei media in caso di sua effettiva prigionia. E questo gli ha dato una sorta di conforto. In realtà mi aspetto più rivelazioni dalla sua squadra, ora che è stato condannato ad una pena reale. E per rispondere alla domanda che hai posto nel tuo articolo: è un eroe o un burattino? Penso che la risposta sia che non è nessuno dei due. Ci sono troppe forze che pensavano di poterlo usare come un burattino e lui è stato al gioco. Ha ottenuto il supporto di cui aveva bisogno dall’estero. Ha molto più sostegno in Russia di quanto si possa pensare. I sondaggi ufficiali sono molto fuorvianti. Le persone hanno paura di ammettere che lo sostengono. E ce ne sono molti che non lo supportano pienamente, ma nella situazione che abbiamo senza altre persone all’opposizione, quando potessimo scegliere tra lui e il potere attuale sarebbe il minore dei due mali. Quindi ha supporto sia fuori che dentro il paese. E tutto ciò che ha fatto, lo stava facendo sulla base dei suoi interessi politici ed economici personali. È un personaggio molto egocentrico ed egoista che sta sfruttando la situazione. Essere un burattino non è qualcosa di cui è felice, ed essere un eroe non è nella sua agenda. E ancora una cosa: il legame tra lui e Alexander Lebedev come ex funzionario del KGB in realtà non mostra nulla. Gli ex funzionari del KGB sono finiti in tutti gli ambiti della vita. Lebedev in realtà ha ambizioni politiche ed è contrario all’élite attuale, ma per lui Navalny sarebbe più un concorrente che un’alleato. E questo è il problema dell’opposizione in Russia. Non possono unirsi. Tutti vogliono essere i leader. Questo è ciò che ha ucciso Yabloko come forza politica, ed è qui che Navalny ha iniziato la sua carriera politica. Per quanto riguarda l’essere una vera minaccia politica per Putin, Navalny non è neanche lontanamente vicino a quel livello, almeno per ora. Ma può essere usato come strumento dai rivali di Putin, ed è questa la vera minaccia. Chi lo userebbe esattamente non é sicuro – possono esserci persone diverse. Ma se Navalny lascia che lo usino, cercherà sicuramente di ricavarne qualcosa di sostanziale per se stesso. So di essere stato un po ‘frenetico e confuso, ma spero che questo ti dia un’idea da una fonte imparziale in Russia che ti aiuterà a capire meglio la situazione.

LE CINQUE LEGGI FONDAMENTALI DELLA STUPIDITÀ UMANA

Dal Film “Scemo e più Scemo” di Peter Farrelly

Nel 1976 Carlo Cipolla, uno storico italiano specializzato in storia economica, si mise alla ricerca di una definizione sociologica e di una teoria della stupidità umana. Il saggio che ne venne fuori, intitolato “Le leggi fondamentali della stupidità umana”, era inteso come un opuscolo umoristico da distribuire a parenti e amici come regalo di Natale. So che il Natale è già passato, ma ho pensato di condividere con voi cari lettori e amici un riassunto del suo lavoro. Chiamiamolo un regalo di Natale in ritardo!

Cipolla, nella sua introduzione, afferma: “questo saggio non è né frutto del cinismo né un esercizio di disfattismo sociale, non più di quanto lo sia un libro di microbiologia. Le pagine seguenti sono, infatti, il risultato di uno sforzo costruttivo per indagare, conoscere e quindi possibilmente neutralizzare una delle forze più potenti e oscure che ostacolano la crescita del benessere e della felicità umana.” Nonostante il tono giocoso (o meglio proprio per questo), credo che il saggio esplori alcuni affascinanti dilemmi sociali nei quali valga la pena immergersi.

In una nota personale, e nel tentativo di includere il nostro attuale clima di “politicamente corretto” nel testo, si noti che le parole stupido o stupidità non sono intese come un’osservazione offensiva o denigratoria ma piuttosto una definizione tecnica di una realtà umana.

Prima Legge: sempre e inevitabilmente ognuno di noi sottovaluta il numero di individui stupidi in circolazione.

Non importa se sei un cinico od un ottimista, indubbiamente molte volte sei stato scioccato dalla stupidità di membri della razza umana (e sono disposto a scommettere che è successo almeno una volta negli ultimi dieci giorni). Cipolla ci invita a considerare che:

“Per quanto alta sia la stima quantitativa che si fa della stupidità umana, si rimane ripetutamente stupiti dal fatto che:

a) persone che in passato si sono giudicate razionali e intelligenti poi si rivelano improvvisamente, inequivocabilmente e irrimediabilmente stupide;

b) giorno dopo giorno, con incessante monotonia, si è ostacolati nella propria attività da individui ostinatamente stupidi, che improvvisamente e inaspettatamente compaiono nei luoghi e nei momenti meno opportuni”.

Seconda Legge: la probabilità che una certa persona sia stupida è indipendente da qualsiasi altra caratteristica della persona stessa.

Per Cipolla la stupidità non è determinata da fattori culturali ma da fattori biogenetici. Alcune persone nascono alte, alcune hanno i capelli rossi, alcune hanno gli occhi verdi e altre semplicemente nascono stupide. In altre parole, non ci sono discriminazioni di classe, razza, sesso o credo nella stupidità. Aggiunge: “Credo fermamente che la stupidità sia una prerogativa indiscriminata di ogni gruppo umano e che questa prerogativa sia distribuita uniformemente secondo una proporzione costante”.

Inoltre: “A questo proposito, la Natura sembra davvero aver superato se stessa. È risaputo che la Natura, abbastanza misteriosamente, riesce a mantenere costante la frequenza relativa di certi fenomeni naturali. (…) Non sappiamo come la Natura raggiunga questo straordinario risultato (…) Il fatto straordinario sulla frequenza della stupidità è che la Natura riesce a fare in modo che questa frequenza sia sempre e ovunque uguale alla probabilità indipendentemente dalle dimensioni del gruppo, tanto che si trova la stessa percentuale di stupidi sia che si tenga conto di gruppi molto grandi che di gruppi molto piccoli. Nessun altro tipo di fenomeno sotto osservazione offre una prova così singolare del potere della Natura “.

Per dimostrare la tesi una serie di studi sono stati condotti in varie università di tutto il mondo. Le popolazioni di queste università sono state divise in quattro grandi categorie intese ad esprimere classe e livello di istruzione: custodi, dipendenti, studenti, docenti. Il sorprendente risultato è stato che la percentuale di stupidi è rimasta la stessa nelle quattro categorie. Hanno ripetuto il test con dei vincitori del Premio Nobel, l’élite, la “crème de la crème”, e il risultato è stato di scoprire che una percentuale paragonabile di vincitori del Premio Nobel è stupida (non so voi ma questo non mi sorprende per niente!).

Intervallo tecnico

“A questo punto è necessario chiarire il concetto di stupidità umana”. Cipolla cita la famosa affermazione di Aristotele che “l’uomo è un animale sociale”. Non importa se vivete in una metropoli o nei boschi, prima o poi avrete a che fare con altri esseri umani. E così facendo sarete costretti a compiere o meno un’azione specifica. Aggiunge: “Da qualsiasi azione, o non azione, ognuno di noi ricava un guadagno o una perdita e allo stesso tempo determina un guadagno o una perdita per qualcun altro”. 

Lo illustra in questo grafico:

Da questi due fattori, da considerare per esplorare il comportamento umano, si ottengono quattro gruppi di persone (più uno aggiuntivo, persone inefficaci, composte da persone che rifiutano ogni azione). Questi quattro gruppi sono: persone intelligenti, banditi, sprovveduti e stupidi. Questi gruppi sono definiti come segue:

Intelligenti: persone le cui azioni portano benefici a se stesse e agli altri.

Banditi: persone le cui azioni portano benefici a se stesse ma perdite agli altri.

Sprovveduti: persone le cui azioni portano benefici agli altri ma perdite a se stessi.

Stupidi: persone le cui azioni portano perdite a se stesse ed agli altri.

Terza (e aurea) Legge: una persona stupida è una persona che causa un danno a un’altra persona o gruppo di persone senza nel contempo realizzare alcun vantaggio per sé o addirittura subendo una perdita.

“Di fronte alla terza legge fondamentale, le persone razionali reagiscono istintivamente con scetticismo ed incredulità. Il fatto è che le persone ragionevoli hanno difficoltà a concepire e comprendere comportamenti irragionevoli”.

Tutti possiamo capire le azioni di una persona intelligente in base all’efficacia dei risultati. Possiamo anche capire le azioni di un bandito, che nonostante un dubbio fondamento morale, agisce e si comporta seguendo uno schema logico. Possiamo anche capire i fallimenti di uno sprovveduto perché il suo tentativo fallito è comunque guidato da una logica legittima. Ma è difficile per una persona razionale venire a patti con le azioni illogiche, irragionevoli, assurde e incoerenti di una persona stupida. “Nessuno sa, capisce o può spiegare perché quell’assurda creatura fa quello che fa. In realtà non c’è spiegazione – o meglio – c’è una sola spiegazione: la persona in questione è stupida”.

Distribuzione della frequenza

Ovviamente nessun essere umano si comporta sempre in modo costante e coerente. Abbiamo tutti delle giornatacce, per così dire. Una persona intelligente a volte potrebbe agire in un modo che si avvicina al banditismo o alla sprovvedutezza. Ma poiché è fondamentalmente una persona intelligente “la maggior parte delle sue azioni avrà la caratteristica dell’intelligenza”. Lo stesso si può dire dei banditi e delle persone sprovvedute. L’unica categoria che rompe gli schemi è, ovviamente, quella delle persone stupide. “La ragione di ciò è che la stragrande maggioranza delle persone stupide sono fondamentalmente e fermamente stupide – in altre parole, insistono costantemente nel causare danni o perdite ad altre persone senza alcun guadagno per se stessi”.

Stupidità e potere

Tutti gli esseri umani, attraverso le loro azioni, hanno un effetto sulla loro comunità; la cui intensità è determinata dal grado di forza, che possiedono geneticamente, dei tratti inerenti alla loro categoria. E cioè quanto sono intelligenti, sprovveduti, criminali o stupidi. Ma anche, e più pericolosamente, deriva dalla posizione di potere ed autorità che occupano nella società. Se, come discusso in precedenza, la stessa percentuale di stupidi può essere trovata tra bidelli e vincitori di premi Nobel, è lecito ritenere che una percentuale relativa di stupidità sarà presente tra capi di stato, leader militari, economisti, capi di industria e così via. Con l’ulteriore problematica che la loro “capacità di danneggiare gli altri è pericolosamente accresciuta dalla posizione di potere che occupano”.

“La domanda che spesso le persone ragionevoli si pongono è: come e perché le persone stupide riescono a raggiungere posizioni di potere e autorità”. Cipolla risponde cosi: “Classe e casta erano le istituzioni sociali che consentivano un flusso costante di persone stupide in posizioni di potere nella maggior parte delle società preindustriali. Nel mondo industriale moderno (…) invece di classe e casta, ci sono partiti politici, burocrazia e democrazia. All’interno di un sistema democratico, le elezioni sono uno strumento molto efficace per garantire il mantenimento stabile di una percentuale di stupidi tra i potenti. Va ricordato che, secondo la Seconda Legge, una percentuale di persone che votano è stupida e le elezioni offrono loro una magnifica opportunità per danneggiare tutti gli altri, senza alcun guadagno dalla loro azione. E ciò facendo aiutano a mantenere un livello costante di sciocchi tra le persone al potere”. Date una rapida occhiata alla maggior parte dei politici in tutto il mondo e noterete che questo è tristemente vero.

Il potere della stupidità

Secondo Cipolla il vero potere e pericolo della stupidità risiede nella sua irrazionalità. Una persona intelligente può combattere un bandito perché entrambi combattono con le stesse armi: logica e razionalità. Una lotta tra una persona intelligente ed un bandito assomiglia ad una partita di scacchi in cui le migliori mosse determineranno il vincitore. Non è cosi nel caso di una persona stupida; perché una persona stupida si comporterà irrimediabilmente in modo irrazionale.

“Poiché le azioni di una persona stupida non sono conformi alle regole della razionalità, ne consegue che:

  1. generalmente si è colti di sorpresa dall’attacco;
  2. anche quando si acquisisce la consapevolezza dell’attacco, non è possibile organizzare una difesa razionale, perché l’attacco, di per sé, manca di qualsiasi struttura razionale ”.

Quarta Legge: le persone non stupide sottovalutano sempre il potenziale nocivo delle persone stupide. In particolare, i non stupidi dimenticano costantemente che in qualsiasi momento e luogo, e in qualunque circostanza, trattare e/o associarsi con individui stupidi si dimostra infallibilmente un costosissimo errore.

Non sorprende che uno sprovveduto non riconosca il pericolo di uno stupido. Dopo tutto é uno sprovveduto. Ciò che sorprende è che una persona intelligente od un bandito commettano lo stesso errore. Dovrebbero essere più giudiziosi. L’unica ipotesi che Cipolla può concepire è che, di fronte alla stupidità, le persone intelligenti siano sopraffatte da un senso di superiorità, pietà o disprezzo. Inoltre, una persona intelligente tende generalmente a credere che una persona stupida possa solo fare del male a se stessa, ma questo significa confondere la stupidità con la sprovvedutezza. Cipolla aggiunge: “A volte si è anche tentati di associarsi a un individuo stupido con l’obiettivo di usarlo per i propri scopi. Questa manovra può avere solo effetti disastrosi perché:

  1. si basa sulla completa incomprensione della natura essenziale della stupidità
  2. dà allo stupido largo spazio per esercitare i suoi talenti. (…) A causa della natura irregolare della stupidità, non si possono prevedere tutte le azioni e le reazioni della stessa e in breve tempo si sarà schiacciati e polverizzati dalle sue azioni imprevedibili. 

Nel corso dei secoli, nella vita pubblica e privata, innumerevoli persone non hanno tenuto conto della Quarta Legge fondamentale e questo ha causato perdite incalcolabili all’umanità”.

Quinta Legge: la persona stupida è il tipo di persona più pericoloso che esista.

La quinta legge ha profonde conseguenze per il benessere sociale, politico, culturale ed economico di una comunità. Quando gli stupidi “si mettono al lavoro” non creano altro che perdite, per se stessi e per gli altri, e l’intera società è impoverita.

Quando una società è sana ed in crescita, i danni causati dalle persone stupide sono tenuti sotto controllo da quelle intelligenti. Ma se una società è in declino la stupidità diventa più attiva perché le persone intelligenti tendono a scomparire ed i banditi occupano sempre più posti di potere. Ciò rafforza inevitabilmente il potere distruttivo degli stupidi e porta il paese alla rovina.

Conclusione personale

C’è un aspetto dello studio di Cipolla che mi lascia insoddisfatto, ed è la considerazione della verità. Affinché la stupidità possa essere analizzata seguendo il suo sistema, dobbiamo prima definire il giusto punto di partenza della nostra analisi. Se la stupidità deve causare danno agli altri senza alcun vantaggio per se stessi, dobbiamo prima definire cosa costituisce un danno. Ovviamente nella maggior parte dei casi questo è ovvio, ma in situazioni più sottili e complesse non sempre è così. Usiamo un esempio attuale: i vaccini Covid. Se i vaccini sono un buon prodotto medico quelli che si rifiutano di prenderlo sono, per definizione di Cipolla, stupidi. Ma se i vaccini sono un cattivo prodotto, quelli che si rifiutano di prenderli sono intelligenti. Quindi, per definire la stupidità, dobbiamo avere una chiara definizione di buono e cattivo. E questo non è sempre facile da fare.

Il secondo aspetto che vorrei sottolineare è che essere sprovveduti, e cioè portare benefici agli altri ma perdite a se stessi, potrebbe essere considerato sia una debolezza che un atto di assoluta integrità etica e morale. Dopo tutto, Gesù di Nazaret non si è sacrificato per il bene dell’umanità? Non lo ha fatto Gandhi? San Francesco? Non è segno di una mente materialista considerare la sprovvedutezza una debolezza piuttosto che una virtù?

Detto questo, mi sembra che la proliferazione della stupidità in tutti i campi dell’odierna vita sociale sia un chiaro segno del declino dell’era capitalista. Un sistema che ha messo il profitto ed il piacere materiale al di sopra di ogni altra cosa ha creato un vuoto culturale di proporzioni bibliche. In questo spazio vuoto il virus della stupidità si è riprodotto in quantità sbalorditive. Il capitalismo edonistico, avendo eliminato le idee classiche di etica universale, si trova alla sua logica conclusione. Abbiamo barattato virtù per piacere, cultura per intrattenimento, giustizia economica per giustizia sociale, filosofia per meme, trascendente per immanente, ideali politici per ideologia cieca, Pink Floyd per Justin Bieber ed i risultati sono arrivati gente! Che tutte le innumerevoli stelle illuminino il vostro prospero cammino! 

LA SAGA DI JULIAN ASSANGE – TERZA PARTE

Dal Film “Papillon” di Franklin J. Schaffner

AUTOSTRADA PER L’INFERNO

Nel novembre del 2011, in seguito alla pubblicazione dei registri afghani e iracheni, il governo degli Stati Uniti, sotto la bandiera del Grand Jury di Alexandria, Virginia, inizia ad indagare su Assange e Wikileaks. Allo stesso tempo l’FBI avvia un’indagine indipendente. L’accusa rimane segreta e sigillata per otto anni, anche se ci vuole solo un piccolo salto d’immaginazione per prevedere cosa possa contenere.

L’11 aprile 2019, giorno dell’arresto di Assange a Londra, l’accusa nei suoi confronti è aperta e resa pubblica. Ci si potrebbe porre delle domande su tale tempistica ma il motivo è piuttosto semplice: agli occhi del governo USA Assange è ora nelle mani di un paese alleato (si potrebbe dire complice o vassallo, a seconda dei punti di vista) che faciliterà l’estradizione di Assange. È accusato di cospirazione per commettere intrusione informatica (hacking in un computer del governo), un crimine relativamente minore che comporta una pena massima di 5 anni, con possibilità di libertà condizionale, se ritenuto colpevole.

L’accusa deriva da un incidente nel 2010, quando Assange avrebbe detto alla sua fonte, l’allora soldato Chelsea Manning, che l’avrebbe aiutata a decifrare una password che le avrebbe dato un accesso più completo ai computer militari da cui stava trapelando materiale classificato da fornire a WikiLeaks e anche consentirle di utilizzare un diverso nome utente per evitare il rilevamento. Al momento non è chiaro se Assange sia mai riuscito a decifrare la password. 

In altre parole, il dipartimento di giustizia degli Stati Uniti afferma che Julian Assange non ha solo ricevuto informazioni da un informatore e poi le ha pubblicate (il che non è un crimine, piuttosto è buon giornalismo), ma che ha cospirato con la sua fonte (Manning) per ottenere informazioni (il che è un crimine in quanto atto di spionaggio). L’informazione è stata quindi utilizzata, sostiene il dipartimento di giustizia degli Stati Uniti, per danneggiare gli Stati Uniti a vantaggio di una nazione straniera (il che fa sorgere la domanda: quale nazione? E se Assange è una spia, sta spiando per conto di chi? Il popolo?). In breve, il governo degli Stati Uniti spera di dimostrare che Assange è una spia e non un giornalista.

Il 23 maggio 2019, Assange è incriminato con 17 nuove accuse relative all’Espionage Act del 1917 presso la Corte distrettuale degli Stati Uniti per il distretto orientale della Virginia. Queste sono: cospirazione per ottenimento e divulgazione di informazioni sulla difesa nazionale, cospirazione per commettere intrusioni informatiche, sette capi per ottenimento di informazioni sulla difesa nazionale e nove capi per divulgazione di informazioni sulla difesa nazionale. Queste accuse comportano una pena massima di 170 anni di carcere senza possibilità di libertà condizionale. La maggior parte delle cause intentate ai sensi dell’Espionage Act sono state contro dipendenti del governo che hanno avuto accesso ad informazioni sensibili e le hanno trasmesse a giornalisti ed altri. Il perseguimento di persone per atti relativi alla ricezione e pubblicazione di informazioni non è mai stato precedentemente sperimentato in un tribunale.

Quando l’intera accusa contro Assange diventa di dominio pubblico, inizia un dibattito mondiale sulla libertà di parola e di stampa. L’intera questione ruota attorno a questa distinzione: Julian Assange è un giornalista od una spia?

La maggior parte dei rappresentanti del governo degli Stati Uniti difende l’opinione che Assange sia una spia e non un giornalista. Il vicepresidente degli Stati Uniti, Joe Biden (il grande e splendente cavaliere di speranza), arriva addirittura a definirlo un terrorista. Una volta che hanno finalmente capito cosa potrebbe significare il caso di Assange per le pratiche giornalistiche, i media mainstream si svegliano. Il New York Times commenta che esso e altre organizzazioni giornalistiche hanno ottenuto gli stessi documenti di Wikileaks anche senza l’autorizzazione del governo. Dice anche che non è chiaro come le pubblicazioni di Wikileaks siano legalmente diverse da altre pubblicazioni di informazioni riservate. L’accusa degli Stati Uniti secondo cui la pubblicazione di questi segreti da parte di Assange era illegale è considerata controversa dalla CNN, dal Washington Post e da altri media mainstream. L’Associated Press sostiene che l’accusa di Assange presenta problemi di libertà dei media, poiché la sollecitazione e la pubblicazione di informazioni riservate è un lavoro di routine svolto dai giornalisti.

Edward Snowden riassume il caso al meglio: “Il Dipartimento di Giustizia ha appena dichiarato guerra – non a Wikileaks, ma al giornalismo stesso. Non si tratta più di Julian Assange: questo caso deciderà il futuro dei media“. Gli fa eco Ron Paul (candidato alle primarie repubblicane del 2008 e 2012): “In una società libera dovremmo conoscere la verità … In una società in cui la verità diventa tradimento, allora siamo in guai grossi. E ora, le persone che stanno rivelando la verità si stanno mettendo nei guai per questo”. Ed aggiunge: “Questi sono i media, non è vero? Voglio dire, perché non perseguiamo il New York Times o chiunque pubblichi queste informazioni?”

Questo è l’intero problema del caso di Assange. Le accuse mosse contro Assange potrebbero essere applicate a qualsiasi altro mezzo di informazione e/o giornalista. Con il processo di Assange ciò che è veramente in gioco non è solo la vita del giornalista ed editore più coraggioso del nostro tempo, ma la libertà di stampa stessa. Se Julian Assange è considerato un editore, viene imprigionato come tale. E se questo messaggio passa, e cioè che pubblicare materiale che danneggia la reputazione e l’attività del governo degli Stati Uniti porterà alla prigione, ogni giornalista nel mondo dovrebbe aver paura. Ed è proprio questo lo scopo. Julian Assange viene utilizzato come esempio per inviare un chiaro messaggio ai giornalisti di tutto il mondo: i tuoi diritti alla libertà di stampa esistono finché lo decidiamo. Se mai oserai pubblicare materiale dannoso contro il governo degli Stati Uniti, sarai messo in prigione.

Il caso contro Julian Assange potrebbe essere sintetizzato con il motto latino “Unum castigabis, centum emendabis” (colpirne uno per istruirne cento), che, in tempi moderni, è stato riportato in auge nientemeno che da Mao Tse-Tung.

PROCESSO DI ESTRADIZIONE

La prima udienza sulla richiesta statunitense di estradizione di Assange si tiene a Londra il 2 maggio 2019. Il processo è presieduto dal giudice Emma Arbuthnot. Alla domanda se avesse acconsentito all’estradizione, Assange risponde: “Non desidero arrendermi all’estradizione per aver fatto giornalismo che ha vinto molti, molti premi e protetto molte persone”. Il giudice nega quindi agli avvocati di Assange altro tempo per preparare il loro caso – anche se al loro cliente viene impedito in carcere di ricevere documenti legali e altri strumenti con cui difendersi.

Verso la fine del 2019, il giudice Arbuthnot si fa da parte a causa di una “percezione di pregiudizi”. Si scopre che suo marito, Lord James Arbuthnot, un ex ministro della difesa conservatore con legami con l’establishment militare e l’intelligence britannica, stava lavorando a stretto contatto con la neo-conservatrice Henry Jackson Society (HJS), un gruppo di pressione di destra con un programma fortemente anti-Assange. L’HJS ha definito Assange “pazzo e paranoico” e ha descritto l’asilo concessogli dal governo dell’Ecuador come “l’ultimo squallido buco verso il quale il signor Assange pensa di poter correre”. Vanessa Baraitser è nominata giudice presidente. In qualità di magistrato capo, Arbuthnot rimane la figura legale supervisore “responsabile del… sostegno e della guida” del giudice Baraitser. In altre parole la Arbuthnot rimane il burattinaio. Non esattamente un esempio di imparzialità del sistema giudiziario britannico.

Il 21 ottobre 2019, Assange compare in tribunale per un’udienza di gestione del caso. Quando il giudice Baraitser chiede della sua comprensione del procedimento, Assange risponde: “Non capisco come questo sia equo. Questa super potenza (gli USA) ha avuto 10 anni per prepararsi a questo caso ed io non posso nemmeno accedere ai miei scritti. È molto difficile da dove sono fare qualcosa, ma queste persone hanno risorse illimitate. Dicono che i giornalisti e gli informatori sono nemici della gente. Hanno vantaggi ingiusti nel trattare i documenti. Non è equo ciò che sta accadendo qui”.

Poi la crisi del Covid esplode in tutto il mondo. Ciò rallenta notevolmente il procedimento. A settembre alcuni testimoni testimoniano a distanza tramite collegamento video. I problemi tecnici causano notevoli ritardi. Amnesty International e otto membri del Parlamento europeo vedono revocato il loro accesso al live streaming. Non viene fornita alcuna reale spiegazione per questo. Altri testimoni testimoniano che le condizioni di reclusione, che probabilmente peggioreranno dopo l’estradizione negli Stati Uniti, mettono Assange ad alto rischio di depressione e suicidio, che è esacerbato dal fatto che lui soffre di una forma di autismo. Lo psichiatra Michael Kopelman testimonia che una lama di rasoio nascosta è stata trovata nella cella della prigione di Assange.

Poi arriva la svolta del processo. Patrick Eller, un ex esaminatore forense presso il Criminal Investigation Command dell’esercito degli Stati Uniti, testimonia che Assange non ha violato e non avrebbe potuto decifrare la password menzionata nell’atto di accusa degli Stati Uniti, poiché Chelsea Manning aveva intenzionalmente inviato solo una parte dell’hash della password. Inoltre, Eller afferma che il messaggio di Manning non era correlato ai documenti classificati che erano già in suo possesso. In altre parole, l’UNICA accusa che avrebbe potuto trasformare la posizione di Assange da quella di giornalista a quella di spia si è dimostrata falsa.

Nel dicembre 2020 Assange chiede la grazia al presidente Trump e sei vincitori del Premio Nobel gli scrivono una lettera chiedendo la grazia per Assange.

Il 4 gennaio 2021, il giudice Baraitser dichiara che Assange non può essere estradato negli Stati Uniti, citando preoccupazioni per la sua salute mentale e il rischio di suicidio in una prigione statunitense. Gli Stati Uniti hanno 14 giorni per presentare ricorso contro la sentenza, durante i quali Assange deve rimanere in prigione. Il presidente messicano Andres Manuel López Obrador, durante una conferenza stampa, afferma che i diplomatici messicani aspetteranno la liberazione di Assange per offrirgli un’asilo politico. Gli avvocati di Assange chiedono che venga rilasciato su cauzione. Il 6 gennaio questa viene negata.

UNA VITTORIA DI PIRRO

La notizia che Julian Assange non sarà estradato negli Stati Uniti è una gradita vittoria, ma viziata da argomenti legali che dovrebbero preoccuparci profondamente. La negazione della sua estradizione non arriva a causa dei numerosi argomenti di principio contro il caso di estradizione degli Stati Uniti – che sono stati tutti respinti dal giudice – ma perché Assange è considerato a rischio di suicidio. Il sistema di incarcerazione di massa degli Stati Uniti è così ovviamente barbaro e depravato che Assange correrebbe il grave rischio di suicidarsi se diventasse un’altra vittima delle sue carceri di massima sicurezza. In altre parole, la richiesta di estradizione degli Stati Uniti è stata respinta su quello che è effettivamente un tecnicismo e non sulla base di principi.

Il giudice Baraitser ha appoggiato tutti i principali argomenti legali del governo statunitense per l’estradizione, anche se sono stati completamente demoliti dagli avvocati di Assange. Ha accettato la loro nuova pericolosa definizione di giornalismo investigativo come “spionaggio”, e ha sottinteso che Assange avrebbe anche infranto il draconiano Official Secrets Act britannico esponendo i crimini di guerra del governo. Inoltre ha convenuto che il Trattato di estradizione del 2007 si applica nel caso di Assange, ignorando le parole effettive del trattato che esentano casi politici come il suo. Con il suo giudizio ha aperto la porta alla possibilità che qualsiasi giornalista colpevole di imbarazzare Washington possa essere sequestrato nel suo paese d’origine e mandato negli Stati Uniti per essere processato. Come se non bastasse, Baraitser ha accettato che proteggere le fonti nell’era digitale – come ha fatto Assange con l’informatrice Chelsea Manning, un obbligo essenziale per i giornalisti in una società libera – ora equivale a un “hacking” criminale. Ha cestinato la libertà di parola e i diritti di libertà di stampa, dicendo che non forniscono “la discrezione illimitata di Assange per decidere cosa pubblicare”. Sembra inoltre approvare le ampie prove che dimostrano che gli Stati Uniti hanno spiato Assange all’interno dell’ambasciata ecuadoriana, sia in violazione del diritto internazionale che del suo privilegio cliente-avvocato – una violazione dei suoi diritti legali più fondamentali che da sola avrebbe dovuto interrompere il procedimento.

Quindi, mentre celebriamo questa sentenza per Assange (sebbene non sia ancora fuori pericolo. Gli Stati Uniti hanno detto che appelleranno la decisione) dobbiamo anche denunciarla a gran voce come un attacco alla libertà di stampa, come un attacco alle nostre libertà collettive faticosamente conquistate e come un’attacco ai nostri sforzi per ritenere i governi responsabili dei crimini che commettono in nostro nome.

C’è un altro elemento preoccupante nella sentenza: dopo un decennio trascorso a screditare, disonorare e demonizzare Assange, questa sentenza non è altro che una continuazione di tale processo. L’estradizione è stata negata SOLO sulla base della salute mentale di Assange ed il suo autismo e per il fatto che è a rischio di suicidio. Se mai riacquisterà la sua libertà, sarà SOLO perché è stato caratterizzato come mentalmente infermo. Questo verrà usato per screditare non solo Assange, ma la causa per la quale combatte, l’organizzazione Wikileaks che ha contribuito a fondare e tutta le più ampie forme di dissidenza dalle narrazioni dell’establishment.

L’ultimo problema con la sentenza del giudice Barrister è, in termini pratici, che le sue argomentazioni diventano deboli in appello. Il giudice potrebbe aver (inavvertitamente ???) regalato agli Stati Uniti il ​​loro asso nella manica. A causa della natura della sentenza, tutto ciò che il governo degli Stati Uniti dovrà fare è fornire assicurazioni al giudice sul trattamento di Julian Assange. La strategia per l’appello statunitense, essenzialmente, consisterà nel dimostrare che il loro spaventoso gulag non indurrà Julian a suicidarsi (o suicidarlo, in stile Epstein… sapete, quando il destino decide che le guardie si addormentano e le telecamere si rompono tutto in contemporanea).

Personalmente temo (anche se spero sinceramente di essere smentito) che questo sia stato un tentativo del governo del Regno Unito di rifarsi a Ponzio Pilato e lavarsi le mani del caso di fronte all’opinione pubblica del proprio paese. Tutto ciò che l’appello deve ora considerare è: una prigione del Regno Unito è più sicura di una prigione degli Stati Uniti? Sulla base del tasso di suicidi dei prigionieri nel Regno Unito sarà facile dimostrare che non lo è ed Assange perderà l’appello. E così finalmente il governo degli Stati Uniti avrà la sua vendetta contro Assange per aver mostrato la verità sull’omicidio di stato di persone innocenti.

Se ciò avverrà, i governi del Regno Unito e degli Stati Uniti avranno de facto emesso una condanna a morte sia per Assange che per la libertà di stampa.

E ADESSO?

Ci piace credere, attraverso il lavoro della propaganda, che l’Occidente viva in una democrazia liberale e libera che difende la libertà individuale, la libertà di parola e di opinione e la libertà di stampa. Ma una delle tante cose che abbiamo imparato grazie a Julian Assange è che queste non sono altro che belle storie della buonanotte. Negli ultimi 10 anni Julian Assange è stato perseguitato dal sistema in un tentativo senza precedenti di mettere a tacere un’editore e giornalista. Il suo crimine? Aver portato alla luce i crimini di guerra statunitensi ed i loschi affari dell’élite occidentale che governa gran parte del mondo.

Vi invito a riflettere su questo: cos’è il giornalismo? Qual è il suo ruolo ed il suo dovere in una società libera? I giornalisti dovrebbero riferire solo ciò che le autorità gli consentono di riferire o dovrebbe essere loro dovere riferire in modo specifico e prima di ogni altra cosa ciò che le autorità non vogliono che riferiscano? Il vero giornalismo era il sistema di controllo del potere. Era la voce critica in difesa del bene comune, della costituzione, dell’anima etica della nazione contro quelli che al potere avrebbero osato oltrepassare i propri doveri. Ma negli ultimi trent’anni, attraverso la corruzione e le minacce, queste voci dissenzienti sono state lentamente messe a tacere. Poi, il 4 gennaio 2021, la sentenza pronunciata dal giudice Vanessa Barrister (un nome che vivrà nell’infamia) ha segnato la morte definitiva del giornalismo.

Il sacrificio di Assange e la sua persecuzione ci mostrano che, al di là dei proclami sulla democrazia e la libertà di stampa, l’essenza della libertà non è compatibile con un sistema in cui una piccola oligarchia regna, manipola, governa e influenza miliardi di persone ignare di ciò che li circonda e della verità davanti ai loro occhi. Questo perché, nelle parole di un altro vero giornalista Glenn Greenwald: “Coloro che non cercano di dissentire o sovvertire in modo significativo il potere di solito negheranno – perché non percepiscono – che tale dissenso e sovversione sono, di fatto, rigorosamente proibiti. Continueranno a credere beatamente che la società in cui vivono garantisca le libertà civiche fondamentali – di parola, di stampa, di riunione, di giusto processo – perché hanno reso il loro discorso ed il loro attivismo, se esiste del tutto, così innocuo che nessuno con la capacità di farlo si prenderebbe la briga di cercare di ridurlo.”

La battaglia di Julian Assange per difendere le nostre libertà, per difendere coloro in terre lontane che bombardiamo a nostro piacimento per promuovere gli interessi egoistici di un’élite occidentale, la sua lotta per rendere le nostre società più eque, per costringere i potenti a rendere conto delle loro azioni, per rendere la nostra politica meno corrotta, i nostri sistemi legali più trasparenti, i nostri media meno disonesti dovrebbero essere anche la nostra battaglia. Perché è NOSTRO DOVERE come cittadini. Se non combattiamo per questi valori, le nostre società sono condannate e destinate alla tirannia.

Julian Assange, un eroe dei nostri tempi, ci ha mostrato la strada. Spetta a noi portare la torcia nella speranza che avesse ancora una volta ragione quando ha affermato: “È mia ferma convinzione che il coraggio sia contagioso”.

La battaglia di e per Julian Assange finirà solo quando sarà liberato.

Se desiderate aiutare, ecco alcuni siti Web che ospitano una varietà di azioni:

https://assangedefense.org

https://dontextraditeassange.com

https://www.assangecampaign.org.au

LA SAGA DI JULIAN ASSANGE – SECONDA PARTE

Dal Film “V for Vendetta” di James McTeigue

DOPO LA SVEZIA

Dopo gli eventi in Svezia, solo una parola esce dalla bocca dell’informazione di massa: stupro. Viene stampata e ripetuta più e più volte da giornalisti, commentatori e conduttori televisivi. Questa (come abbiamo visto nella prima parte di questo articolo) semplicemente non é una descrizione accurata degli eventi né una valutazione equa delle accuse giudiziarie. Ma d’altra parte, lo scopo non é quello di riferire in modo equo quello che é successo, ma di far entrare nella testa del pubblico il collegamento “Assange uguale stupratore”. È tradito dai suoi colleghi.

I giornalisti che hanno lavorato con lui sulle fughe dei registri afghani e iracheni gli voltano le spalle ed inizia una campagna diffamatoria senza precedenti. Viene definito uno “stupratore”, un “individuo narcisista”, descritto come “pieno di sé”, uno che “cerca attenzioni”, uno “strumento dell’intelligence russa”, un “utile idiota”, un “criminale”, una “spia “… Viene accusato di avere “problemi di igiene”, di non “lavarsi i capelli” e di “spalmare i propri escrementi sulle pareti” (quest’ultimo è del Guardian).

Questo segna la prima volta nella storia che un giornalista pluripremiato, che ha portato all’attenzione del pubblico crimini di guerra, viene diffamato per non essersi lavato i capelli. Inutile dire che questo è uno dei punti più bassi nella storia del giornalismo. Ma dopotutto l’intenzione è chiara e, sembrerebbe, nessun colpo basso è abbastanza basso. L’informazione di massa vuole assassinare il suo personaggio, per trasformare Assange, una figura molto popolare tra il pubblico, in un mostro.

Perché dovrebbero farlo? Posso solo darvi la mia opinione personale e la prima cosa che mi viene in mente è la famosa citazione di Upton Sinclair: “È difficile far capire qualcosa a un uomo, quando il suo stipendio di dipende dal fatto non lo capisca!” Inoltre credo che lo odiassero perché il suo modello editoriale era una minaccia alla loro esistenza.

Assange ritiene che: “La trasparenza e la responsabilità sono questioni morali che devono essere l’essenza della vita pubblica e del giornalismo”. O, nelle parole del giornalista australiano ed amico di Assange, John Pilger: “Crede che i giornalisti siano gli agenti del popolo, non del potere: che noi, il popolo, abbiamo il diritto di conoscere i segreti più oscuri di coloro che affermano di agire in nostro nome”. In effetti Assange ha costretto questi “giornalisti” a guardarsi allo specchio e quello che hanno visto è stato i loro continui compromessi con l’integrità della loro professione e il loro sostegno a favore del potere, perché questo è il modo più semplice per farlo. giornalismo. In breve Assange li ha fatti vergognare e loro lo hanno odiato per questo.

ASILO POLITICO NELL’AMBASCIATA DELL’ ECUADOR

Il 20 novembre 2010, la polizia svedese emette un mandato di arresto internazionale per Assange. L’ 8 dicembre Assange si consegna alla polizia britannica e partecipa alla sua prima udienza per l’estradizione. Rimane in custodia.

Il 16 dicembre, durante la seconda udienza, gli viene concessa la libertà su cauzione dall’Alta Corte e viene rilasciato dopo che i suoi sostenitori pagano 240.000 sterline in contanti. Un’ulteriore udienza il 24 febbraio 2011 stabilisce che Assange deve essere estradato in Svezia. Questa decisione viene confermata dall’Alta Corte il 2 novembre e dalla Corte Suprema il 30 maggio dell’anno successivo.

Assange continua a rivendicare la sua innocenza e che non é preoccupato per il procedimento in Svezia in quanto tale. Crede che le accuse svedesi abbiano lo scopo di screditarlo e siano un pretesto per la sua estradizione dalla Svezia agli Stati Uniti dove, teme, affronterebbe un processo ingiusto e parziale che si concluderebbe con la sua reclusione in un lontano buco infernale americano. Una prova di questa convinzione è che gli avvocati di Assange fanno oltre 30 offerte per far sì che Assange visiti la Svezia in cambio della garanzia che non sia estradato negli Stati Uniti. Naturalmente queste proposte non vengono mai accettate.

Il 19 giugno 2012, Julian Assange entra nell’ambasciata ecuadoriana a Londra chiedendo asilo politico. Due mesi dopo, il 18 agosto, il presidente ecuadoriano Rafael Correa conferma che Assange può rimanere all’ambasciata a tempo indeterminato. Nella sua dichiarazione formale, l’Ecuador afferma che “come conseguenza della decisa difesa della libertà di espressione e di stampa di Assange … in un qualsiasi momento, può verificarsi una situazione in cui la sua vita, la sua sicurezza o la sua integrità personale saranno in pericolo”.

L’ambasciata ecuadoriana è piccola; un appartamento di tre camere da letto circondato da alti edifici che bloccano tutta la luce del sole. Assange lo descrive come “vivere dentro un’astronave”. Non ha cure mediche adeguate, poco spazio e poca privacy. Agenti pesantemente armati del servizio di polizia metropolitana inglese circondano l’edificio 24 ore su 24, 7 giorni su 7, pronti ad arrestarlo se dovesse uscire. Delle telecamere a lungo raggio sono collocate negli edifici che circondano l’ambasciata ed applicano un sistema di sorveglianza (spionaggio?) 24 ore su 24, 7 giorni su 7. A tutti gli effetti questo diventa uno dei luoghi più sorvegliati al mondo. Per favore, ricordatevi che a questo punto tutto ciò di cui Assange è accusato dal sistema giudiziario britannico è di aver saltato la cauzione.

La sorveglianza della polizia è stata ritirata per motivi di costi nell’ottobre 2015 (3 anni dopo), ma la polizia afferma che avrebbe comunque impiegato “diverse tattiche per arrestarlo”. È stato riferito che il costo delle attività di polizia per il periodo è compreso tra i 12,6 ed i 16 milioni di sterline pagate con il denaro dei contribuenti.

Il 5 febbraio 2016, il gruppo di lavoro delle Nazioni Unite sulla detenzione arbitraria studia il caso di Assange e conclude che è stato oggetto di detenzione arbitraria da parte dei governi del Regno Unito e della Svezia dal 7 dicembre 2010 (6 anni), compreso il periodo in prigione, su cauzione condizionale e presso l’ambasciata ecuadoriana. Il gruppo di lavoro afferma che Assange dovrebbe essere liberato e ricevere un risarcimento. I governi britannico e svedese respingono la richiesta.

Nel frattempo Julian Assange continua a dirigere WikiLeaks dall’interno dell’ambasciata.

EDWARD SNOWDEN E GOOGLE

Nel 2013 Edward Snowden, un dipendente e subappaltatore della CIA, divulga informazioni altamente classificate dalla National Security Agency (NSA). Le sue rivelazioni rivelano numerosi programmi di sorveglianza di massa globale gestiti dalla NSA con la collaborazione dei governi europei. Questo avvia una discussione internazionale sulla sicurezza nazionale e la privacy individuale.

WikiLeaks non ha nulla a che fare con la fuga di notizie né con la loro pubblicazione se non, forse, un’affinità spirituale tra informatori. Questa è la ragione più probabile per cui, nel giugno 2013, Assange e altri di WikiLeaks aiutano Snowden a fuggire dalle forze dell’ordine statunitensi ed a salvargli la vita. I dettagli della vicenda sono molto interessanti e divertenti ma un po lunghi da raccontare in questo articolo. Vi invito a cercarli su internet.

Nel 2014 Assange pubblica il libro “When Google met WikiLeaks” che racconta la storia dell’incontro tra Assange e Eric Schmidt (all’epoca CEO di Google). Nel libro Assange riporta lo stretto intrinseco legame tra le varie agenzie di spionaggio americane che, tramite Google, monitorano tutte le informazioni che transitano in rete. Inoltre, ci avverte del pericolo del monopolio dei servizi di Google. Afferma “Negli ultimi 15 anni Google è cresciuta all’interno di Internet come un parassita. Navigazione in Internet, social network, mappe, satelliti-droni, Google è nel nostro telefono, sul nostro desktop, sta invadendo ogni aspetto della nostra vita: sia personale che commerciale. A questo punto, Google ha un potere molto reale su chiunque usi Internet, cioè praticamente chiunque nel mondo contemporaneo”. Aggiunge inoltre: “Google è diventato malvagio. Ora è allineato con la politica estera americana. Ciò significa ad esempio che Google può intervenire nell’interesse degli Stati Uniti, può finire per compromettere la privacy di miliardi di persone e può utilizzare il potere della pubblicità a fini di propaganda”.

Le due visioni del futuro di Internet che emergono dal libro sono agli antipodi: per Assange “il potere liberatore della rete sta nella sua libertà e nel suo essere un mondo senza stato”. Per Schmidt, invece, “l’emancipazione di Internet coincide con gli obiettivi della politica estera americana“.

“Persone come Schmidt”, scrive Assange, “vi diranno che l’apertura mentale è una virtù, ma ogni punto di vista che sfidi l’eccezionalità americana, alla base della politica estera statunitense, rimarrà loro invisibile. Credono di fare del bene. E questo è il problema”.

ELEZIONI PRESIDENZIALI USA 2016

Durante le primarie presidenziali del Partito Democratico degli Stati Uniti del 2016, WikiLeaks tira fuori una delle loro fughe di notizie più audaci di sempre pubblicando e-mail inviate o ricevute dalla candidata presidenziale Hillary Clinton mentre era Segretario di Stato. È un terremoto politico di proporzioni bibliche.

In breve, questa è la storia: Hillary Clinton crea un server ed una rete di posta elettronica privati per se stessa, la sua famiglia ed i suoi più stretti collaboratori. Questo è vietato dalla legge perché così facendo si impedisce che le sue e-mail siano accessibili al governo federale ed al Congresso. Il server fisico è nascosto in un ufficio di proprietà dei Clinton a Manhattan, dove si trova anche il server della Fondazione Clinton. Hillary Clinton ha molte informazioni riservate su quel server. Le email del team di Clinton finiscono nelle mani di Assange e lui le pubblica su WikiLeaks. L’FBI inizia un’indagine sulla premessa che Hillary Clinton ha violato l’Espionage Act del 1913 consentendo che informazioni della difesa nazionale vengano “perse, rubate, astratte o distrutte” con “grave negligenza”.

Quando scopre dell’indagine dell’FBI, la Clinton cancella migliaia di e-mail con un programma chiamato “BleachBit”. La Clinton e il suo team legale utilizzano il software per distruggere circa 30.000 messaggi di posta elettronica che lei ritiene “personali”. Ma come ha sottolineato Trey Gowdy, membro della House Oversight Committee: “Non usi BleachBit per cancellare e-mail dei tuoi appuntamenti di yoga o con le tue amiche. Quando usi BleachBit, vuoi cancellare qualcosa che non vuoi che il mondo veda”.

Il rapporto dell’FBI dice che Justin Cooper, un’aiutante dei Clinton, ha distrutto due vecchi telefoni cellulari della Clinton “spezzandoli a metà o colpendoli con un martello“. Ciononostante, a seguito delle indagini, il direttore dell’FBI James Comey afferma che la Clinton é stata “estremamente negligente”, ma non ci sono motivi sufficienti per perseguire il caso.

Quindi cosa rivelano queste e-mail trapelate? Per la maggior parte niente di nuovo per coloro che avevano prestato attenzione alla carriera politica di Hillary Clinton. E cioè la discutibile relazione tra la Fondazione Clinton ed i suoi donatori, le sue amicizie con potenti interessi a Wall Street ed i suoi legami con ricchi contributori della campagna (oltre alla sua ricetta segreta per il “risotto perfetto”. Giuro!).

Ma che altro? Le e-mail fornivano una pistola fumante di qualche tipo? No. Ma, nelle parole di Assange: “Le e-mail di Clinton (…) creano una ricca immagine di come si comporti Hillary Clinton quando é in carica, ma, più in generale, di come opera il Dipartimento di Stato degli Stati Uniti”.

Una di queste “ricche immagini”, secondo diversi osservatori, sebbene ciò non sia mai stato dimostrato, ritrae le vere ragioni dell’invasione franco-NATO della Libia ed il coinvolgimento attivo di Hillary Clinton nel far scoppiare la guerra. Devo sottolineare che la seguente versione non è stata ufficialmente dimostrata dalle email (o da qualsiasi altra fonte) ma la segnala perché personalmente la trovo sia interessante che plausibile.

Dunque la storia racconta che il Rais Muammar Gheddafi stava cercando, con la collaborazione di altri stati africani, di liberarsi dal giogo del FMI con la creazione di una nuova moneta panafricana. Voleva smettere di vendere petrolio libico in dollari USA ed iniziare a richiedere i pagamenti in “dinari” garantiti dall’oro (una valuta unica africana a base di oro, di cui la Libia aveva circa 150 tonnellate). Ciò aveva il potenziale di far crollare il dollaro ed il sistema monetario mondiale per estensione ed è, presumibilmente, la ragione dell’invasione e della rimozione di Gheddafi.

Qualunque cosa sia accaduta in Libia, quello che è certo è che il 22 luglio 2016 WikiLeaks rilascia un’altra serie di e-mail e documenti del Comitato Nazionale Democratico che apparentemente presentano modi per minare il concorrente più popolare Bernie Sanders a favore della Clinton mostrando apparenti favoritismi nei suoi confronti. Ciò porta alle dimissioni del presidente del partito Debbie Wasserman Schultz e solleva domande molto serie sulla legittimità dell’elezione di Hillary Clinton come candidato democratico. Le rivelazioni fatte da WikiLeaks giocano sicuramente un ruolo importante nella sua sconfitta contro Donald Trump.

Come tutti sappiamo (è stato ripetuto all’infinito negli ultimi quattro anni) dopo la sua sconfitta Hillary Clinton ed il Partito Democratico hanno iniziato ad accusare sia Julian Assange che Donald Trump di essere burattini russi (di Putin). Accusano Assange di essere una spia russa ed il governo russo di aver fornito ad Assange le e-mail trapelate. In altre parole, negli ultimi quattro anni il partito democratico ha accusato la Russia di aver violato (rubato) le elezioni del 2016 (il che è di per sé interessante considerando che oggi le stesse persone affermano che è impossibile farlo).

Julian Assange non ha mai detto da dove provenissero le fughe di notizie. In un’intervista del luglio 2016, ha insinuato che il membro dello staff del DNC Seth Rich fosse la fonte e che Rich fosse stato ucciso di conseguenza. WikiLeaks ha offerto una ricompensa di $ 20.000 per informazioni sul suo omicidio. Il procuratore speciale Robert Mueller, che ha condotto l’indagine sulla possibile interferenza russa nelle elezioni del 2016, ha affermato che Assange “sottintendeva falsamente” che Rich fosse la fonte per oscurare il fatto che la fonte fosse la Russia.

È impossibile, per ora, dire qual è la verità. Ma una cosa è certa: Julian Assange, agli occhi del governo Usa, aveva oltrepassato il limite. Doveva essere fermato. Non importa come.

ARRESTO NELL’AMBASCIATA ECUADORIANA

Il 2 aprile 2017 Lenín Moreno, il candidato di centrosinistra alle elezioni presidenziali ecuadoriane del 2017 ottiene una vittoria di misura. Subito dopo la sua elezione Moreno sposta drasticamente la sua posizione politica a destra, prendendo le distanze dall’eredità di sinistra di Correa e apportando cambiamenti neoliberali sia alla politica interna che a quella estera. Vuole, prima di tutto, migliorare le relazioni del paese con gli Stati Uniti.

Dopo una visita nel giugno 2018 del vicepresidente degli Stati Uniti Mike Pence, Moreno acquista armi, apparecchiature radar, sei elicotteri e altre attrezzature dagli Stati Uniti. Inizia anche una collaborazione con il governo degli Stati Uniti che includerebbe formazione militare e condivisione di informazioni. Durante il loro incontro Pence e Moreno parlano anche di Julian Assange. Diventa ovvio ai più che Assange è un’elemento dell’accordo.

Moreno ed il suo governo impongono nuove restrizioni ad Assange. Mettono telecamere ovunque nell’ambasciata, perquisiscono ogni visitatore, interrompono la sua connessione Internet, dimenticano di fornire ad Assange cibo e carta igienica… insomma, gli rendono la vita impossibile.

Inoltre consentono un’ampia operazione di sorveglianza contro Assange dall’interno dell’ambasciata. Poi lo accusano di essere scortese con il personale, di essere sporco, di puzzare, di lasciare escrementi nella toilette, di spalmare feci sui muri dell’ambasciata… Vale la pena notare che durante i 6 anni di permanenza di Assange in ambasciata non è stato fatto un solo commento negativo sul suo comportamento. Eppure, durante i 18 mesi di presidenza di Moreno, se dobbiamo credere alla narrazione ufficiale, Assange diventa una bestia feroce.

Comunque sia, l’11 aprile 2019, l’Ecuador revoca il suo asilo politico, con Moreno che afferma che l’Ecuador ha “raggiunto il limite per il comportamento di Assange”. Moreno chiama Assange un “monello viziato” ed un “miserabile hacker”. Lo stesso giorno è consentito l’ingresso nell’ambasciata alla polizia metropolitana che arresta Assange in relazione alla sua mancata consegna alla corte nel giugno 2012 per l’estradizione in Svezia.

È interessante notare che negli stessi giorni Lenín Moreno ed il governo ecuadoriano erano in attesa di un’imminente decisione da parte del Fondo Monetario Internazionale per concedere all’Ecuador un prestito di 4,2 miliardi di dollari. Sono sicuro che ciò non aveva nulla a che fare con la decisione di revocare l’asilo di Assange.

Assange viene portato alla prigione di Sua Maestà Belmarsh, una prigione maschile di categoria A (alta sicurezza) a Thamesmead, nel sud-est di Londra, conosciuta “per gli amici” come la Guantanamo del Regno Unito. La prigione è considerata una delle prigioni più dure al mondo e ospita terroristi violenti e assassini. La prigione è stata accusata più volte di maltrattamenti ai suoi detenuti.

Il regime carcerario costringe i detenuti a rimanere in piccole celle per 22 ore al giorno con precarie cure sanitarie e psicologiche. Ad Assange viene negato il diritto di fraternizzare con altri prigionieri, non ha accesso a Internet né al telefono, il che ostacola notevolmente la sua capacità di preparare la sua difesa.

A costo di sembrare ripetitivo, devo ricordarvi che in questo momento tutto ciò di cui Assange è colpevole, agli occhi della legge britannica, è di AVER SALTATO LA CAUZIONE!!

Il 1 maggio 2019 viene condannato a 50 settimane di reclusione. Il Gruppo di lavoro delle Nazioni Unite sulla detenzione arbitraria afferma che il verdetto viola “i principi di necessità e proporzionalità” per quella che viene considerata una “violazione minore”. Nils Mielzer, relatore speciale sulla tortura alle Nazioni Unite, che visita Assange insieme a due medici esperti di tortura, conferma che l’attivista probabilmente morirà in carcere se sarà detenuto per lungo tempo.

È sorprendente notare che organizzazioni, come Amnesty International, che denunciano formalmente qualsiasi violazione dei diritti umani in paesi classificati come non liberali, non hanno detto una parola o organizzato campagne di sensibilizzazione per Julian Assange. Il silenzio assordante di tutte le associazioni giornalistiche è meno sorprendente ma altrettanto vergognoso.

FINE DELLA PARTE SECONDA Continua…

LA SAGA DI JULIAN ASSANGE – PRIMA PARTE

Dal film “We steal secrets. The story of Wikileaks” di Alex Gibney

Chi è Julian Assange? Per il governo degli Stati Uniti è un pericoloso hacker, una spia ed un terrorista che ha usato le sue capacità per rubare informazioni sensibili che hanno danneggiato gli Stati Uniti ed i loro agenti. Per i suoi sostenitori è un editore, un’eroico difensore della libertà di parola vittima di un tentativo senza precedenti da parte del sistema di mettere a tacere un giornalista. Il suo unico crimine, affermano, è quello di aver portato alla luce i crimini di guerra statunitensi e gli affari oscuri dell’élite occidentale che governa gran parte del mondo.

Ma qual è la verità? Vi invito a seguirmi in una storia di segreti militari, pirateria informatica e potere politico che dà del filo da torcere a John le Carré e, guarda caso, è anche una delle storie più importanti del nostro tempo.

GIOVENTÙ

Julian Paul Assange è nato il 3 luglio 1971 a Townsville, Queensland, Australia. Sua madre, Christine Ann Hawkins è un’artista e suo padre, John Shipton, un attivista pacifista ed un costruttore edilizio.

La famiglia è finanziariamente povera ma ricca intellettualmente; l’arte e la politica sono spesso soggetto di conversazione in famiglia. Il giovane Julian è un ragazzo intelligente e spiritoso soprannominato “il mago” da amici e familiari per la sua capacità di trovare soluzioni inaspettate e originali ai problemi.

Dopo il divorzio dei suoi genitori, Julian ha un’infanzia nomade, vivendo in oltre 30 paesi e città australiane fino all’adolescenza, quando si stabilisce con la madre ed il fratellastro a Melbourne.

Melbourne, a metà degli anni ’80, ospita comunità clandestine di hacker e rivoluzionari sociali; è un luogo di idee, ideali politici e sperimentazione. Lì il giovane Julian sviluppa una passione per i computer. Lui e i suoi amici prevedono l’imminente rivoluzione digitale, vogliono capirla e non solo farne parte, ma essere in prima linea. È un piccolo nerd (secchione) che passa la maggior parte delle sue giornate davanti ad un computer.

Nel 1987, all’età di 16 anni, Assange inizia ad “hackerare” con il soprannome di Mendax. Un hacker è una persona che esplora i metodi per violare le difese di un sistema informatico o di una rete informatica. Possono essere motivati ​​da una moltitudine di ragioni, come il profitto, la protesta politica, la raccolta di informazioni … Per il giovane Julian Assange è prima di tutto una sfida intellettuale.

Immaginate di essere un adolescente davanti ad un computer nella vostra stanza a Melbourne e di riuscire ad entrare nei computer della NASA. Insomma, queste sono le persone che hanno messo un uomo sulla luna … quanto vi sentireste intelligente? E che emozione!

Si presume (ma non è mai stato dimostrato) che Assange potrebbe essere stato coinvolto nell’hack chiamato WANK (Worms Against Nuclear Killers, ma anche gergo per masturbazione) ai danni della NASA nel 1989. Si ritiene che il worm (verme-un malware informatico in grado di autoreplicarsi) sia stato creato da hacker con sede a Melbourne, ma nessuno è mai stato accusato ufficialmente. Il worm WANK è stato uno dei primi worm in assoluto ed era di natura giocosa e politica. Era programmato per indurre gli utenti a credere che i file dei loro computer fossero stati eliminati, tramite una finta finestra di dialogo per l’eliminazione di file che non poteva essere interrotta, sebbene nessun file sia stato effettivamente cancellato. Il worm conteneva oltre sessanta messaggi randomizzati visualizzati dagli utenti. Questi includevano “Vota anarchico” e “L’FBI ti sta osservando”. Lo slogan del worm, “Parlate di tempi di pace per tutti, ma poi vi preparate alla guerra“, era tratto dal testo della canzone “Blossom and Blood “dei Midnight Oil, un gruppo rock australiano noto per il suo attivismo politico.

Nel settembre 1991, Assange fu scoperto mentre si intrometteva nel terminal principale di Melbourne di Nortel, una multinazionale canadese di telecomunicazioni. Fu arrestato, si dichiarò colpevole di 24 accuse, fu condannato a pagare risarcimenti per 2.100 dollari australiani e rilasciato su cauzione per buona condotta.

Nel 1993, Assange fornisce la sua consulenza tecnica per assistere l’Unità di sfruttamento minorile della polizia di Victoria per perseguire persone sospettate di coinvolgimento in reati di pornografia infantile su Internet.

In seguito Assange studia programmazione, matematica e fisica alla Central Queensland University e successivamente all’Università di Melbourne. Non ha mai finito la laurea.

NASCITA DI WIKILEAKS

Ora c’è una cosa che è comune alla maggior parte degli hacker: vedono il mondo da una prospettiva diversa. La loro capacità di comprendere ed entrare nel funzionamento di sistemi informatici complessi permette loro di vedere la struttura che si nasconde dietro la superficie. Proprio come un architetto comprende la struttura fisica dell’edificio nascosto sotto una bellissima cattedrale, un hacker comprende il cablaggio dei sistemi digitali. Ciò consente loro di avere accesso alle informazioni reali che strutturano la realtà del nostro mondo digitalizzato. Possono vedere cosa c’è dietro le quinte, vedono la differenza tra le informazioni che vengono presentate al pubblico e ciò che c’è realmente sotto il cofano della macchina. In altre parole, vedono le bugie.

Si possono dire molte cose su Julian Assange ma nel 2006, quando ha co-fondato WikiLeaks, nessuno può negare che fosse guidato da una causa nobile e giusta: quella di esporre al pubblico le bugie che i governi e le figure potenti di tutto il mondo cercavano di nascondere.

WikiLeaks è stato creato come un gruppo anti-segretezza con la dichiarata intenzione di creare una piattaforma che consentisse di rivelare online, in modo sicuro, i documenti trapelati. Tecnicamente WikiLeaks non era altro che un dropbox digitale anonimo che consentiva agli informatori di caricare in modo anonimo le informazioni. Spiritualmente era una testata giornalistica che avrebbe usato queste informazioni per denunciare le ingiustizie di questo mondo. Questo non era mai stato fatto prima e si può dire che tutto ciò che è accaduto dopo è stata un’esplorazione, un esperimento, sulla libertà di parola da parte di un gruppo di guerriglieri.

Nei primi anni della sua esistenza nessuno ha prestato molta attenzione a WikiLeaks. Dopo tutto pubblicavano solo informazioni di paesi lontani, comprese rivelazioni sugli attacchi di droni nello Yemen, la corruzione nel mondo arabo, le esecuzioni extragiudiziali della polizia keniota, i disordini tibetani in Cina e lo scandalo petrolifero “Petrogate” in Perù.

Ma nel 2007 diventano improvvisamente di interesse per le autorità statunitensi dopo che pubblicano le “Procedure operative standard di Camp Delta”, un manuale militare che descriveva le operazioni quotidiane dell’esercito americano nella struttura di detenzione di Guantánamo Bay. Il manuale mostra continui abusi e indica che alcuni prigionieri venivano nascosti ai rappresentanti della Croce Rossa.

Il materiale pubblicato da WikiLeaks tra il 2006 e il 2009 ha attirato vari gradi di attenzione internazionale, ma è solo dopo che hanno iniziato a pubblicare documenti forniti dall’analista dell’intelligence dell’esercito americano Chelsea (nata Bradley) Manning, un giovane soldato scioccato da ciò che vedeva accadere intorno a lei, che WikiLeaks è diventato un nome conosciuto in tutto il mondo.

OMICIDIO COLLATERALE

Il primo dei documenti classificati forniti da Chelsea Manning e rilasciato da WikiLeaks è stato il famigerato video “Collateral Murder”, che mostra soldati degli Stati Uniti uccidere 18 civili da un elicottero in Iraq. Tra questi civili c’erano i giornalisti della Reuters Namir Noor-Eldeen ed il suo assistente Saeed Chmagh.

Dopo aver ricevuto il video, Assange ed i suoi collaboratori lavorano per una settimana per decifrare la crittografia militare del video; e quando ci riescono ciò che vedono scioccherà il mondo.

Il video, registrato il 12 luglio 2007, mostra l’equipaggio di due elicotteri Apache AH-64 statunitensi che sparavano con un cannone da 30 mm su un gruppo di civili a Baghdad, in Iraq.

Nel video si vede un gruppo di uomini che cammina per strada, questo gruppo viene erroneamente considerato dai soldati americani come un gruppo di ribelli. Parte dell’errore è dovuto alle telecamere che i due giornalisti Reuters tengono in mano e che i soldati ritengono siano armi.

Nell’audio del video possiamo sentire l’ordine di ingaggiare dato ed il cannone dell’elicottero che spara. Possiamo anche sentire i soldati americani esultare e ridere e prendere in giro le vittime con tremenda cattiveria e freddezza di cuore; come se stessero giocando ad un videogioco.

Quando il massacro finisce e la sparatoria si calma, vediamo passare un furgoncino civile guidato da Saleh Matasher Tomal. Il signor Tomal parcheggia il furgoncino ed esce per aiutare ed assistere i feriti. È a questo punto che gli elicotteri americani ricominciano a sparare, puntando al furgone e uccidendo il signor Tomal.

Quando l’attacco aereo è finalmente terminato, le truppe di terra statunitensi arrivano sulla scena. Guardano nel furgone e trovano due bambini feriti, il figlio e la figlia del signor Tomal. La bambina non può sbattere le palpebre perché i suoi occhi sono pieni di vetro. Uno dei soldati vuole portarla in un ospedale vicino ma i suoi superiori gli dicono di “smetterla di fare la fighetta”.

Quando la notizia dei bambini feriti viene trasmessa all’equipaggio dell’elicottero, possiamo sentire chiaramente il comandante affermare: “Beh, è ​​colpa loro se portano i loro bambini in battaglia”.

Alla fine l’attacco ha provocato 18 morti, 2 bambini feriti e nessuno dei militari statunitensi è mai stato ritenuto responsabile.

Per Assange era un dovere morale e civile pubblicare il video. Doveva mostrare al pubblico i crimini di guerra che le forze armate statunitensi stavano commettendo in Iraq. Dopotutto questo è ciò per cui WikiLeaks era stato creato: per smascherare le malefatte che i governi commettono a nome nostro. Non ebbe paura ed il 5 aprile 2010 pubblicò il video.

Questo divenne una notizia da prima pagina in tutto il mondo e contribuì notevolmente a cambiare la prospettiva pubblica sulla guerra in Iraq. Assange diventa così un personaggio pubblico, una specie di rockstar ed un simbolo per i manifestanti di tutto il mondo. Ed il governo degli Stati Uniti non lo ha mai perdonato.

Ecco un link al video. Non posso mostrarlo qui ma seguite il link “Watch on Youtube” qui sotto. ATTENZIONE: contiene immagini molto grafiche e sconvolgerà e farà star male qualsiasi essere umano con un’anima.

REGISTRI DI GUERRA IN IRAQ ED IN AFGHANISTAN

Per tutto il resto dell’anno Chelsea Manning continua la sua attività di denuncia e fornisce a WikiLeaks enormi quantità di informazioni.

WikiLeaks procede con un lavoro molto difficile di redazione e organizzazione delle informazioni e nell’ottobre 2010 pubblica i registri della guerra in Iraq, una raccolta di 391.832 rapporti classificati dell’esercito degli Stati Uniti dal campo di guerra in Iraq che coprono il periodo dal 2004 al 2009.

Questo segna la prima volta che Wikileaks lavora in collaborazione con l’informazione di massa. I registri vengono infatti pubblicati anche da giornali come il Guardian, il New York Times e Der Spiegel.

Questi registri sono stati scritti da militari mentre erano in servizio in Iraq. Erano resoconti di cose che avevano visto o sperimentato durante il compimento dei loro doveri militari. Erano una sorta di diari di guerra molto dettagliati. In effetti erano, e sono ancora, la descrizione più accurata di una guerra mai resa pubblica. E la storia che raccontano é una storia di un’indicibile orrore.

In primo luogo divenne evidente che gli Stati Uniti ed i loro alleati stavano nascondendo il numero di vittime civili. I registri segnalano 66.081 morti civili su 109.000 morti registrate. Si tratta di 15.000 morti civili in più rispetto a quanto precedentemente ammesso dal governo degli Stati Uniti.

Poi diventò chiaro che i prigionieri di guerra erano sottoposti a violente torture.

Inoltre i registri confermarono precedenti accuse secondo cui l’esercito americano avrebbe consegnato molti prigionieri all’Iraqi Wolf Brigade (un commando speciale di polizia iracheno) che era stato accusato di aver picchiato prigionieri, torturandoli con trapani elettrici e giustiziato i sospetti.

Il Guardian ha affermato che i registri mostrano che “le autorità statunitensi non hanno indagato centinaia di denunce di abusi, torture, stupri e persino omicidi da parte della polizia e dei soldati iracheni” perché avevano una politica formale di ignorare tali accuse.

I registri dimostrarono anche che l’esercito americano autorizzò un elicottero da combattimento Apache ad aprire il fuoco su ribelli iracheni che stavano cercando di arrendersi e che il personale militare statunitense era stato coinvolto in vari casi di prostituzione minorile.

Quando inizi a pubblicare questo tipo di segreti, i governi iniziano a perdere il controllo della narrativa. Fino a quel momento il governo statunitense aveva venduto alla popolazione americana la storia di una guerra giusta combattuta per sbarazzarsi di un dittatore brutale e disumano nella quale solo pochi civili venivano uccisi. Wikileaks rivelò le loro bugie e l’opinione pubblica iniziò a cambiare. Questo è il potere di WikiLeaks.

Naturalmente tali rivelazioni sono destinate a far infuriare molte persone all’interno del complesso militare statunitense e così fu. Julian Assange diventò improvvisamente il nemico numero uno.

Il governo degli Stati Uniti accusò WikiLeaks di mettere in pericolo vite umane fornendo informazioni sensibili al nemico. È vero che i documenti avrebbero potuto essere redatti meglio, ma vale la pena notare che questa era una “prima volta”: mai prima nella storia dell’umanità una tale quantità di materiale militare sensibile è finita sulla scrivania di un’agenzia di stampa. Vale anche la pena notare che WikiLeaks contattò la Casa Bianca prima di pubblicare i registri e chiese il loro aiuto per redigere le informazioni. La Casa Bianca rifiutò.

Assange ha affermato di sperare che la pubblicazione “corregga alcuni degli attacchi alla verità avvenuti prima della guerra, durante la guerra e che sono continuati dopo la guerra”.

Questa è stata la più grande fuga di notizie di sempre e ha fatto luce sulla lunga lista di crimini di guerra commessi dagli Stati Uniti e dai loro alleati.

Nessuno nell’esercito degli Stati Uniti è mai stato ritenuto responsabile per nulla di tutto ciò.

CABLEGATE

Un mese dopo, il 28 novembre 2010, Assange e il suo team di WikiLeaks erano di nuovo al lavoro pubblicando un quarto di milione di telegrammi diplomatici statunitensi dal 1966 al 2010. Questo divenne noto come “Cablegate”.

Questi telegrammi erano una serie di documenti consistenti in rapporti e analisi scritte da diplomatici statunitensi in tutto il mondo e riconsegnati al Dipartimento di Stato. 100.000 di questi documenti erano contrassegnati come riservati e 15.000 come segreti.

Inizialmente WikiLeaks ha lavorato con organizzazioni di media occidentali affermate, pubblicando i telegrammi su cui si basavano i loro articoli.

I file dimostravano lo spionaggio degli Stati Uniti contro le Nazioni Unite e altri leader mondiali, rivelavano le tensioni tra gli Stati Uniti ed i loro alleati e mostravano la corruzione nei paesi di tutto il mondo contribuendo, tra l’altro, ad innescare la Primavera araba.

Dalle rivelazioni di questi documenti è emerso che tutte le cancellerie occidentali, i segretari dell’Onu, il segretario generale, nella persona di Ban Ki Moon, erano spiati dal governo degli Stati Uniti.

Inoltre, telegrammi hanno rivelato il tipo di pressione politica esercitata dai diplomatici statunitensi sulle loro controparti internazionali. Perché? Nelle parole dello stesso Julian Assange: “Quasi tutte le guerre iniziate negli ultimi 50 anni sono state il risultato di bugie dei media. Le popolazioni non amano le guerre. Devono essere ingannati per dichiarare guerre”.

Una tipica tattica rivelata dai documenti funzionava più o meno così: un diplomatico statunitense scriveva a un politico locale di qualsiasi paese alleato. Diceva qualcosa del tipo: “Abbiamo un problema con l’opinione pubblica del tuo paese: non sembrano sostenere le nostre guerre in Afghanistan o in Iraq. Ho bisogno che tu faccia qualcosa al riguardo. Voglio che organizzi un’intervista sul tuo canale televisivo principale in prima serata. L’intervista verrà fatta ad una donna afgana, la quale racconterà al pubblico una storia di quanto sia stato utile l’intervento militare statunitense per il popolo afghano. Non preoccuparti … provvederemo noi a fornire la donna in questione. Se non lo fai, ci saranno conseguenze.

In breve, il Cablegate ha mostrato al mondo fino a che punto il governo degli Stati Uniti era disposto ad andare per mantenere la sua egemonia sul mondo.

È a questo punto che il governo degli Stati Uniti ha avviato un’indagine su WikiLeaks e Julian Assange con l’accusa di spionaggio.

ALLEGAZIONI SVEDESI

Dopo aver pubblicato il video “Collateral Murder”, Julian Assange divenne una rockstar; era all’apice della sua popolarità ed era diventato un’icona culturale per molte persone in tutto il mondo. Era giovane, di bell’aspetto, sulla prima pagina su tutti i giornali internazionali e considerato un nobile guerriero che lottava ambiziosamente contro il sistema. Era ammirato e desiderato ed in ugual misura odiato e disprezzato.

Nell’agosto 2010 riceve un’invito a recarsi a Stoccolma, in Svezia, per tenere un discorso. La donna che organizza l’evento gli propone di soggiornare nel suo monolocale con una sola camera da letto. Gli dice che sarà via durante il suo soggiorno e che lui può avere l’appartamento per sé. Julian accetta.

Ma quando arriva in Svezia la donna, 31 anni, cambia il suo programma, dice ad Assange che non se ne andrà più e invita Assange a rimanere comunque a casa sua. Julian accetta l’offerta. Una cosa tira l’altra e hanno un rapporto sessuale consensuale.

Alcuni giorni dopo Assange incontra una seconda donna, di 26 anni. A detta di tutti è una fan di Assange. Una cosa tira l’altra e hanno un rapporto sessuale consensuale.

Quello che Assange non sa è che le due donne si conoscono. Quando le due donne scoprono che è andato a letto con entrambe, lo denunciano alla polizia il 20 agosto 2010. Riferiscono che Assange aveva avuto rapporti sessuali non protetti con loro che presumibilmente violavano la portata del loro consenso (secondo quanto dicono volevano che lui usasse un preservativo e lui non l’avrebbe fatto). Una delle donne, inoltre, accusa Assange di aver avuto rapporti sessuali non protetti con lei (dopo il loro primo incontro sessuale) mentre dormiva. È importante capire che tutto ciò che vogliono è che la polizia costringa Assange a fare un test per malattie sessualmente trasmissibili. La polizia dice loro che non possono obbligare Assange a fare questi test, ma che le loro dichiarazioni verranno date ad un pubblico ministero. NESSUNA accusa di stupro è stata mai fatta. Julian viene interrogato, il caso è chiuso, gli viene detto che può lasciare il paese e lui torna nel Regno Unito.

Nel novembre 2010, tuttavia, il caso viene riaperto da un procuratore speciale che afferma di voler interrogare Assange su due capi di molestie sessuali, uno di coercizione illegale e uno di “stupro di grado minore”. Questo è l’inizio di la battaglia legale che Assange ha combattuto da allora.

È interessante sottolineare che nel 2019 il Relatore speciale delle Nazioni Unite sulla tortura, Nils Melzer ha indagato sulle accuse di stupro contro Assange e ha affermato di non aver mai visto un caso analogo in cui una persona è stata sottoposta a nove anni di indagini preliminari per stupro senza che delle accuse fossero presentate. Ha detto che gli avvocati di Assange hanno fatto oltre 30 offerte per organizzare la visita di Assange in Svezia in cambio della garanzia che non sarebbe stato estradato negli Stati Uniti e ha descritto tali assicurazioni diplomatiche come pratica internazionale di routine. Melzer ha criticato i pubblici ministeri svedesi, tra le altre cose, per aver presumibilmente modificato le dichiarazioni di una delle donne senza il suo coinvolgimento in modo da farlo sembrare un possibile stupro. Melzer descrive l’indagine svedese sullo stupro come “abuso di procedimenti giudiziari volti a spingere una persona in una posizione in cui non è in grado di difendersi”.

Il 19 novembre 2019 il procuratore Eva-Marie Persson chiude il procedimento penale svedese contro Julian Assange senza sporgere accuse formali. Annuncia di aver interrotto le sue indagini, dicendo che le prove non erano abbastanza forti.

FINE DELLA PRIMA PARTE

TUTTO QUELLO CHE AVRESTE VOLUTO SAPERE SUL COVID* (*MA NON AVETE MAI OSATO CHIEDERE) – TERZA PARTE

Dal Film “Il lupo di Wall Street” di Martin Scorsese

RAPIDO SOMMARIO DELLA SECONDA PARTE

  • Siamo in guerra! Non contro un virus ma contro un pensiero.
  • Le due parti in lotta sono il neoliberismo ed il costituzionalismo.
  • Dopo la rivoluzione russa nell’ Ottobre del 1917, il sistema economico noto come capitalismo fu tenuto a bada da una realtà alternativa chiamata comunismo.
  • Questo si è tradotto, in Occidente, nella paura, dei leader politici e dell’industria, che i lavoratori potessero “diventare rossi”. E questo significò che i lavoratori dovevano essere tenuti contenti.
  • Quando il muro di Berlino è caduto e l’Unione Sovietica è crollata, non c’era più bisogno che il capitalismo fosse così generoso.
  • Negli anni ’90 le forze di mercato hanno cominciato a regnare sovrane.
  • Invece del trionfo della democrazia, abbiamo assistito al trionfo delle élite.
  • Una delle prime cose ad essere state ridotte dal sistema di welfare è stata l’assistenza sanitaria.
  • Negli ultimi dieci anni la sanità pubblica italiana è stata vittima di tagli finanziari per 37 miliardi di euro.
  • Ci sono solo due possibili spiegazioni per il modo in cui i governi hanno affrontato la crisi: totale inettitudine e idiozia o connivenza con intenti criminali.
  • La pratica di bloccare interi paesi avrà enormi conseguenze a breve, medio e lungo termine.
  • Secondo le Nazioni Unite, i blocchi potrebbero mettere a grave rischio i mezzi di sussistenza di 1,6 miliardi di persone e potrebbero spingere altri 150 milioni di bambini nella povertà.
  • Secondo le Nazioni Unite, a causa del “Great Lockdown”, 207 milioni di persone potrebbero cadere in condizioni di estrema povertà.
  • Il 2020 è “il peggior anno di crisi umanitaria dall’inizio delle Nazioni Unite” 75 anni fa.
  • La paura è stata diffusa dai cosiddetti media mainstream (informazione di massa), la grande fonte del terrore.
  • La paura è il grande ostacolo che blocca tutti gli altri sentimenti, specialmente la capacità di ragionare.

LE REGOLE DEL GIOCO

Qualsiasi buon investigatore vi dirà che esistono diverse tipologie di prove. Esistono prove statistiche, prove aneddotiche, prove storiche, prove circostanziali e prove definitive (la cosiddetta “pistola fumante”).

Ogni singolo elemento di prova non può essere compreso indipendentemente e deve essere contestualizzato all’interno del paradigma creato dal più ampio corpo di prove. In altre parole: un’informazione in sé potrebbe essere insignificante; è solo accumulando, confrontando e facendo riferimenti incrociati delle prove che potremmo iniziare a vedere il quadro più ampio e quindi fare piccoli passi verso la verità.

Questo ovviamente dovrebbe essere il lavoro di ogni giornalista serio, curioso ed onesto. Proprio come un’investigatore, un giornalista deve cercare i dettagli nel tentativo di mettere insieme l’immagine finale del puzzle.

Purtroppo oggi la maggior parte dei giornalisti demonizza la curiosità di coloro con i quali non sono d’accordo per evitare il difficile compito di spiegare come le accuse siano “infondate” o “cospirazioniste”.

Secondo me essere cospirazionisti è una qualità dell’intelligenza perché ti obbliga, per curiosità e per dovere morale e civile, a guardare dietro le quinte, al di là della propaganda e del velo delle apparenze.

Infine dobbiamo tenere a mente (lo dico principalmente a me stesso) che le prove aggregate non costituiscono necessariamente una prova definitiva.

Quello che segue è quindi un tentativo di fare un ulteriore passo avanti per guardare da lontano la crisi del Coronavirus, cercando di mettere insieme le prove a nostra disposizione, sapendo fin troppo bene che queste non costituiscono necessariamente una prova legale (per il momento).

In altre parole, il seguente è un esercizio di ragionamento filosofico e politico.

ORIGINI

Cosa sappiamo per certo finora? Affermiamo l’ovvio: un nuovo virus ha fatto la sua comparsa sul nostro pianeta. Riguardo alle sue origini, solo tre opzioni sono sul tavolo: un evento naturale (la teoria della zuppa di pipistrello), un errore umano (la teoria dell’incidente di laboratorio) ed un rilascio deliberato del virus (la teoria dell’arma biologica). Tutte e tre le teorie devono essere prese in considerazione con quasi uguali livelli di serietà e possibilità. Vale la pena notare che questa discussione è stata abbandonata abbastanza rapidamente e senza prove definitive nella conversazione pubblica. Questo è molto strano. Sarebbe come se un detective rinunciasse a cercare l’assassino e le sue motivazioni mentre stringe le spalle dicendo “oh beh, la vittima è morta comunque… che me ne importa?!”.

Vale la pena notare che ad oggi siamo in una situazione di “lui ha detto, l’altro ha detto”. La maggior parte degli scienziati tradizionali difende la teoria della “zuppa di pipistrello”. Fadela Chaib, una portavoce dell’OMS, ha affermato: “È probabile, possibile, che il virus sia di origine animale”. Si é unito a lei Richard Ebright, professore di biologia chimica alla Rutgers University: “Sulla base del genoma e delle proprietà del virus, non vi è alcuna indicazione che si tratti di un virus ingegnerizzato”.

Poi c’è, tra gli altri, il professor Luc Montagnier, vincitore del Premio Nobel per la Medicina nel 2008 per aver “scoperto” l’HIV come causa dell’epidemia di AIDS, il quale sostiene che il SARS-CoV-2 è un virus manipolato (prodotto dall’uomo). Il professore difende la “teoria dell’incidente di laboratorio” ed accusa il laboratorio di Wuhan di aver rilasciato accidentalmente il virus. Afferma che i ricercatori cinesi hanno utilizzato i coronavirus nel loro lavoro per sviluppare un vaccino contro l’AIDS. Afferma inoltre che frammenti di HIV RNA sono stati trovati nel genoma della SARS-CoV-2.

Ha detto: “Con il mio collega, il bio-matematico Jean-Claude Perez, abbiamo analizzato attentamente la descrizione del genoma di questo virus a RNA” e ha formulato la sua teoria sulla base di questo studio.

Vale la pena notare che altri hanno già esplorato questa strada: ricercatori indiani hanno già provato a pubblicare i risultati delle analisi che hanno mostrato che questo genoma del coronavirus conteneva sequenze del virus dell’HIV (virus dell’AIDS), ma sono stati costretti a ritirare i loro risultati poiché la pressione del mainstream era troppo grande.

Se questo fosse vero, vale la pena considerare che per inserire una sequenza di HIV in un genoma, sono necessari strumenti molecolari e ciò può essere fatto solo in laboratorio.

Finora non è possibile trovare affermazioni serie per la teoria “dell’arma biologia” (se sapete qualcosa che non conosco, sarei felice di esserne messo al corrente). Ciò non significa che questo sia impossibile, semplicemente che, al momento, è l’opzione meno probabile. Potrei provare a difendere questa teoria come esercizio mentale ma penso che, per il momento, sarebbe una perdita di tempo.

Comunque sia, che si tratti di un evento naturale, un errore umano o un attacco biologico deliberato (semplicemente non lo sappiamo per certo), è innegabile che il virus sia stato (è) utilizzato per una riorganizzazione generale della società e del governo in una svolta autoritaria senza precedenti del capitalismo.

IL GIGANTE CON I PIEDI D’ARGILLA

Facciamo un piccolo passo indietro per analizzare la situazione socio/economica pre Covid19.

Gran parte del mondo occidentale stava vivendo una profonda crisi del capitalismo neoliberista. L’economia del “libero mercato” (uso le virgolette perché il “libero mercato” è una chimera, pura illusione, non è mai esistito e mai esisterà) poggiava su basi fragili prima del virus. Il virus non era la causa, ma piuttosto lo spillo che ha forato la bolla.

Certo, la ricchezza finanziaria globale totale è aumentata di quasi 3 volte dal 1990, da $80 trilioni a $225 trilioni. Ma questa massiccia accumulazione di ricchezza poggiava sulla base molto debole del debito. Il mondo non ha creato alcuna ricchezza netta. Invece la ricchezza è stata semplicemente gonfiata artificialmente dalla creazione di credito e dalla stampa di moneta di uguale ammontare.

Dal 2000 ad oggi sono stati creati 200 trilioni di dollari di debito globale. Il 66% è composto da debito di basso livello e bassa qualità (cioè molto rischioso, che probabilmente non verrà mai ripagato). Inutile dire che il rischio di implosione era, ed è ancora, enorme.

Una parte importante del debito di 150 trilioni di dollari creato dalla grande crisi finanziaria, iniziata nel 2008, è rimasta alle banche e non è andata ai consumatori o all’industria. Questo è ciò che accade quando la strategia economica primaria dei governi e delle banche centrali consiste nel creare denaro dal nulla e poi questi fondi vengono utilizzati per sostenere il mercato azionario (il giocattolo delle élite) piuttosto che sostenere l’economia reale ed i bisogni delle persone.

In altre parole l’eccessiva finanziarizzazione (nell’interesse di pochi) delle nostre economie occidentali ha reso il sistema economicamente insostenibile e l’intero castello di carte stava per crollare.

Inoltre, era diventato sempre più chiaro alla maggior parte delle persone che i vincitori di tale sistema erano sempre meno (il famigerato 1%) a scapito delle masse. Il blocco oligarchico del capitalismo internazionale stava perdendo consensi e ovunque regnava un clima di insoddisfazione. Movimenti di protesta (Occupy Wall Street negli Stati Uniti, Gilets Jaunes in Francia …), l’ascesa del cosiddetto “populismo” in tutta Europa, il forte NO alle modifiche della Costituzione in Italia (cambiamenti voluti esplicitamente dal potere finanziario internazionale) l’appello di grande successo per una società più socialista di Bernie Sanders, la vittoria di Trump su Clinton (percepita da molte persone, a torto o a ragione, non è questo il punto, come vettore di cambiamento nello status quo), Brexit e così via, erano tutti chiari segnali di richieste di cambiamento nel paradigma. In altre parole, le persone stavano cominciando a rendersi conto che il capitalismo neoliberista era (è) la vera pandemia e che il cambiamento era (è) necessario.

E poi è arrivato il Covid e con esso la possibilità di nascondere tutto questo sotto il tappeto. L’imminente crisi finanziaria poteva essere attribuita al virus (e non all’avidità dei capitalisti e all’intrinseca ingiustizia del sistema) e tutti quei fastidiosi manifestanti che vagavano per le strade sarebbero presto stati rinchiusi nelle loro case.

UNO DEI PIÙ GRANDI TRASFERIMENTI DI RICCHEZZA DELLA STORIA

Vi ricordate come uno dei mantra durante questa crisi è stato “Siamo tutti sulla stessa barca”? Beh, non é vero! Ad esempio, i miliardari del mondo hanno fatto grandi guadagni durante la pandemia, facendo crescere le loro già enormi fortune aggregate fino ad un record di $10,2 trilioni.

Un rapporto della banca svizzera UBS ha rilevato che i miliardari nel mondo hanno aumentato la loro ricchezza di oltre un quarto (27,5%) al culmine della crisi da Aprile a Luglio, proprio mentre milioni di persone in tutto il mondo hanno perso il lavoro.

Solo negli Stati Uniti per un periodo di circa sette mesi a partire da metà Marzo – una settimana dopo che il presidente Trump ha dichiarato l’emergenza nazionale – i 614 miliardari americani hanno aumentato il loro patrimonio netto di 931 miliardi di dollari. Allo stesso tempo, quattro americani su dieci non avevano abbastanza contanti nei loro conti bancari per coprire una spesa imprevista di 400 dollari (diciamo medica?) e più di 40 milioni di americani hanno presentato istanza di disoccupazione.

Nella splendida patria del capitalismo, la Small Business Administration (un’agenzia governativa degli Stati Uniti che fornisce supporto agli imprenditori e alle piccole imprese) ha messo a disposizione delle piccole imprese 349 miliardi di dollari con il Paycheck Protection Program. Ma, proprio come nel 2008 e con l’intera truffa del “too big to fail”, 243 milioni di dollari sono stati raccolti da grandi società quotate in borsa, alcune delle quali valutate oltre 100 milioni di dollari. Anche gli hedge fund hanno presentato richieste per cercare di attingere a ciò che vedevano come denaro gratuito.

Ovviamente è stato di grande ulteriore aiuto per i nostri amici miliardari il fatto che ogni sostanziale pezzo di legislatura sul Covid 19, emanate in tutto il mondo, abbiano danneggiato le piccole imprese, avvantaggiando le grandi compagnie. Ciò indica, come minimo, un’ostinata indifferenza da parte dei legislatori alla difficile situazione delle piccole imprese, ma più probabilmente, uno sforzo consapevole per svantaggiare le piccole imprese a vantaggio delle multinazionali. Come correttamente sottolineato da un analista americano: “A meno che i nostri politici non siano deplorevolmente incompetenti, l’intento della politica non può essere separato dal suo effetto. E l’effetto della politica Covid19 sulle piccole imprese è stato devastante.”

Negli Stati Uniti tre persone sono i veri vincitori del più grande trasferimento di ricchezza della storia. E sono (rullo di tamburi)…

Terzo posto: Mark Zuckerberg (Facebook) con un patrimonio netto stimato pre-pandemia di $54,7 miliardi ha visto la sua ricchezza crescere di $46,5 miliardi (+ 85,1%) per raggiungere i $101,2 miliardi. Come quasi tutte le altre società quotate in borsa, il prezzo delle azioni di Facebook è sceso precipitosamente quando il Covid 19 ha colpito, da oltre $220 per azione a Febbraio a meno di $150 per azione a Marzo. Ma a Maggio, le azioni di Facebook hanno raggiunto livelli record e le azioni valevano oltre $276 per azione a metà Ottobre.

Secondo posto: Elon Musk (Tesla) con un patrimonio netto stimato pre-pandemia di $24,6 miliardi ha visto la sua ricchezza crescere di $68,2 miliardi (+ 277,4%) per raggiungere i $92,8 miliardi. Proprio come il signor Zuckerberg, il signor Musk ha fatto tutti questi soldi in borsa. Il 18 Marzo, le azioni Tesla valevano $72 per azione. Il 13 Ottobre, valeva oltre $440 per azione e da allora ha continuato ad aumentare fino ad oltre $500.

E il vincitore è: Jeff Bezos (Amazon) con un patrimonio netto stimato pre-pandemia di $113,0 miliardi ha visto la sua ricchezza crescere di $90,1 miliardi (+ 79,8%) per raggiungere i $203,1 miliardi. Il motivo è facile da immaginare: con un’intera economia ferma, le piccole imprese costrette a chiudere ed il divieto di uscire le persone hanno finito per fare acquisti online. Ovviamente il fatto che il signor Bezos abbia pagato $0 di tasse per due anni consecutivi (2017/18) e che quando il conto è finalmente arrivato nel 2019, ha pagato solo $162 milioni allo Stato Americano, un misero 1,2% del reddito dell’azienda quell’anno, ha aiutato un pochetto nel creare la sua fortuna (ma questa è un’altra storia).

Parte di ciò che ha reso possibile tutto questo è stato il rimbalzo del mercato azionario. Durante la chiusura dell’economia i mercati sono crollati ma sono risaliti rapidamente. Il viaggio dal livello record a un mercato ribassista a un nuovo record ha richiesto solo 126 giorni di negoziazioni, la salita più veloce di sempre. Quando il mercato azionario si è ripreso, l’ineguaglianza di ricchezza ha significato che i ricchi e i potenti avevano ancora soldi da investire e quindi hanno guadagnato, mentre le classi medie e inferiori no. Per citare Yanis Varoufakis: “Uno dei segreti che il 2020 ha portato allo scoperto è stato che le montagne di concentrazione di ricchezza privata che osserviamo hanno ben poco a che fare con l’imprenditorialità. Non ho dubbi che Jeff Bezos, Elon Musk o Warren Buffett abbiano un talento per fare soldi e conquistare i mercati. Ma solo una piccola percentuale del loro bottino accumulato è il risultato della creazione di valore.”

In altre parole, gli ulteriori $931 miliardi di miliardari accumulati non sono il risultato di alcuna innovazione o ingegnosità che ha generato ulteriori profitti. Si sono arricchiti nel sonno, per così dire, quando le banche centrali hanno inondato il sistema finanziario con denaro artificiale che ha fatto salire alle stelle i prezzi delle attività, e quindi la ricchezza dei miliardari. Come ha sottolineato un commentatore: “Più grande è il business, più sposta le medie principali, e questo è importante perché questa è la prima recessione in cui le grandi imprese stanno uscendo praticamente indenni, anzi ci stanno guadagnando”. Tutto questo mentre l’economia reale (le piccole e medie imprese) veniva massacrata.

Vale la pena considerare che tali ricchezze equivalgono a una fortuna quasi impossibile da spendere in più vite di lusso assoluto. Chiunque accumuli ricchezze di questa scala potrebbe facilmente permettersi di aumentare la paga dei dipendenti che generano la loro ricchezza, o contribuire molto di più in tasse per sostenere servizi pubblici vitali, pur rimanendo molto ben ricompensati per qualsiasi successo abbiano ottenuto. Ma è chiaro a tutti che non lo fanno. Non vogliono e non lo faranno mai a meno che non siano costretti.

Il fatto che la ricchezza dei miliardari sia aumentata così tanto in un momento in cui centinaia di milioni di persone in tutto il mondo stanno soffrendo potrebbe (DEVE!) portare alla rabbia pubblica e politica. Per loro c’è un grosso rischio di essere individuati dalla società come responsabili, e che la plebe li insegua con forconi e torce, per così dire, e ne sono molto consapevoli (e molto spaventati).

PRENDI I SOLDI E SCAPPA

Come abbiamo appena visto, i primi a trarre profitto dalla pandemia del Coronavirus sono stati i miliardari, ma non sono gli unici.

Il secondo ovvio vincitore è il cosiddetto Big Pharma poiché, come al solito, hanno deciso di anteporre il profitto ad una efficace risposta medica. La pandemia di Coronavirus è per loro un’opportunità di profitto senza precedenti, per l’ovvia ragione per cui quasi tutti sulla Terra sono destinati a diventare un cliente di qualche tipo. “Il potere del settore combinato con la paura sta guidando una spesa straordinaria”, afferma il rappresentante degli Stati Uniti Lloyd Doggett.

La storia più significativa della risposta scandalosa di Big Pharma alla crisi è la storia del Remdesivir.

In breve: Gilead, una società con una capitalizzazione di mercato di oltre $90 miliardi (che la rende più grande di Goldman Sachs) sviluppa un farmaco antivirale con l’aiuto di $99 milioni in fondi del governo americano (ricordatevi sempre che quando parliamo di Big Pharma il pubblico paga la maggior parte della ricerca e della produzione. Solo i profitti sono privatizzati). Non essendo stato approvato come trattamento per l’epatite e l’Ebola, è stato per circa tre mesi il prodotto più richiesto al mondo perché venduto come cura per Covid (è interessante notare che durante questi tre mesi Gilead ha speso quasi 2,5 milioni di dollari in attività di lobbying). Il prezzo del Remdesivir era di “miseri” $3.120 per ciclo di trattamento (6 giorni) per paziente. L’Institute for Clinical and Economic Review (ICER) ha riferito che preparare ogni dose costa solo $10 in materie prime e viene prodotta genericamente in Bangladesh. Gilead ha finito per vendere centinaia di migliaia di dosi. Il governo americano ha acquistato più di 500.000 dosi, che è l’intera produzione di Gilead per luglio e il 90% di agosto e settembre. Ovviamente in ottobre l’OMS ha annunciato che il Remdesivir aveva “poco o nessun effetto” nel trattamento del Covid-19.

Vi scongiuro! Quando si parla Big Pharma, tenete sempre presente che dovete riporre lo stesso grado di fiducia nelle loro promesse che porreste in un qualsiasi altro venditore (anzi forse meno perché ne potrebbe valere della vostra vita).

Per quanto riguarda i vaccini, dobbiamo solo sottolineare che i loro ricavi e profitti sono saliti alle stelle ad oltre 60 miliardi all’anno entro il 2020. Ogni nuovo vaccino vale circa un miliardo di dollari.

Infine chiudo questo capitolo con il dottor Kamran Abbasi, direttore esecutivo del British Medical Journal ed editore del Journal of the Royal Society of Medicine (non esattamente un teorico della cospirazione). Ha detto: “La scienza viene soppressa per ragioni politiche e finanziarie. Il Covid-19 ha causato una corruzione statale su larga scala dannosa per la salute pubblica. I politici e l’industria sono responsabili di questa opportunistica appropriazione indebita. Come lo sono scienziati ed esperti di salute. La pandemia ha rivelato come sia possibile manipolare il complesso medico-politico in un momento in cui è molto importante salvaguardare la scienza “.

Parlando di corruzione politica … in una nota a margine penso sia interessante mettere a verbale (potrebbe rivelarsi un’informazione utile nei mesi a venire) che Joe Biden ha guidato il gruppo tra i destinatari di contributi dall’industria sanitaria e farmaceutica durante la sua campagna elettorale.

CUI PRODEST?

Mi rendo conto che queste informazioni sono sufficienti per far infuriare quelli di noi che ancora hanno un’anima, eppure, cari amici, dobbiamo continuare a scendere in questa tana di coniglio di fango se vogliamo iniziare a mettere insieme questo brutto quadro d’insieme. Dobbiamo porci la domanda più importante: cui prodest? Chi ci guadagna da tutto questo?

Come abbiamo appena visto, ci sono enormi incentivi finanziari dietro questa crisi, ma questi potrebbero essere classificati come marci avvoltoi umani (mi scuso con i veri avvoltoi) che usano il sistema capitalista in un momento di crisi per fare un po’ di grana. La vera domanda deve essere: chi ci guadagna a lungo termine?

Se si guarda alle lezioni della storia, pare ovvio che privare le masse dell’autodeterminazione è sempre stato il sogno erotico delle élite. Che si combatta contro faraoni, cesari, imperatori o capitalisti miliardari, la lotta delle masse è sempre stata una lotta per la libertà e la lotta delle élite è sempre stata una lotta per impedirla.

È interessante notare (sono sicuro che vi sia passato per la testa) che tutte le misure sanitarie sono anche inequivocabilmente politiche in senso autoritario e tutte tendono alla realizzazione dei desideri delle élite. Ad esempio il distanziamento sociale (un vecchio sogno del capitalismo), il divieto di raduno (l’ultima volta che è stato attuato in Italia è stato durante le “leggi fascistissime”), ed, in Italia, almeno 9 articoli della Costituzione sospesi. Pertanto, è impossibile riunirsi, discutere, contestare, organizzare rivolte, movimenti politici… tutto ciò che è consentito è soggiogarsi al potere. Tutta l’attività politica al di fuori della narrativa ufficiale è stata de facto congelata. Stalin sarebbe orgoglioso!

Questo non è attuato solo a livello politico ma anche a livello sociale. Dobbiamo considerare in questo contesto la profonda e costante spinta verso una contactless society (società senza contatto), una società digitalizzata senza interazione umana. Lavoro online, finanza online, insegnamento online, appuntamenti online… vale la pena notare che tutte queste attività perdono tutto il significato umano senza interazione fisica.

Il telelavoro, per esempio, distrugge il confine tra il tempo della vita e il tempo del lavoro. Il capitalismo si insinua nelle nostre case, trasformandole in un luogo di produzione. Scompare la capacità di aggregazione dei lavoratori e quindi la possibilità di organizzare proteste (quelle che hanno portato alla conquista dei diritti sociali e sindacali). Il lavoro online segna la fine dell’esperienza lavorativa collettiva (questo è il sogno più antico delle élite capitaliste).

Il tele-insegnamento, o meglio l’insegnamento senza esperienza umana, è la morte dell’educazione. Una parte importante di ciò che rende l’istruzione così importante è l’incontro e la mescolanza di individui in un contesto culturale. In una scuola non è solo la conoscenza che cerchiamo, ma anche l’interazione sociale di culture, visioni e idee diverse. In altre parole a scuola impariamo come diventare cittadini efficaci. L’insegnamento online offre conoscenza ma non cultura. Può solo creare studenti che siano tecnicamente altamente efficienti ma completamente ignoranti nei modi del mondo (un altro sogno delle élite capitaliste: lavoratori altamente efficienti e altamente asociali).

Gli appuntamenti online e tutte le altre attività sociali online equivalgono a poco più che masturbazione e servono alla continua spinta al materialismo e al nichilismo dell’Occidente. Una spinta che vuole farci credere in nient’altro al di fuori della materia e del corpo (niente ideali, niente trascendenza, niente speranza, niente immaginazione) e ci chiede di tornare ad uno stato animale. Creando così una massa di atomi amorfi senza connessioni tra loro.

In breve, la distruzione capitalista ha raggiunto il suo obiettivo finale. Siamo pronti e disposti a rinunciare alla nostra dignità di uomini e non diventare altro che macchine da reddito.

“Ma c’è un virus mortale!” vi sento replicare. Diego Fusaro, filosofo italiano, osserva: “Questa è proprio la forza del nuovo paradigma terapeutico: nasconde la sua natura politica dietro la presunta oggettività della scienza medica (ovviamente mentre scredita qualsiasi scienziato che differisca dalla narrazione ufficiale – non esattamente un metodo di dibattito scientifico)”.

Vale anche la pena considerare che tutto ciò che sta accadendo assomiglia stranamente al più antico degli stratagemmi usati da tutti i dittatori: dichiarare un’emergenza, sospendere leggi e diritti ed emanare regole di condotta arbitrarie per giustificare l’appropriazione di poteri assoluti.

Ma potrei sbagliarmi e non abbiamo ancora prove definitive, quindi continuiamo a scavare ponendoci alcune domande. Se tutte le misure che sono state prese esistono solo all’interno del paradigma dell’emergenza, quanto durerà l’emergenza? E quando la minaccia Covid finirà (se mai finirà), i poteri assoluti del governo verranno automaticamente restituiti ai cittadini? Ma soprattutto, i “dispositivi di emergenza” si imporranno nella nostra vita quotidiana a lungo termine?

Un buon indicatore per rispondere a queste domande è la risposta politica dopo l’11 settembre. L’emergenza è ancora in corso 20 anni dopo, i poteri governativi messi in atto per rispondere all’emergenza terroristica non sono stati restituiti alle persone e i “dispositivi di emergenza” che avrebbero dovuto essere provvisori si sono effettivamente fatti strada nella nostra vita quotidiana ( i controlli aeroportuali sono solo uno sciocco esempio). 20 ANNI DOPO!!!

In realtà questo non è l’unico parallelo che possiamo tracciare tra l’11 settembre e il Covid-19. Dopo l’11 settembre eravamo tutti da considerare potenziali terroristi. Oggi, dopo il Covid-19, siamo tutti potenziali untori. Entrambe le narrazioni aiutano a imporre una società disciplinare di controllo totale in cui tutti devono essere trattati come un potenziale pericolo.

Mi sembra imperativo porci questa domanda: possiamo violare la costituzione (e buttare via i diritti che i nostri antenati hanno impiegato secoli per conquistare) in nome della lotta al virus?

Secondo alcuni in tempo di crisi è necessario mettere da parte la democrazia. E questo non è incostituzionale perché queste misure esistono solo nel momento della crisi. Ma cosa succede se l’emergenza non finisce, se continua all’infinito? Alcuni virologi hanno già dichiarato apertamente che il virus rimarrà con noi per molti anni, forse per sempre. In pratica, la costituzione viene aggirata.

Come ha sottolineato Diego Fusaro: “È interessante come la classe dirigente abbia utilizzato l’emergenza Covid per creare una specifica razionalità politica che, in nome dell’emergenza sempre rinnovata, rinnova e rende croniche le misure di emergenza. Hanno assicurato che ciò che è politicamente inaccettabile nella normalità diventa politicamente inevitabile con l’emergenza”.

IL GRANDE RINNOVAMENTO

Per fare un ulteriore passo verso un quadro più chiaro della crisi Covid vi invito a seguire un ragionamento logico di tipo “causa e conseguenza”. Funziona in questo modo:

Appare un virus = i governi decidono di bloccare interi paesi = le piccole e medie imprese sono costrette a chiudere ma le multinazionali e le istituzioni finanziarie no = distruzione dell’economia reale, proliferazione del mercato finanziario e prosperità di grandi aziende = tremenda povertà da una parte e ulteriore concentrazione di ricchezza dall’altra = i governi intervengono con l’aiuto finanziario delle persone = più dipendenza dal governo delle persone e più debito = più austerità in arrivo = privatizzazione dell’economia e delle infrastrutture = più profitti e potere per le multinazionali e le grandi ricchezze = maggiore controllo da parte del governo e del privato sulla popolazione = rispetto rigoroso di ciò che il governo vuole dalle persone per qualificarsi per gli aiuti finanziari.

Ed ecco fatto signore e signori! È nata una nuova dittatura! La crisi Covid ha permesso alla classe dirigente (il famigerato 1% – anche se in realtà dovremmo dire lo 0,001%) di avviare proattivamente una demolizione controllata dell’economia globale che sta per arricchire notevolmente i suoi membri, mentre l’inevitabile collasso spontaneo li avrebbe spazzati via.

È sempre necessario distruggere il vecchio per introdurre il nuovo. Una demolizione controllata dell’economia globale apre la strada al “Grande reset” attualmente promosso dal Forum economico mondiale, dalla Fondazione Bill e Melinda Gates, dal Fondo monetario internazionale e da altri importanti attori globali.

Probabilmente avete sentito parlare del termine “grande reset”, si tratta di una proposta politica ed economica fatta, in particolare, da Klaus Schwab e dai suoi amici del World Economic Forum (WEF) di Davos per contare e quindi gestire e controllare in modo efficiente tutte le risorse, comprese le persone, su una scala senza precedenti, con una precisione digitale senza precedenti. Ovviamente l’idea viene venduta come un’impresa filantropica (non è sempre così?) mirata a migliorare i nostri sistemi sociali, ridurre la scarsità di cibo, la fame e le malattie e combattere il cambiamento climatico (tutte cose che qualsiasi essere umano normale desidera). Ma in realtà non è un grande cambiamento di paradigma, ma un disperato tentativo di ristrutturare il sistema capitalista per durare nel tempo. Una riorganizzazione interna dei mezzi di produzione per accelerare e rafforzare i suoi processi.

Vandana Shiva, la grande attivista ambientale indiana e autrice anti-globalizzazione lo ha descritto al meglio: “Il grande reset intende essere il mantenimento ed il potenziamento della macchina di estrazione aziendale e la proprietà privata della vita”.

In altre parole, il “grande reset” non è altro che un “grande rinnovamento” del capitalismo neoliberista. Klaus Schwab, fondatore del Forum, ha avvertito: “Il mondo deve agire congiuntamente e rapidamente per rinnovare tutti gli aspetti delle nostre società ed economie, dall’istruzione, ai contratti sociali, alle condizioni di lavoro. Ogni paese, dagli Stati Uniti alla Cina, deve partecipare ed ogni settore, petrolio, gas, tecnologia, deve essere trasformato “.

Questa citazione del signor Schwab mi ricorda un’altra citazione di un altro suo collega germanofono… Adolf Hitler, quando disse: “Non mi interessa la politica. Mi interessa cambiare lo stile di vita delle persone”.

Una pubblicità che promuoveva il “Grande reset” è circolata per un po‘ sul sito web del WEF (ora è stata rimossa). L’incipit della pubblicità diceva: “Entro il 2030 non possederai nulla ma sarai felice“. È adorabile e sono sicuro che la signorina Thunberg ne sia molto felice. Personalmente ho una semplice domanda: se non possederemo nulla, chi sarà proprietario dei mezzi di produzione di ciò che consumeremo? Lascio la risposta alla vostra immaginazione.

Il grande rinnovamento (o Great Reset) non è altro che l’ultimo disperato tentativo globalista per convincere un mondo sempre più scettico che le stesse persone che hanno creato il modello post-1945 di globalizzazione, iper-finanziarizzazione, capitalismo neoliberale, guidato dal FMI e da mega-corporazioni sovranazionali, responsabili della distruzione del benessere sociale, del progressivo abbassamento del tenore di vita nei paesi industrializzati, del trasferimento del lavoro in paesi con manodopera a basso costo (leggi schiavi moderni), del neocolonialismo, della distruzione dell’ambiente, della distruzione dell’agricoltura tradizionale a favore dell’agroalimentare chimico, dello smisurato armamento del nostro pianeta, della costante invasione militare di paesi che hanno osato sognare sogni diversi, dell’assassinio di innumerevoli uomini, donne e bambini in tutto il mondo saranno ora a capo di un’iniziativa umanitaria che dovrebbe correggere i loro abusi e creare un mondo bello ed equo per tutti. Sarebbe molto ingenuo, pericoloso e stupido da parte nostra crederlo. E se lo facessimo, se cadremo nella loro trappola, tutto ciò che accadrà dopo sarà colpa nostra.

UNA QUALCHE FORMA DI SOCIALISMO O NEO-FEUDALISMO

Nel paese più ricco del mondo, gli Stati Uniti, 45.000 persone muoiono ogni anno semplicemente per la mancanza di copertura sanitaria. La principale causa di morte dei bambini sul pianeta, nonostante tutto il nostro potere tecnologico, è rimasta la fame. Questo quando le risorse attuali sono sufficienti, secondo l’Unicef, per sfamare 10 miliardi di persone sui 7,7 miliardi che abitano il pianeta.

Questo è il capitalismo neoliberista, baby, e se vi va bene cosi sono sorpreso che abbiate continuato a leggere fino a questo punto. Se invece non vi va bene, tenete presente che l’intera storia dell’umanità è una successione di paradigmi in cui alcuni uomini lottano per sfuggire alle prevaricazioni di altri, al fine di avere una società più giusta su questa Terra, e in cui gli esseri umani sono tutti protagonisti entro i limiti delle loro possibilità.

Chiedere più potere e meno libertà per garantire la sicurezza è il trucco più antico del mondo. Non è altro che un ricatto e NON DOBBIAMO obbedire.

Nessuna di queste degenerate anime neoliberiste parla di amore sacro per la verità, di giustizia, di lotta per la libertà, tanto meno di amore per il prossimo e per l’esercizio dei principi della Democrazia. Il loro unico pensiero è il volgare guadagno personale e l’accettazione di un mondo che è distorto e sempre più privo di aspirazioni umanistiche.

Ogni cambiamento dipende anche da tutti noi, da ciò in cui crediamo, dalla conoscenza che cerchiamo, da ciò che accettiamo, da ciò a cui aderiamo per una vita tranquilla o per interesse o per paura.

A causa di una natura umana che non riesce a riconoscere gli avvertimenti provenienti da tutte le parti e che ha scelto la comoda opzione di assecondare le epiche menzogne ​​del governo e dei media, piuttosto che la scomoda alternativa di affrontare quelle stesse epiche bugie, ci siamo imbarcati lungo un percorso che potrebbe portarci a tempi molto bui. Come scriveva Antonio Gramsci: “la classe dirigente, se perde il consenso, usa l’autoritarismo e la violenza”.

La scelta che affronteremo in questo 2021 sarà decisiva: o accettiamo di entrare in un’era di neo-feudalesimo tecno-fascista (per paura, ignoranza e/o stupidità) in cui la borghesia sarà abolita per far posto ad una società a due velocità, con i super ricchi da una parte e il resto di noi dall’altra, o COMBATTIAMO!

Quindi vi prego: non scendete a compromessi con ciò che avete di fronte, coltivate quei valori interiori che possono cambiare il mondo e resistere a qualsiasi progetto diabolico.

Il vero negazionismo è quell’atteggiamento che rifiuta di porre domande su cose ovvie e nega a priori l’esercizio della ragione critica.

Informatevi, studiate, basate le vostre opinioni su fatti non propagandistici, difendete ciò in cui credete, fatelo con passione e soprattutto non abbiate paura di essere derisi o insultati. Non siete soli! Sempre più persone hanno dei dubbi e sempre più le domande giuste vengono poste. La massa critica sta crescendo e la propaganda sta perdendo potere. Questo è già visibile in tutte le città europee e americane, dove decine di migliaia di persone scendono in piazza, in difesa dei loro diritti civili, umani e costituzionali.

Non permettete al potere di mettervi i piedi in faccia. Abbiamo il vero potere nelle nostre mani perché noi siamo molti e loro sono pochi. Usate la vostra ragione e combattete con e per amore, giustizia, verità e bellezza.

E se proprio volete tenere una maschera sopra la bocca togliete almeno quella che vi copre gli occhi! 

Il mondo oggi ha bisogno di ribelli, ribelli spirituali. Quindi amici miei, augurandovi un 2021 rivoluzionario, vi lascio con un semplice grido: RIBELLIAMOCI!

TUTTO QUELLO CHE AVRESTE VOLUTO SAPERE SUL COVID* (*MA NON AVETE MAI OSATO CHIEDERE) – SECONDA PARTE

Dal film “American Psycho” di Mary Harron

RAPIDO SOMMARIO DELLA PRIMA PARTE

  • L’origine del nuovo corona virus rimane poco chiara. Una domanda rimane sospesa nell’aria: questo virus è un evento naturale o è prodotto dall’uomo?
  • Il 94% degli infetti è asintomatico (nessun sintomo) o paucisintomatico (sintomi leggeri). Nella maggior parte dei casi è una malattia lieve che guarisce in una decina di giorni e senza complicazioni.
  • La lotta alla malattia Covid-19 è una corsa contro il tempo, l’intervento medico deve essere tempestivo.
  • Ad oggi nessuno ha fornito un piano terapeutico ufficiale.
  • L’idrossiclorochina ha dimostrato “sul campo” di essere un trattamento altamente efficace per il Covid-19.
  • L’1,24% di tutti gli italiani è risultato positivo al test PCR.
  • Il test PCR non è in grado di misurare correttamente la carica virale. Quando il test viene eseguito a 35 cicli o più è inutile e fuorviante. Un test PCR eseguito su 35 cicli di amplificazione darà un valore compreso tra il 50% e il 91% di falsi positivi. L’Italia utilizza tra i 35 e 45 cicli.
  • I pazienti ricoverati con sintomi in Italia sono 31.200 cioè il 4,1% di quelli risultati positivi o lo 0,05% di tutti gli italiani.
  • Il virus ha un tasso di mortalità (numero di persone decedute a causa della malattia diviso per la popolazione totale) dello 0,09%. Quindi il suo tasso di mortalità è estremamente basso.
  • Il 90% dei morti aveva più di ottant’anni e/o aveva altre malattie preesistenti.
  • Le ultime stime del tasso di sopravvivenza dal Center for Disease Control (CDC-l’istituto di sanità pubblica degli Stati Uniti) sono:

Età 0-19 … 99,997%

Età 20-49 … 99,98%

Età 50-69 … 99,5%

Età 70+ … 94,6%

DISCLAIMER: Come per la prima parte dell’articolo userò l’Italia come caso di studio.

DUE VISIONI DEL MONDO

Siamo in guerra! Non contro un virus ma contro un pensiero. Le due parti in lotta sono accampate in due visioni del mondo diametralmente opposte.

All’angolo destro troviamo il pensiero attualmente noto come neoliberismo. La sua visione del mondo è radicata nel materialismo estremo, nel nichilismo, nella competizione, nell’edonismo e nella ricerca del potere individuale a tutti i costi. È un pensiero profondamente separativo che promuove e crea conflitti ed ingiustizia. È un pensiero che si ferma al livello della ragione ordinaria. Rispetto ai problemi fondamentali della vita è un pensiero ottuso e spesso criminale che mette la volontà personale contro la volontà del tutto. Non offre possibilità di orientamento nel mondo se non la violenza e la supremazia.

Nell’angolo sinistro troviamo il pensiero attualmente noto come costituzionalismo. È un pensiero spirituale radicato in una coscienza etica universale basata sulla dichiarazione dei diritti dell’uomo. Promuove e crea connessione, collaborazione, pace e giustizia. La sua visione del mondo è radicata nell’intelligenza spirituale e mira a raggiungere un livello di coscienza in cui il cuore e l’intelletto camminano fianco a fianco. Offre molte possibilità di orientamento nel mondo, tutte basate sull’amore e sulla compassione. È un pensiero che mette la volontà personale in armonia con la volontà del tutto.

La guerra tra queste due visioni dell’esperienza umana infuria da quando gli uomini camminano sulla terra. Ovviamente i nomi e le armi sono cambiati nel tempo ma la fondamentale dicotomia di visione è rimasta intatta. È la vecchia e mitologica guerra tra il bene e il male e la crisi del Covid non è altro che l’ultima battaglia.

COME SIAMO ARRIVATI A QUESTO PUNTO

Per comprendere la nostra situazione attuale, mi sembra imperativo dare un’occhiata a volo d’uccello alla traiettoria storica che ci ha portato dove siamo.

Dopo la rivoluzione russa nell’ottobre del 1917, il sistema economico noto come capitalismo era tenuto sotto controllo da una realtà alternativa chiamata comunismo. Non entreremo nella discussione sui pro e contro di ciascun sistema, ma sottolineiamo semplicemente il fatto che esisteva una dualità di ideologia politica. Ogni sistema doveva dimostrare al proprio popolo che era il migliore.

Questo si è tradotto, in Occidente, nella paura dei leader politici e dell’industria che i lavoratori potessero “diventare rossi”. E questo significava che i lavoratori dovevano essere tenuti contenti. I proventi della crescita erano condivisi, i sindacati forti, i benefici del sistema di welfare generosi e gli investimenti nelle infrastrutture pubbliche elevati. In breve, i paesi capitalisti hanno vissuto uno straordinario periodo di diminuzione della disuguaglianza dagli anni ’20 agli anni ’80, principalmente incorporando un tocco di socialismo nel loro sistema.

Poi il muro di Berlino è venuto giù e una volta crollata l’Unione Sovietica non c’era più bisogno che il capitalismo fosse così generoso. Il fatto sorprendente della fine della guerra fredda è che sia il comunismo che il capitalismo, almeno nella sua versione “più gentile”, sono stati distrutti (scrivo sorprendente ma non dovrebbe sorprendere affatto considerando che entrambi i sistemi non sono altro che due facce della stessa medaglia; entrambe espressioni di materialismo e produttivismo). Il comunismo è diventato una reliquia della storia e il capitalismo è diventato una “lascia libero il toro” (Reagan dixit) stravaganza neoliberista. O, come mi piace chiamarlo, il capitalismo sotto steroidi (e tantissima cocaina importata dal Sud America).

Negli anni ’90 le forze di mercato hanno cominciato a regnare sovrane. Si sono diffuse in tutto il mondo, precisamente nei paesi più poveri; ciò significava beni di consumo a buon mercato ma esercitò anche una pressione al ribasso sui salari. Inoltre non c’era più alcuna necessità politica e/o economica di essere vincolati dall’equità sociale. I governi e le aziende potevano prendere fette molto più grandi della torta del profitto, ridurre i diritti dei lavoratori, rimuovere i benefici e iniziare a smantellare lo stato sociale perché non c’era nessun altro posto dove i lavoratori potevano andare. Se ai cittadini non piacevano queste “riforme” potevano sempre impiccarsi. Invece del trionfo della democrazia, abbiamo assistito al trionfo delle élite.

Poi è arrivata la crisi finanziaria del 2008 che, a chi prestava anche solo vagamente attenzione, ha rivelato il lato oscuro del modello del dopoguerra. La crisi è costata 30 milioni di posti di lavoro in tutto il mondo eppure non è stata sfruttata come un’opportunità per impostare una seria regolamentazione del mercato finanziario, né una profonda riflessione critica sulle pratiche neoliberiste e le conseguenze in termini di disuguaglianze che ne derivano. Negli Stati Uniti, invece, il presidente Obama ha donato miliardi di dollari a questi sistemi criminali (too big to fail, ricordate?) E in Europa una parola magica era sulla bocca di tutti: austerità!

TAGLI AL SISTEMA SANITARIO

Poco dopo la crisi finanziaria, nel 2011, a seguito delle dimissioni di Silvio Berlusconi (sotto ricatto della Banca Centrale Europea e dei mercati finanziari), il presidente italiano Giorgio Napolitano chiese a Mario Monti (un economista, consigliere di Goldman Sachs, membro della commissione trilaterale e uomo di fiducia di mercati speculativi e grandi capitali “no border”) di formare un nuovo governo con un unico scopo imposto dalla Banca Centrale Europea: applicare misure di austerità in Italia (una carneficina per le classi medie e operaie). Lo scopo dell’operazione era smantellare ciò che restava dello stato sociale e far avanzare il programma di privatizzazione. Il governo Monti era la maschera della dittatura dei mercati contro gli interessi del popolo. Era portatore di una visione della politica come pratica intesa a garantire il libero gioco del mercato deregolamentato, libero da ogni tipo di interventismo keynesiano senza impedimenti o rallentamenti.

Una delle prime cose ad essere tagliata dal sistema di welfare fu l’assistenza sanitaria. Il motivo è semplice da spiegare: l’assistenza sanitaria è molto costosa. Inoltre questo ha permesso alla sanità privata di riempire il vuoto lasciato da quella pubblica. E va da sé che l’assistenza sanitaria privata è il luogo in cui gli speculatori possono fare soldi.

Il governo Monti ha imposto uno standard massimo di 3,7 posti letto disponibili ogni mille abitanti, provocando un calo di 26.708 unità. La sua opera fu proseguita dai seguenti governi (Letta, Renzi, Gentiloni e l’attuale Conte).

Negli ultimi dieci anni la sanità pubblica italiana è stata vittima di tagli finanziari per 37 miliardi di Euro. Secondo l’OMS in questo periodo sono scomparsi 70.000 posti letto ospedalieri, così come il 51% dei posti letto per terapia intensiva che sono passati da 575 per 100mila abitanti agli attuali 275. Dal 2007 ad oggi sono stati chiusi 200 ospedali.

I tagli al personale hanno seguito un simile andamento: in quegli anni si sono persi 46.000 dipendenti (medici, infermieri, impiegati del pronto soccorso, medici di famiglia). Ora, con l’emergenza coronavirus in atto, il governo è stato obbligato ad assumere urgentemente 20mila medici e infermieri che, però, non hanno ancora superato l’esame di stato. Sì, avete letto bene, l’attuale pandemia è combattuta da un esercito di studenti.

La situazione del sistema sanitario italiano è simile a quella del servizio sanitario britannico, il famoso NHS. Secondo una ricerca di un think tank vicino al Labour Party, lo “svuotamento” dei finanziamenti al NHS ha causato circa 130.000 morti evitabili negli ultimi 20 anni.

Come ultimo “fatto divertente”, vale la pena sottolineare che un paese dovrebbe rinnovare il proprio piano pandemico ogni 3 anni. A causa dei tagli all’assistenza sanitaria, il piano pandemico italiano risale al 2006.

Vi invito a ricordarvi sempre questi numeri quando la classe politica proclama il suo agire nell’interesse della salute del popolo.

Si potrebbe essere tentati di dare la colpa agli italiani e alla loro passione per la pizza, il vino ed il “fare l’amore”, ma la realtà è che gli stessi principi (distruzione del sistema di welfare) si sono verificati in tutta Europa. E poi è arrivato il Covid.

RESPONSABILITÀ POLITICA

Nel tentativo di venire in difesa dei governi e di mitigare le mie critiche non credo si possa puntare il dito su come è stata gestita la crisi Covid al suo inizio. Si potrebbe dire che siamo stati colpiti da una nuova malattia, sono stati commessi degli errori ma la situazione era insolita ed inaspettata ed i governi hanno cercato di fare del loro meglio. Ma sono passati nove mesi e quella che avrebbe potuto essere magnanimamente classificata come “cattiva gestione sotto pressione” deve ora essere considerata altamente sospetta.

Con i dati in nostro possesso (elencati all’inizio di questo articolo) e cercando di ragionare attraverso un’analisi “rischi e benefici”, ritengo che ci siano solo due possibili spiegazioni per il modo in cui i governi hanno affrontato la crisi: completa inettitudine e idiozia o connivenza con intenti criminali.

Ci sono molteplici elementi che mi fanno pensare che la risposta del governo alla crisi non può essere semplicemente giustificata dall’inettitudine, ma deve essere cercata altrove.

Il più grave di questi è il divieto e l’ostruzione delle autopsie perché considerate pericolose. Da un punto di vista scientifico questa è un’idiozia assoluta! L’autopsia è la base per conoscere e studiare una malattia. È una procedura medica fondamentale ed è stata praticata almeno dai tempi dell’antico Egitto nel 3000 a.C., nel tentativo di comprendere e prevenire le malattie. È incredibile ed inaccettabile che nel 2020, con tutte le necessarie precauzioni tecnologiche a nostra disposizione, un’autopsia possa essere considerata pericolosa dai nostri governi e vietata per tali motivi. Possiamo solo chiederci: perché ciò è stato fatto?

Il secondo elemento sono i molteplici tentativi di impedire, in ogni modo possibile, medici preparati e onesti, che hanno dimostrato di avere molteplici soluzioni per curare la malattia, a fare il loro lavoro. Nella prima parte di questo articolo abbiamo parlato di come l’idrossiclorochina è stata bandita anche se è stata utilizzata per curare migliaia di pazienti. La soppressione, l’oscuramento e il sistematico rifiuto di ogni possibile trattamento a basso costo emerso (vedi plasmaferesi, idrossiclorochina, cortisone…) deve, ancora una volta, farci porre questa semplice domanda: perché?

Terzo, dobbiamo considerare come dall’inizio della crisi sanitaria i medici abbiano implorato i governi di attuare e potenziare le cure da casa. Non appena hanno capito che la tempistica era un fattore chiave nel trattamento della malattia (e questo è accaduto molto presto durante la crisi), hanno stabilito dei protocolli per curare i pazienti da casa. I numeri più recenti dimostrano molto chiaramente l’efficacia di tale approccio: di tutti i pazienti (che sono stati trattati precocemente e da casa) solo il 5% è stato ricoverato in ospedale ed il tasso di mortalità all’interno di queste persone è vicino allo 0%. Sì, avete letto bene: in Italia quasi nessuno è morto di Covid-19 se curato precocemente e da casa. Seguire questi protocolli avrebbe salvato migliaia di vite. Perché questo non è stato fatto?

Quarto, dobbiamo chiederci perché tutte le voci dissenzienti provenienti dal campo medico, indipendentemente dal loro grado di talento e riconoscimento, siano state immediatamente e violentemente silenziate attraverso minacce ed espulsioni dall’ordine medico (una tattica che ricorda l’inquisizione spagnola o i processi a Galileo)? Perché sono state ascoltate solo le voci all’unisono dei medici che cantavano la versione ufficiale? Vale la pena ricordare che la medicina non è una scienza esatta (non è un dogma), procede per tentativi ed errori e condividendo informazioni e punti di vista. Inoltre, tenete presente che non esiste un esperto di Covid-19, semplicemente perché il virus è troppo giovane. La discussione tra esperti è al centro della scoperta scientifica (e guarda caso al centro della democrazia) ma queste discussioni non hanno mai avuto luogo. Perché?

Infine dobbiamo considerare le direttive governative continuamente contraddittorie e confuse. Un buon esempio di questo è il tira e molla di apertura, quindi chiusura, quindi apertura con precauzioni, quindi chiusura di bar, ristoranti e negozi. Questa è una forma di persecuzione dei cittadini che non sanno più cosa fare né come. La ragione, a quanto pare, è stata abbandonata. Se questo era scusabile all’inizio della crisi, non lo è più oggi e deve obbligarci a chiederci, ancora una volta: perché? Perché nessun piano è stato messo in atto se non quello di consigliarci di lavarci le mani e restare a casa?

Come ho detto, vedo solo due possibilità: o siamo governati da persone incompetenti o da criminali. Nel primo caso devono essere rimossi democraticamente dalla loro posizione, nel secondo devono essere giudicati in tribunale.

LOCKDOWN (CONFINAMENTO)

Trovo interessante che l’espressione usata per descrivere il confinamento imposto dai governi sia “lockdown”. Avrebbero potuto scegliere “rimanere a casa” o “restare al riparo”, ad esempio, ma hanno scelto lockdown, un termine che è perlopiù usato nei penitenziari di tutto il mondo per descrivere un protocollo carcerario usato per controllare il movimento dei detenuti. Un protocollo utilizzato per confinare tutti i prigionieri nelle loro celle per impedire la diffusione di rivolte carcerarie o disordini. So che questa verrà letta come “teoria del complotto” da alcuni, ma suggerisco di non sottovalutare mai l’importanza delle parole. Gli esseri umani, dopotutto, definiscono la propria umanità attraverso il logos (dal greco: parola, ragione).

Ma definizioni ed etimologia a parte, è innegabile che la pratica di bloccare interi paesi avrà enormi conseguenze a breve, medio e lungo termine. È chiaro che i confinamenti hanno portato a una serie di conseguenze negative come una ritrattazione economica senza precedenti, stress psicologico, suicidi e le interruzioni di tutte le più importanti istituzioni sociali e democratiche. Questi fattori da soli, combinati con la discutibile efficacia delle politiche di confinamento nella prevenzione dei decessi da Covid-19, dovrebbero incoraggiarci a considerare la vera utilità di queste misure.

Sebbene l’idea di “appiattire la curva” possa essere stata una strategia adeguata all’inizio, per non sovraccaricare gli ospedali, ci sono significative conseguenze non intenzionali (forse) dei confinamenti, specialmente sulla salute pubblica. Inoltre, dobbiamo considerare il fatto che nove mesi di confinamenti “tira e molla” non hanno avuto effetti significativi sulla diffusione del virus. Ma hanno invece avuto un’ effetto sulla salute di cittadini giovani e sani. Su questo argomento vale la pena notare che un recente studio ha dimostrato che la maggior parte dei decessi per Covid-19 si verifica in persone prossime all’aspettativa di vita, mentre le morti indotte da lockdown si verificano in giovani lontani dall’aspettativa di vita, determinando un numero elevato di anni di vita totali persi. Quindi in uno spirito di ragionamento “costi e benefici” dobbiamo chiederci: ne è valsa la pena?

Il dottor David Nabarro dell’OMS sembrava pensare di no, quando ha fatto appello ai leader mondiali dicendo loro di smettere di “usare i confinamenti come metodo di controllo primario” del coronavirus.

Ha affermato che l’unica cosa ottenuta dai confinamenti era la povertà. “I confinamenti hanno una sola conseguenza che non si dovrebbe mai sminuire, e cioè che sta rendendo i poveri molto più poveri”, ha detto. “Noi dell’Organizzazione mondiale della sanità non sosteniamo i confinamenti come mezzo principale di controllo di questo virus”, ha continuato, “L’unica eccezione in cui crediamo che un confinamenti sia giustificato è per guadagnare tempo per riorganizzare, raggruppare, riequilibrare le risorse, proteggere gli operatori sanitari che sono esausti, ma in generale, preferiremmo non farlo “.

Vale anche la pena ricordare che un certo numero di medici esperti provenienti da tutte le parti del mondo si sono riuniti per scrivere una petizione, chiamata Great Barrington Declaration, chiedendo la fine dei confinamenti perché stavano facendo “danni irreparabili”.

Hanno scritto: “In qualità di epidemiologi di malattie infettive e scienziati della salute pubblica, nutriamo gravi preoccupazioni per gli impatti dannosi sulla salute fisica e mentale delle politiche COVID-19 prevalenti e raccomandiamo un approccio che chiamiamo Protezione mirata” Una strategia che può essere riassunta come segue : “L’adozione di misure per proteggere i vulnerabili dovrebbe essere l’obiettivo centrale delle risposte della sanità pubblica al COVID-19”. La petizione è stata firmata da Sunetra Gupta dell’Università di Oxford, Jay Bhattacharya della Stanford University e Martin Kulldorff dell’Università di Harvard, tra gli altri.

Ora non spetta a me giudicare la qualità e l’efficacia della loro proposta, la mia ignoranza sull’argomento è troppo grande, ma come cittadino vorrei che fosse discussa apertamente piuttosto che messa a tacere a priori.

Quello che è certo è che, secondo le Nazioni Unite, i blocchi potrebbero mettere a grave rischio i mezzi di sussistenza di 1,6 miliardi di persone e potrebbero spingere verso la povertà altri 150 milioni di bambini. Disoccupazione, bancarotte e problemi psicologici hanno raggiunto livelli record in tutto il mondo, come vedremo nel prossimo capitolo.

Sembra quindi chiaro che malgrado chiudere interi paesi, come faresti con una prigione, non hanno portato chiari benefici, stanno avendo dei costi profondi, mortali e duraturi. In altre parole, ci sono più rischi di morire per le conseguenze dei confinamenti che di COVID.

CONSEGUENZE ECONOMICHE E SOCIALI

Un portavoce del Fondo monetario internazionale (FMI) ha affermato: “È molto probabile che quest’anno l’economia globale vivrà la sua peggiore recessione dalla Grande Depressione, superando quella registrata durante la crisi finanziaria globale di dieci anni fa. Si prevede che “Il Grande Lockdown“, come si potrebbe chiamare, ridurrà drasticamente la crescita globale”. La stessa istituzione ha calcolato una contrazione della crescita globale del 3% solo per il 2020. Per avere un’idea comparativa di cosa ciò significhi, lasciatemi sottolineare che il quasi crollo del sistema finanziario globale alla fine del 2008 ha fatto diminuire l’attività globale dello 0,1% nel 2009.

Si prevede che le ricche economie occidentali subiranno una contrazione media del 6,1%. Italia e Spagna, le due economie europee più colpite, vedranno il PIL scendere rispettivamente del 9,1% e dell’8%. Ecco un elenco di alcuni altri paesi:

  • USA -5,9%
  • Germania -7,0%
  • Francia -7,2%
  • Regno Unito -6,5%
  • Russia -5,5%

L’Organizzazione Internazionale del Lavoro ci ha avvertito che quasi la metà della forza lavoro globale (1,6 miliardi di persone) è in “pericolo immediato di distruzione dei propri mezzi di sussistenza” a causa dell’impatto economico del Covid-19.

Secondo l’ONU:

  • altri 207 milioni di persone potrebbero cadere nella povertà estrema a causa del grave impatto a lungo termine della pandemia di coronavirus (personalmente sostengo a causa della gestione politica della pandemia piuttosto che la pandemia stessa), portando il numero totale a oltre un miliardo entro il 2030.
  • L’80% della crisi economica persisterà per oltre un decennio.

Chiunque si vanti di un rimbalzo nel prossimo anno o è delirante o bugiardo. Il direttore del Programma alimentare mondiale delle Nazioni Unite, David Beasley, ha avvertito che l’anno 2021 sarà “catastrofico” e ha aggiunto che in una dozzina di paesi la carestia “bussa alla porta”. Ha aggiunto che questo è “l‘anno peggiore di crisi umanitarie” dall’inizio delle Nazioni Unite 75 anni fa.

Inoltre, per la prima volta nei suoi 70 anni di storia, l’UNICEF ha lanciato una campagna di emergenza per aiutare a nutrire i bambini nel Regno Unito. Secondo l’UNICEF, 2,4 milioni di bambini britannici crescono già in famiglie con insicurezza alimentare e più di un quinto di queste famiglie ha sofferto la fame durante i confinamenti a causa di difficoltà finanziarie.

A Roma gli aiuti alimentari sono aumentati del 600%.

In Italia più della metà delle aziende del Paese (51,5%) afferma che la liquidità potrebbe non essere sufficiente per far fronte alle spese dell’anno in corso. La situazione peggiora con il diminuire delle dimensioni dell’azienda.

Disoccupazione, fallimenti e problemi psicologici hanno raggiunto livelli record in tutto il mondo.

Solo in Italia:

  • I suicidi sono aumentati del 15%
  • I tentativi di suicidio sono aumentati del 40%
  • I femminicidi sono aumentati del 15%
  • La violenza sui bambini è aumentata del 20%
  • Il consumo di ansiolitici è aumentato di 3 volte.
  • Il trauma psicologico viene conteggiato in milioni di nuovi casi (uno studio recente ha rilevato che 3 bambini su 4 hanno avuto qualche tipo di trauma psicologico durante la crisi)
  • 4 milioni di visite mediche sono state rinviate (quante vite andranno perse a causa di questo?)

Mi fermo qui perché mi viene voglia di piangere. Concluderò con una semplice domanda che credo dovremmo porci tutti (preferibilmente nel cuore della notte, da soli e guardandoci allo specchio): ne è valsa la pena? Per combattere una malattia che ha un tasso di mortalità dello 0,09%? Oppure, per essere ancora più provocatorio, mi chiedo, la povertà è davvero l’unico modo per combattere un virus che nel 99% dei casi non è letale?

INFODEMIA

Come si è convinta la maggioranza delle persone che dobbiamo cancellare i diritti costituzionali, lasciare che i funzionari governativi governino per decreto, devastare l’economia (o almeno le piccole e medie imprese), permettere a delle multinazionali di censurare qualsiasi dissenso, costringere tutti a indossare mascherine chirurgiche, mettere agli arresti domiciliari intere società, terrorizzare psicologicamente i bambini e trasformare il pianeta in una società paranoica e totalitaria a causa di un virus che ha un tasso di mortalità dello 0,09%?

La risposta breve è la paura! Paura, paura, paura! La paura è il grande ostacolo che blocca tutti gli altri sentimenti. Non c’è amore dove c’è paura, non c’è ragionamento, nessuna chiarezza mentale, nessuna razionalità, nessun coraggio. La paura distrugge la psiche delle persone e genera incapacità di ragionare. È il modo più efficace per far cadere i diritti di un popolo, perché solo la paura fornisce masse non più lucide, confuse, spaventate e quindi disposte a fare qualsiasi cosa, ad accettare qualsiasi cosa. La più grande pandemia a cui abbiamo assistito negli ultimi nove mesi è stata una pandemia di paura e panico. Ed è stata diffusa dai cosiddetti media mainstream, la grande fonte del terrore.

L’informazione di massa hanno cercato di spaventarci in ogni modo possibile (e nella maggior parte dei casi ci sono riusciti) utilizzando raffinate tattiche e tecniche per creare angoscia, terrore, pessimismo, scoraggiamento, rassegnazione e soprattutto divisione tra esseri umani isolati nella loro paura del buio.

L’idea fondamentale di queste tecniche è controllare la “percezione” della situazione. In altre parole, come la situazione reale viene “accolta” dai soggetti. Questa “percezione” è manipolata ad arte attraverso l’uso di queste tecniche.

Queste tecniche sono ben conosciute da persone che (come me) hanno studiato il campo della comunicazione, in particolare la pubblicità, o il lavoro di Edward Bernays (un nipote di Freud e padre della moderna propaganda di massa). Dovrebbero anche essere riconoscibili da qualsiasi storico serio visto che, innumerevoli volte, sono state usate dalla macchina di propaganda dei regimi totalitari nel corso della storia. Mi limito a segnalare le tecniche più comuni (i nomi sono mie traduzioni dall’Inglese):

  • Propaganda ad nauseam: questo tipo di propaganda si basa sul potere della ripetizione. Come notoriamente disse Joseph Goebbels (ministro della Propaganda della Germania nazista): “Ripeti una bugia abbastanza spesso e diventa la verità”. Nel caso del Covid abbiamo un’informazione martellante: almeno due bollettini di guerra al giorno.
  • Impilaggio di carte: presentare informazioni selettive per dipingere una narrazione incompleta e scorretta per influenzare le persone. Un chiaro esempio di ciò è l’intera discussione e la confusione volutamente creata sulla differenza tra le persone che sono morte “di Covid” e le persone che sono morte “con Covid” (un’enorme differenza dal punto di vista medico e statistico). Ciò non solo ha permesso di nascondere i numeri reali della crisi, ma ha anche creato un perenne stato di confusione e paura. Un altro esempio di “impilaggio di carte” è il fatto che ogni notiziario inizia affermando il numero di nuovi “casi”, tralasciando il fatto che tutto ciò che “nuovi casi” significa sono persone risultate positive al test PCR (un test altamente impreciso come abbiamo visto nella prima parte di questo articolo). Non significa che la persona sia malata né che abbia sintomi. Un altro esempio è il fatto che il più delle volte vengono annunciati i numeri dei nuovi casi e dei decessi, ma solo raramente (o come notizia di fondo) vengono comunicati i numeri di asintomatici e di persone guarite dalla malattia.
  • Generalità scintillanti: impiega parole forti e slogan per lasciare un impatto sul pubblico che riceve il messaggio. In Italia abbiamo avuto “Andrà tutto bene”, nei paesi di lingua inglese “Siamo tutti sulla stessa barca”, in Cina “Maschera o respiratore, devi riflettere e sceglierne uno dei due” solo per fare qualche esempio (ce ne sono molti altri).
  • Testimonianza: utilizzare figure note o credibili per influenzare il pubblico. Quanti cantanti, star di Hollywood e personalità dello sport abbiamo visto ripetere come pappagalli la narrazione ufficiale, invitando la popolazione a “restare a casa” (ovviamente dal comfort delle loro ville dotate di piscine, ampi giardini e saune svedesi)?
  • Insulti: la propaganda degli insulti si basa sul denigrare l’opposizione con tutti i mezzi retorici necessari. Nel caso del Covid chiunque avesse osato fare domande o contraddire la narrativa ufficiale è stato immediatamente accusato di essere un “cospirazionista”, un “fascista”, un “anti-vaxxer”, un “criminale”, un “sovversivo”, un “pazzo “, un” pericolo per sé e per gli altri “e così via. Questo aiuta a coprire ed emarginare qualsiasi forma di dissenso.

Insomma, la comunicazione intorno alla crisi del Covid si basa sull’approccio del “peggiore dei casi possible”, sulla confusione, l’esagerazione, la frenesia e la perdita della ragionevolezza che diffonde la paura del contagio e della morte.

La paura è diventata virulenta e contagiosa; il buon senso, la ragione e la capacità critica di valutare i dati per ciò che mostrano sono andati perduti. Purtroppo il ragionamento e il buon senso non sono contagiosi (essendo virtù di pochi).

La condotta della maggior parte dell’informazione di massa, secondo i termini di legge, è chiamata “Procurato Allarme” ed è punibile con la reclusione. Spero sinceramente di vedere quel giorno!

FINE DELLA SECONDA PARTE

Nella TERZA PARTE, la parte finale di questo articolo, discuteremo la questione più urgente di tutte: cui prodest? Vedremo chi sono i vincitori di questa situazione (perché state certi ci sono dei vincitori, ci sono sempre), come la risposta politica alla pandemia ha prodotto uno dei più grandi trasferimenti di ricchezza nella storia e le possibili conseguenze di questo negli anni a venire (ciò che io chiamo il nuovo feudalesimo capitalista).

TUTTO QUELLO CHE AVRESTE VOLUTO SAPERE SUL COVID* (*MA NON AVETE MAI OSATO CHIEDERE) – PRIMA PARTE

Dal film “Tutto quello che avreste voluto sapere sul sesso* (*ma non avete mai osato chiedere)
di Woody Allen

DISCLAIMER: Il seguente articolo è il risultato del lavoro di Mauro Scardovelli (rettore di Unialeph, un’università italiana fondata con l’obiettivo di insegnare ed attuare i valori della Costituzione Italiana) e del suo team. Tutte le informazioni che vi troverete sono state presentate da alcune delle migliori menti nel campo della medicina che l’Italia ha da offrire. La maggior parte di loro ha lavorato in prima linea sin dall’inizio della crisi Covid. Mi reggo sulle spalle di giganti. Tutto quello che ho cercato di fare è riassumere, organizzare e semplificare (ove possibile) le informazioni fornite nel tentativo di renderle comprensibili a tutti. La maggior parte delle statistiche si basa sulla situazione in Italia (che è la peggiore in Europa e quindi un buon caso di studio). Quello che segue è un esercizio di ragionamento (dal latino rationem: capire le cause). Questo articolo NON costituisce un protocollo medico ufficiale. In caso di sintomi DOVETE contattare un medico. L’articolo è diviso in due parti: la PRIMA PARTE è una panoramica degli aspetti medici della crisi, la SECONDA PARTE copre gli aspetti politici, sociali ed economici.

QUADRO GENERALE

Cominciamo dalle basi: un nuovo virus si è fatto strada nella natura; si chiama SARS-CoV-2 (Sindrome respiratoria acuta grave coronavirus 2), appartiene alla famiglia dei coronavirus e causa la “malattia da Coronavirus 2019” (COVID-19). Il primo caso è stato identificato a Wuhan, in Cina, nel dicembre 2019 (sebbene sia i tempi che l’ubicazione siano oggetto di dibattito). L’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) ha dichiarato l’epidemia una pandemia l’11 marzo 2020.

Le origini di questo virus, ad oggi, sono ancora poco chiare. Esistono tre ipotesi principali. Uno: il virus è di origine animale (la famosa ipotesi del pipistrello del mercato umido) ed è poi mutato in infettivo per l’uomo. Due: è un virus artificiale (vicino a Wuhan c’è un laboratorio che studia i virus, specificamente i virus legati ai pipistrelli) sfuggito al controllo dei ricercatori. Tre: è un’arma biologica rilasciata apposta sulla popolazione (non sappiamo da chi o perché). Le tre opzioni sono possibili ma, come ho detto, non sappiamo ancora niente con certezza e qualsiasi conclusione, al momento, sarebbe puramente speculativa.

Qualunque sia la sua origine, il virus ESISTE ed è da moderatamente ad altamente contagioso (a seconda di chi parla).

Nella stragrande maggioranza dei casi il virus non provoca reazioni (asintomatici) o reazioni molto leggere (paucisintomatici) nella persona infetta. MA in alcuni casi provoca un’iper-infiammazione polmonare molto grave che può portare alla cosiddetta “tempesta citochinica” (ne parleremo più avanti). In alcuni casi questo può portare alla morte.

PATOGENESI DEL VIRUS

(Patogenesi: il modo di produzione o sviluppo di una malattia.)

La malattia Covid ha tre fasi di sviluppo.

FASE 1: fase di risposta virale

Una fase iniziale, prettamente virologica, in cui prevale la replica virale. Di solito è una fase caratterizzata da una sintomatologia clinica non particolarmente grave come febbre, dolori ossei, mal di testa, nausea, diarrea… Questa fase virale tende a diminuire perché subentra la risposta infiammatoria del malato. (Per la maggior parte dei pazienti questo è utile perché aiuta a controllare l’infezione. Questa é la “ragion d’essere” della febbre, che è un meccanismo di difesa naturale. Le alte temperature, sopra i 38 gradi, uccidono i virus.)

FASE 2: Fase polmonare

Quando la risposta infiammatoria prende piede cede la risposta virologica. Questo è ciò che accade in tutte le malattie infettive. Fino a questo punto (fino a metà della seconda fase) la malattia non è peggiore della comune influenza. Nella maggior parte dei casi (l’80% dei pazienti sintomatici infetti) si tratta di una malattia lieve che guarisce da sola in una decina di giorni e senza complicazioni. MA in un certo numero di pazienti sintomatici infetti (il restante 20%) si innesca una risposta infiammatoria disregolata (una risposta infiammatoria eccessiva), che porta alla terza fase della malattia.

FASE 3: fase di iper-infiammazione

In alcuni pazienti si innesca una risposta infiammatoria eccessiva e disregolata. Una vera e propria “tempesta citochinica” (Coagulazione intravascolare disseminata), che porta i pazienti a una sindrome emofagocitica (disturbo delle capacità immunoregolatrici), all’ insufficienza respiratoria, alle terapie intensive ed in alcuni casi alla morte.

OBIETTIVO DELLE TERAPIE

Se c’è una cosa su cui tutti i medici sembrano essere d’accordo questa è il fattore tempo. La lotta al Covid è una corsa contro il tempo; l’intervento medico deve essere tempestivo. L’intervento medico deve essere mirato alla prima e alla seconda fase della malattia. Quando i pazienti entrano nella fase di iper-infiammazione diventa molto più difficile aiutarli.

Quindi, fondamentalmente, la terapia antivirale dovrebbe essere concentrata all’inizio della malattia. Quando si passa alla fase iper-infiammatoria della malattia i farmaci antivirali non servono più. A quel punto tutta la terapia si basa sulla modulazione dell’eccessiva risposta infiammatoria, sul tentativo di spegnere la “tempesta citochinica” che si è generata nei polmoni del paziente.

Tra questi due estremi, ovviamente, c’è una zona intermedia che, a parere di molti medici, è la zona in cui si dovrebbe concentrare il massimo sforzo terapeutico.

L’obiettivo delle terapie dovrebbe essere quello di intercettare i pazienti nella fase iniziale della malattia e curarli immediatamente con la terapia antivirale.

Se il paziente evolve verso la fase iper-infiammatoria, l’altro obiettivo è quello di intercettare precocemente l’insorgenza di questa eccessiva risposta infiammatoria per evitare di trovarsi di fronte a pazienti nei quali il contenimento è molto difficile. A quel punto tutta la partita si gioca sulla loro resistenza alla terapia ventilatoria.

Quindi essere precoci con la terapia dovrebbe idealmente evitare l’evoluzione verso la terza fase della malattia, quindi salvare vite umane e ridurre i ricoveri in ospedale ed in terapia intensiva.

TERAPIE

La maggior parte dei medici è confusa sul trattamento da adottare perché, ad oggi, nessuno ha fornito un piano terapeutico ufficiale. Il governo e le istituzioni sanitarie hanno suggerito quali trattamenti NON usare ma nessuno si è preso la responsabilità di consigliare l’uso di una terapia specifica.

Quindi i medici in prima linea hanno dovuto inventarne/crearne una utilizzando i frutti della loro esperienza ed osservazione acquisite vicino al letto dei pazienti; fuori dai laboratori, fuori dalle ruminazioni mentali. E questo è quello che hanno trovato:

I farmaci svolgono ruoli diversi in momenti diversi. Diversi farmaci sono necessari durante le tre fasi della malattia.

FASE 1: La terapia antivirale dovrebbe essere concentrata all’inizio della malattia. I medici non possono restare inattivi e consentire alle persone di stare a letto senza una terapia adeguata o, peggio ancora, con una terapia, ad esempio il Paracetamolo, che può essere dannoso (il Paracetamolo è pericoloso nei pazienti Covid perché crea un impoverimento delle riserve di Glutatione, che è essenziale come antiossidante ed è molto utile nelle reazioni antinfiammatorie. Rimuovere il Glutatione significa aprire le porte all’avanzamento dell’infiammazione.) La fase 1 va affrontata con rimedi antivirali e antinfiammatori che bloccano o riducono lo stato infiammatorio (ad esempio vitamina C e D). C’è un farmaco in particolare che ha dimostrato (sul campo) di essere il più efficace in questa fase. Ma tratteremo (ampiamente) di questo nel prossimo capitolo.

FASE 2: i rimedi antivirali devono essere proseguiti per un po’ ma iniziano a perdere efficacia. L’eparina a basso peso molecolare (un anticoagulante con una forte attività immunomodulante) deve essere iniziata non appena compaiono i primi segni di iper-infiammazione, insieme agli antibiotici. L’uso di antibiotici è necessario perché ha un’azione su possibili superinfezioni batteriche. Perché? perché un polmone infiammato è predisposto alla colonizzazione di batteri patogeni. Un polmone infiammato che produce muco è un terreno fertile fantastico per i patogeni. Non possiamo sottolineare abbastanza che il tempismo è essenziale. I pazienti morti a Marzo e Aprile erano, nella maggior parte dei casi, pazienti sui quali non è stato effettuato alcun intervento. Erano pazienti che sono stati lasciati a casa da soli.

FASE 3: Come abbiamo già accennato, i pazienti che raggiungono la fase tre della malattia sono seriamente compromessi. A questo punto l’obiettivo medico è quello di “spegnere” l’iper-infiammazione. Questo viene fatto con rimedi antinfiammatori e anticoagulanti. Ma questi richiedono tempo per avere effetto e molti pazienti che raggiungono la fase 3 non sono in grado di respirare normalmente. Quindi la maggior parte deve essere intubata. L’intubazione orale-tracheale è una pratica medica che può essere eseguita solo da un medico di terapia intensiva. È una procedura medica invasiva, estremamente delicata, che nessun medico utilizza a cuor leggero; è letteralmente l’ultima cosa che vogliono (e possono) fare. Vale la pena notare che la terapia intensiva è vista dalla maggior parte dei medici come il fallimento della strategia terapeutica e NON, come invece promuovono i governi e i media, una risposta intelligente e strutturale alla malattia. Alla luce di ciò, avere cure più intensive come risposta principale del sistema a un’infezione virale è profondamente preoccupante.

IDROSSICLOROCHINA

Come accennato in precedenza, esiste un farmaco che ha dimostrato sul campo di essere il più efficace come antivirale durante la prima fase e la prima metà della seconda fase della malattia. Questo farmaco si chiama Idrossiclorochina ed è uno dei farmaci più controversi del caso Covid (alcuni lo chiamano la pistola fumante, la prova inconfutabile della cattiva gestione della crisi).

L’idrossiclorochina è un derivato della Clorochina. È un farmaco in uso da molto tempo, l’FPA americano lo ha approvato nel 1955 ed è il 128 ° farmaco più prescritto negli Stati Uniti. È un farmaco particolarmente testato, ha un costo molto contenuto (pochi euro a scatola) ed è di facile fornitura (è un farmaco comune). È più comunemente usato per prevenire la Malaria e chiunque abbia viaggiato in aree a rischio di malaria lo ha preso (so per certo di averlo fatto più volte nella mia vita).

Il farmaco può avere effetti avversi/collaterali (ovviamente! Tutti i farmaci hanno effetti collaterali! Anche l’aspirina!) ma questi sono trascurabili. Gli effetti collaterali più comuni sono nausea, crampi allo stomaco e diarrea. Altri effetti collaterali comuni includono prurito e mal di testa. I possibili effetti collaterali più gravi colpiscono l’occhio (Retinopatia -danno alla retina) generalmente dovuta all’uso cronico.

Prima di prescrivere il farmaco il medico deve sempre porre al paziente alcune domande (questo è il caso di QUALSIASI farmaco). Il paziente non deve essere affetto, ad esempio, dalla sindrome del QT lungo (una malattia cardiaca) o dal cosiddetto Favismo (un errore congenito del metabolismo che predispone alla disgregazione dei globuli rossi) o altre condizioni che interagiscono con l’Idrossiclorochina. Ma questo è l’ABC della medicina.

L’AIFA (Associazione Italiana del Farmaco – ente pubblico) ha inizialmente dato il via libera all’uso dell’Idrossiclorochina ma poi l’ha ritirata dal mercato. Ciò è stato fatto con il supporto di una serie di studi condotti negli Stati Uniti sostenendo che il farmaco può portare a effetti collaterali molto dannosi. Ma questi studi sono altamente problematici (tanto che The Lancet, la più antica pubblicazione scientifica al mondo, ha dovuto ritrattare lo studio che hanno incautamente e frettolosamente pubblicato). Molti medici non hanno problemi a chiamare questi studi fasulli. Questo perché questi studi sono stati effettuati su pazienti ospedalizzati (pazienti che avevano raggiunto la seconda metà della fase due o addirittura la terza fase della malattia) e con dosaggi molto molto elevati (sovradosaggio). In questo caso è ovvio che i pazienti mostreranno effetti collaterali dannosi. Come abbiamo visto in precedenza, l’idrossiclorochina è più utile nella fase iniziale della malattia e dovrebbe essere utilizzata con il dosaggio corretto. Vale la pena di sottolineare l’ovvio: qualsiasi farmaco, se usato a dosaggi molto elevati, può essere dannoso.

Peggio ancora (secondo l’opinione di chi scrive) le prove cliniche di migliaia di persone guarite con l’idrossiclorochina sono state ignorate e/o ostacolate dall’AIFA e dall’OMS.

L’Idrossiclorochina è stata utilizzata su migliaia di pazienti in Italia a un dosaggio ragionevole e per un periodo ragionevole. L’osservazione clinica di tanti medici autorevoli e soprattutto esperti, ha portato ad affermare che nella loro esperienza clinica l’Idrossiclorochina ha modificato positivamente l’andamento della malattia nei pazienti.

I medici onesti parlano della centralità del tempismo (ne abbiamo già parlato più volte). Il farmaco è utile all’inizio della malattia. E non deve superare il dosaggio di 800 mg al giorno per un massimo di 7 giorni.

Andrea Mangiagalli, tanto per fare un esempio pratico, uno dei primi medici di famiglia a testare “sul campo” l’efficacia dell’Idrossiclorochina, ha curato 300 pazienti. Non ha mai visto complicazioni tranne alcuni pazienti che hanno avuto una modesta diarrea (grado 1 o 2 molto modesto). Di questi 300 pazienti 3 sono stati ricoverati in ospedale, 1 è morto e 297 sono stati CURATI (non so voi, ma personalmente accetterei queste probabilità in qualunque momento).

Le prove fornite dai medici in prima linea non sono poche, sono prove forti e positive dell’utilità dell’Idrossiclorochina nella lotta contro il Covid. La cosa più gentile che si possa dire sul mancato utilizzo dell’idrossiclorochina è che il pericolo è stato sovrastimato dalle autorità. Tuttavia è opinione di chi scrive che il mancato utilizzo (a causa di incompetenza o connivenza) di una cura che avrebbe potuto potenzialmente salvare migliaia e migliaia di persone è un crimine contro l’umanità e deve essere giudicato in un tribunale.

(AGGIORNAMENTO: l’11 Dicembre 2020, dopo un’ardua battaglia legale durata sette mesi e portata avanti da un gruppo di medici di base, il Consiglio di Stato italiano ha approvato l’uso dell’idrossiclorochina come terapia per il Covid-19. Si legge nell’ordinanza: “La perdurante incertezza circa l’efficacia terapeutica dell’idrossiclorochina, ammessa dalla stessa AIFA a giustificazione dell’ulteriore valutazione in studi clinici randomizzati non è ragione sufficiente sul piano giuridico a giustificare l’irragionevole sospensione del suo utilizzo sul territorio nazionale”. Meglio tardi che mai!)

LETALITÀ, MORTALITÀ ED ALTRE STATISTICHE

La popolazione italiana é di 60.360.000 circa.

Al momento di scrivere (5 Dicembre 2020) secondo il Ministero della salute il totale dei tamponi effettuati è pari a 22.767.130 e cioè il 37.7% della popolazione.

I positivi al test PCR per il Covid-19 sono 754,169 cioè 1.24% di tutti gli italiani.

Il 94% dei contagiati è asintomatico (nessun sintomo) o paucisintomatico (sintomi leggeri).

I pazienti ricoverati con sintomi sono 31.200 cioè 4.1% dei positivi al test e lo 0,05% di tutti gli italiani.

Di quelli ricoverati sono in terapia intensiva 3.567 persone e cioè il 11.4% dei ricoverati, ovvero lo 0.47% di tutti i positivi, ossia lo 0.05% di tutti gli italiani.

I morti totali di/con (difficile da dire) Covid-19 sono 60.078.

Il virus ha quindi un tasso di letalità (numero delle persone decedute diviso per il totale dei positivi al test PCR) del 7.9% ed un tasso di mortalità (numero delle persone decedute a causa della malattia diviso per il totale della popolazione) dello 0.09%.

Il tasso di letalità del virus é di difficile interpretazione a causa di vari problemi con il test PCR (che vedremo nel prossimo capitolo).

Ma possiamo tranquillamente affermare che il Covid-19 è una malattia mortale ma il suo tasso di mortalità è percentualmente molto basso.

Quindi è una malattia da prendere sul serio ma che non dovrebbe farci impanicare.

Per essere chiari: il Covid-19 non è la “Peste nera” né “l’influenza spagnola” (che nel 1918-20, in un tempo in cui non avevamo Penicillina, Idrossiclorochina, Eparina, Antibiotici, Cortisone o terapie intensive, uccise tra i 50 e i 100 milioni di persone nel giro di due anni). La letalità del Covid è anche molto inferiore a quella di altri due moderni coronavirus: Sars-Cov1 (10% di letalità durante l’epidemia del 2002-04) o Mers (37% di letalità durante l’epidemia del 2002). Ed è incomparabile per letalità a virus estremamente pericolosi come l’influenza aviaria (60% di letalità) o l’Ebola (65% di letalità).

Per mettere le cose ancora più in prospettiva, il Covid ha una mortalità annuale inferiore rispetto agli incidenti stradali, ai suicidi e alle malattie respiratorie (a causa delle nanopolveri/inquinamento).

Vale anche la pena notare che oggi (autunno 2020) solo lo 0,5% di tutti i casi positivi finisce in terapia intensiva (cioè 30 volte in meno rispetto a Marzo).

Le ultime stime del tasso di sopravvivenza fornite dal Center for Disease Control (CDC-L’istituto sanitario nazionale degli Stati Uniti) sono:

Età 0-19 … 99,997%

Età 20-49 … 99,98%

Età 50-69 … 99,5%

Età 70+ … 94,6%

Infine si consideri che il 90% dei morti aveva più di ottant’anni e/o aveva altre malattie preesistenti (respiratorie, cardio vascolari, malattie metaboliche e/o obesità, diabete… insomma tutto ciò che produce infiammazioni nel nostro corpo). Questo è il motivo per cui i bambini e i giovani sani non si ammalano o mostrano sintomi molto molto lievi: hanno poche o nessuna infiammazione preesistente nel loro corpo.

Per concludere, il Covid è una malattia grave ma non ne moriremo tutti (a differenza di quello che la maggior parte della propaganda mediatica vuole farti credere). Tenendo presente questi dati, ogni ulteriore ragionamento deve imporre un’analisi “rischi e benefici”.

TEST PCR

Il test più comune (ce ne sono altri) per testare la positività per Covid-19 è il test di reazione a catena della polimerasi (PCR-Polymerase chain reaction, in Inglese). Si tratta di un metodo utilizzato per realizzare rapidamente da milioni a miliardi di copie di uno specifico campione di DNA, consentendo agli scienziati di prelevare un campione molto piccolo di DNA e di amplificarlo sufficientemente per poterlo studiare nel dettaglio.

Per iniziare credo sia importante chiarire cosa significhi “essere positivi al test PCR”. Essere positivo significa che la persona testata ha nel suo corpo un po ‘di acido nucleico (DNA e RNA) del virus. MA un soggetto positivo non significa che il soggetto sia malato. Né significa necessariamente che il soggetto sia contagioso.

Questo perché l’acido nucleico trovato non rappresenta necessariamente una particella virale infettante, può essere un residuo, un virus morto. Inoltre l’acido nucleico trovato non rappresenta necessariamente una concentrazione di virus sufficiente ad infettare (se stesso e gli altri).

Studi in vitro hanno dimostrato che affinché si verifichi l’infezione deve esserci almeno un milione di genomi equivalenti in un campione clinico (la carica virale). In altre parole è la carica virale (e non la presenza di acido nucleico) che determina se sei malato e quanto. MA il test PCR non è in grado di misurare correttamente la carica virale. Questo è uno dei problemi principali del test.

Il secondo problema ha a che fare con i cicli di amplificazione ed è un problema di uso improprio. Nel test PCR le sequenze di DNA prelevate dal soggetto in esame vengono amplificate esponenzialmente in una serie di cicli. Immaginate (per semplificare) un obiettivo zoom: più amplifichi lo zoom, più vicino e dettagliato vedi. Sempre semplificando, ogni grado di amplificazione dello zoom equivale ad un ciclo di amplificazione. Ora il problema è che quando il test viene eseguito a 35 o più cicli è inutile e fuorviante. Cito Anthony Fauci: “Se ottieni una soglia del ciclo di 35 o più… le possibilità che sia competente per la replica sono minuscole… non puoi quasi mai coltivare virus da un ciclo di 37 soglie… sono solo nucleoidi morti, punto.” Questa, tra parentesi, è una stima generosa. Gli scienziati più conservatori suggeriscono un massimo di 20-30 cicli.

In altre parole, troppi cicli e il test produrrà ogni sorta di materiale irrilevante che verrà erroneamente interpretato come rilevante. Questo è chiamato falso positivo. Un test PCR eseguito su 35 o più cicli di amplificazione darà un valore compreso tra il 50% e il 91% di falsi positivi (dalla possibilità più ottimistica a quella più pessimistica).

L’11 novembre 2020, la Corte d’appello di Lisbona in Portogallo ha dichiarato illegale la quarantena di quattro cittadini portoghesi. Hanno fornito questa ragione: “Sulla base delle prove scientifiche attualmente disponibili, questo test [il test RT-PCR] non è di per sé in grado di stabilire oltre ogni dubbio se la positività sia effettivamente equivalente all’infezione con il virus SARS CoV-2. E questo per diversi motivi, due dei quali di primaria importanza: l’affidabilità del test dipende dal numero di cicli utilizzati; l’affidabilità del test dipende dalla carica virale presente”.

Il problema dell’amplificazione dei cicli spiega anche come mai esistono differenze così disparate nel numero di contagi tra i diversi paesi. Germania e Austria, ad esempio, utilizzano 25 cicli di amplificazioni (e quindi hanno il numero più basso di contagi in Europa) Italia e Francia utilizzano tra i 35 e 45 cicli (il numero esatto è difficile da dire perché le autorità non sono chiare al riguardo) .

Chiudo questo capitolo lasciando la parola a Kary Mullis, l’inventore del test PCR, per il quale ha vinto il premio Nobel nel 1993: “Con la PCR chiunque può risultare positivo a qualsiasi cosa, se lo fai abbastanza a lungo (molti cicli di amplificazione). Per questo dobbiamo stare molto attenti ad utilizzare la PCR come test diagnostico”.

MASCHERINE FACCIALI

L’argomento delle mascherine è un campo minato. Primo perché per molte persone le mascherine sono diventate un simbolo, un totem di natura semi religiosa. Secondo, e questo é più importante, perché l’uso delle mascherine produce benefici in determinate circostanze ma gravi danni in altre.

La percezione che ha comunemente la maggior parte delle persone è che le mascherine siano qualcosa di scomodo, un fastidio, ma devono essere indossate perché fanno bene alla salute (poiché proteggono dal virus). Questo non è corretto: le mascherine sono un compromesso. Si tratta quindi di calcolare sempre costi e benefici.

L’uso prolungato della mascherina porta ad un peggioramento delle prestazioni cardio-polmonari e ad una riduzione della funzione respiratoria. Questo è innocuo in soggetti sani che indossano la mascherina per brevi periodi ma pericoloso in soggetti con cardiopatie. Questo perché il cuore deve supplire al fatto che i polmoni non funzionano come dovrebbero. Quindi il cuore è sottoposto a notevole stress mentre un soggetto indossa una mascherina.

In più i pochi studi disponibili hanno dimostrato che indossare una mascherina per un periodo di tempo prolungato porta al peggioramento della virosi respiratoria (malattie respiratorie causate da un virus), che è esattamente ciò che dovrebbe essere ridotto o evitato. In altre parole, i soggetti che indossano mascherine mostrano più sintomi di infezioni respiratorie.

Dobbiamo capire cosa succede nei polmoni di una persona quando si indossa la mascherina: il Ministero della Salute italiano afferma che il 95% di ciò che emette un soggetto potenzialmente contagioso è schermato. Quindi la domanda cruciale è: dove va a finire quel 95% schermato delle emissioni? Ebbene, rimane semplicemente all’interno della mascherina, inumidendola e creando un ambiente favorevole allo sviluppo dei germi, ma soprattutto viene parzialmente reinalata. Questo crea il rischio che una persona che indossa a lungo una mascherina, la quale scherma e impedisce una libera espirazione, si faccia da sola cicli di amplificazione del virus. Continuando a reinalare i propri virus, può spingerli in profondità nei polmoni e negli alveoli dove i virus non dovrebbero giungere. Nelle vie respiratorie superiori sono presenti difese adattative innate che “uccidono” la maggior parte dei germi con cui entriamo in contatto respirando. Ma negli alveoli polmonari, in profondità dei polmoni, queste difese mancano, proprio perché i germi non dovrebbero arrivare cosi profondi. Se troppi virus arrivano negli alveoli polmonari e si moltiplicano senza resistenza, quando finalmente arrivano gli anticorpi, dopo 10-14 giorni, invece di trovare una piccola quantità di virus, ne trovano quantità enormi. Ne consegue una battaglia formidabile che crea un’infiammazione molto alta. Questo è esattamente ciò che si osserva in molti casi di soggetti che, dopo una lieve insorgenza, dopo 10-14 giorni, presentano un’esplosione infiammatoria e un aggravamento.

Dovremmo quindi evitare di peggiorare la situazione di un asintomatico imponendo una barriera all’espirazione. Perché il rischio è che, continuando a inspirare a lungo i propri virus, si trasformarmi il soggetto in un sintomatico o in un paucisintomatico.

Indossare una mascherina è un compromesso. Pertanto, il suo utilizzo deve essere modulato e non imposto in circostanze in cui è più dannoso che benefico.

Ovviamente in alcuni casi indossare una mascherina è un’ottima idea (per il minor tempo possibile): all’interno di ospedali, in ambienti con un’alta concentrazione di soggetti potenzialmente infettivi, vicino a pazienti Covid, in mezzo alla folla, nei trasporti pubblici. ..

Ma all’aperto, tranne in circostanze molto speciali, indossare una mascherina è totalmente irragionevole. Non è possibile ricevere una carica virale sufficiente per essere infettati semplicemente camminando vicino ad una persona. L’OMS dice che devi stare a distanza ravvicinata da una persona infetta per almeno 15 minuti (anche all’aperto) per ricevere una carica virale sufficiente per essere infettato. Il contatto occasionale non ha particolare importanza, costituisce un potenziale rischio assolutamente irrilevante rispetto ai rischi della vita. Quindi all’aperto, tranne in circostanze speciali (affollamento, ecc.) le mascherine non servono affatto. L’unica cosa che possono fare è dare un senso di sicurezza alle persone che la indossano e potenzialmente danneggiare le persone che hanno problemi respiratori e cardiaci e così via. L’ex direttore di microbiologia di Berna ha dichiarato: “Sarebbe più saggio indossare un casco perché è più probabile che qualcosa ti cada sulla testa che essere infettato camminando senza mascherina”.

Indossare una mascherina è un compromesso, e come tutti i compromessi, è giusto spingersi fino al punto in cui i danni sono superati dai benefici e cessare quando i rischi iniziano a superare i benefici.

PREVENZIONE

Quasi nessuno parla di prevenzione e questo è molto pericoloso perché uno dei fatti assolutamente incontrovertibili del caso Covid è che i cosiddetti “pazienti sani” generalmente non si ammalano e se lo fanno non hanno complicazioni. I pazienti sani combattono il Covid con il loro sistema immunitario senza bisogno di molte terapie. E questa è un’enorme differenza. Pertanto uno degli obiettivi principali dovrebbe essere quello di promuovere stili di vita sani che riducano naturalmente l’infiammazione all’interno del nostro corpo. Queste sono cose basilari come mangiare sano, non fumare, bere poco o niente alcol, mangiare poca carne rossa, perdere peso se sovrappeso, fare attività fisica regolare e così via. Anche le vitamine C, D e B12 si sono dimostrate molto utili nella prevenzione del Covid. Insomma qualsiasi cosa si possa fare per ridurre le infiammazioni del corpo e aumentare l’efficacia del sistema immunitario andrebbe fatta!

Un’altro aspetto fondamentale che raramente viene toccato è che questa malattia va combattuta sul territorio e non in ospedale. Deve essere combattuta con e da medici di famiglia locali che arrivano velocemente ai pazienti e iniziano ad applicare le terapie precocemente. La medicina locale deve essere implementata.

Anche perché molto spesso i pazienti che arrivano in ospedale lo fanno dopo aver perso tempo e si presentano in condizioni complicate. Inoltre gli ospedali sono luoghi dove la malattia si diffonde ancora di più, diventa un’infezione nosocomiale (un’infezione che si contrae in un ospedale). Questo fa ammalare medici e infermieri, riduce il loro numero e il loro lavoro diventa ingestibile.

I malati vanno curati precocemente da casa, lasciando liberi i posti letto degli ospedali a pazienti con malattie molto più gravi come malattie cardiovascolari, tumori, ecc.

CONSEGUENZE MEDICHE MEDIO/LUNGHE DELLA CRISI

Oggi gli ospedali hanno interrotto la maggior parte delle attività non correlate al Covid. La maggior parte degli screening, dei controlli, delle visite mediche e così via è stata ridotta o rinviata. Ciò significa migliaia e migliaia di persone che non si sono fatte controllare il cuore, che non hanno fatto test per il cancro e/o altre patologie. La prevenzione di patologie altamente letali è in pausa e questo è molto molto pericoloso.

Inoltre i malati non vanno in chirurgia. Questo è ovviamente un grosso problema. Immaginate un paziente con un cancro operabile. Se passano 15-20 giorni senza intervento chirurgico, non succede nulla, ma se passano 3-4 mesi i problemi si accentuano e questo può portare a problemi molto molto seri in futuro. Perché il tumore non starà fermo; progredirà (diventando probabilmente inoperabile). Lo stesso si può dire per i pazienti con infarto miocardico acuto o ictus cerebrale e così via. Tutte queste altre patologie esistono ancora e devono essere trattate. Nei prossimi mesi migliaia di persone moriranno per mancanza di cure.

Vale anche la pena considerare che l’Istituto Superiore di Sanità italiano ha firmato un rapporto sull’attività motoria nel 2018 in Italia, in base al quale durante quell’anno si sono stimati 88.200 decessi dovuti al fatto che non si è fatta abbastanza attività fisica nella media della popolazione. Poco meno del doppio dei decessi che oggi vengono attribuiti al Covid19 (che sono 36.000 e rotti). Se pensiamo alla limitazione dell’attività motoria avvenuta con il lockdown, è probabile che la situazione nel 2020, per quanto riguarda i decessi per attività fisica insufficiente, aumenterà.

Infine le conseguenze delle misure estreme prese dalle autorità (lockdown, congelamento dell’economia…) avranno profonde conseguenze sulla salute psichica e sociale della popolazione. Abbiamo già visto picchi nel numero di morti per suicidio, overdose e così via.

Se la crisi economica e sociale continua vedremo emergere questi problemi sempre di più e problemi come la malnutrizione e forse la fame diventeranno seri rischi per la salute.

FINE DELLA PRIMA PARTE 

Nella seconda parte di questo articolo tratteremo gli aspetti sociali, economici e politici della crisi.

« Articoli meno recenti