corte sconta detta arcana

A non-blog by Luca Ammendola

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TUTTO QUELLO CHE AVRESTE VOLUTO SAPERE SUL COVID* (*MA NON AVETE MAI OSATO CHIEDERE) – PRIMA PARTE

Dal film “Tutto quello che avreste voluto sapere sul sesso* (*ma non avete mai osato chiedere)
di Woody Allen

DISCLAIMER: Il seguente articolo è il risultato del lavoro di Mauro Scardovelli (rettore di Unialeph, un’università italiana fondata con l’obiettivo di insegnare ed attuare i valori della Costituzione Italiana) e del suo team. Tutte le informazioni che vi troverete sono state presentate da alcune delle migliori menti nel campo della medicina che l’Italia ha da offrire. La maggior parte di loro ha lavorato in prima linea sin dall’inizio della crisi Covid. Mi reggo sulle spalle di giganti. Tutto quello che ho cercato di fare è riassumere, organizzare e semplificare (ove possibile) le informazioni fornite nel tentativo di renderle comprensibili a tutti. La maggior parte delle statistiche si basa sulla situazione in Italia (che è la peggiore in Europa e quindi un buon caso di studio). Quello che segue è un esercizio di ragionamento (dal latino rationem: capire le cause). Questo articolo NON costituisce un protocollo medico ufficiale. In caso di sintomi DOVETE contattare un medico. L’articolo è diviso in due parti: la PRIMA PARTE è una panoramica degli aspetti medici della crisi, la SECONDA PARTE copre gli aspetti politici, sociali ed economici.

QUADRO GENERALE

Cominciamo dalle basi: un nuovo virus si è fatto strada nella natura; si chiama SARS-CoV-2 (Sindrome respiratoria acuta grave coronavirus 2), appartiene alla famiglia dei coronavirus e causa la “malattia da Coronavirus 2019” (COVID-19). Il primo caso è stato identificato a Wuhan, in Cina, nel dicembre 2019 (sebbene sia i tempi che l’ubicazione siano oggetto di dibattito). L’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) ha dichiarato l’epidemia una pandemia l’11 marzo 2020.

Le origini di questo virus, ad oggi, sono ancora poco chiare. Esistono tre ipotesi principali. Uno: il virus è di origine animale (la famosa ipotesi del pipistrello del mercato umido) ed è poi mutato in infettivo per l’uomo. Due: è un virus artificiale (vicino a Wuhan c’è un laboratorio che studia i virus, specificamente i virus legati ai pipistrelli) sfuggito al controllo dei ricercatori. Tre: è un’arma biologica rilasciata apposta sulla popolazione (non sappiamo da chi o perché). Le tre opzioni sono possibili ma, come ho detto, non sappiamo ancora niente con certezza e qualsiasi conclusione, al momento, sarebbe puramente speculativa.

Qualunque sia la sua origine, il virus ESISTE ed è da moderatamente ad altamente contagioso (a seconda di chi parla).

Nella stragrande maggioranza dei casi il virus non provoca reazioni (asintomatici) o reazioni molto leggere (paucisintomatici) nella persona infetta. MA in alcuni casi provoca un’iper-infiammazione polmonare molto grave che può portare alla cosiddetta “tempesta citochinica” (ne parleremo più avanti). In alcuni casi questo può portare alla morte.

PATOGENESI DEL VIRUS

(Patogenesi: il modo di produzione o sviluppo di una malattia.)

La malattia Covid ha tre fasi di sviluppo.

FASE 1: fase di risposta virale

Una fase iniziale, prettamente virologica, in cui prevale la replica virale. Di solito è una fase caratterizzata da una sintomatologia clinica non particolarmente grave come febbre, dolori ossei, mal di testa, nausea, diarrea… Questa fase virale tende a diminuire perché subentra la risposta infiammatoria del malato. (Per la maggior parte dei pazienti questo è utile perché aiuta a controllare l’infezione. Questa é la “ragion d’essere” della febbre, che è un meccanismo di difesa naturale. Le alte temperature, sopra i 38 gradi, uccidono i virus.)

FASE 2: Fase polmonare

Quando la risposta infiammatoria prende piede cede la risposta virologica. Questo è ciò che accade in tutte le malattie infettive. Fino a questo punto (fino a metà della seconda fase) la malattia non è peggiore della comune influenza. Nella maggior parte dei casi (l’80% dei pazienti sintomatici infetti) si tratta di una malattia lieve che guarisce da sola in una decina di giorni e senza complicazioni. MA in un certo numero di pazienti sintomatici infetti (il restante 20%) si innesca una risposta infiammatoria disregolata (una risposta infiammatoria eccessiva), che porta alla terza fase della malattia.

FASE 3: fase di iper-infiammazione

In alcuni pazienti si innesca una risposta infiammatoria eccessiva e disregolata. Una vera e propria “tempesta citochinica” (Coagulazione intravascolare disseminata), che porta i pazienti a una sindrome emofagocitica (disturbo delle capacità immunoregolatrici), all’ insufficienza respiratoria, alle terapie intensive ed in alcuni casi alla morte.

OBIETTIVO DELLE TERAPIE

Se c’è una cosa su cui tutti i medici sembrano essere d’accordo questa è il fattore tempo. La lotta al Covid è una corsa contro il tempo; l’intervento medico deve essere tempestivo. L’intervento medico deve essere mirato alla prima e alla seconda fase della malattia. Quando i pazienti entrano nella fase di iper-infiammazione diventa molto più difficile aiutarli.

Quindi, fondamentalmente, la terapia antivirale dovrebbe essere concentrata all’inizio della malattia. Quando si passa alla fase iper-infiammatoria della malattia i farmaci antivirali non servono più. A quel punto tutta la terapia si basa sulla modulazione dell’eccessiva risposta infiammatoria, sul tentativo di spegnere la “tempesta citochinica” che si è generata nei polmoni del paziente.

Tra questi due estremi, ovviamente, c’è una zona intermedia che, a parere di molti medici, è la zona in cui si dovrebbe concentrare il massimo sforzo terapeutico.

L’obiettivo delle terapie dovrebbe essere quello di intercettare i pazienti nella fase iniziale della malattia e curarli immediatamente con la terapia antivirale.

Se il paziente evolve verso la fase iper-infiammatoria, l’altro obiettivo è quello di intercettare precocemente l’insorgenza di questa eccessiva risposta infiammatoria per evitare di trovarsi di fronte a pazienti nei quali il contenimento è molto difficile. A quel punto tutta la partita si gioca sulla loro resistenza alla terapia ventilatoria.

Quindi essere precoci con la terapia dovrebbe idealmente evitare l’evoluzione verso la terza fase della malattia, quindi salvare vite umane e ridurre i ricoveri in ospedale ed in terapia intensiva.

TERAPIE

La maggior parte dei medici è confusa sul trattamento da adottare perché, ad oggi, nessuno ha fornito un piano terapeutico ufficiale. Il governo e le istituzioni sanitarie hanno suggerito quali trattamenti NON usare ma nessuno si è preso la responsabilità di consigliare l’uso di una terapia specifica.

Quindi i medici in prima linea hanno dovuto inventarne/crearne una utilizzando i frutti della loro esperienza ed osservazione acquisite vicino al letto dei pazienti; fuori dai laboratori, fuori dalle ruminazioni mentali. E questo è quello che hanno trovato:

I farmaci svolgono ruoli diversi in momenti diversi. Diversi farmaci sono necessari durante le tre fasi della malattia.

FASE 1: La terapia antivirale dovrebbe essere concentrata all’inizio della malattia. I medici non possono restare inattivi e consentire alle persone di stare a letto senza una terapia adeguata o, peggio ancora, con una terapia, ad esempio il Paracetamolo, che può essere dannoso (il Paracetamolo è pericoloso nei pazienti Covid perché crea un impoverimento delle riserve di Glutatione, che è essenziale come antiossidante ed è molto utile nelle reazioni antinfiammatorie. Rimuovere il Glutatione significa aprire le porte all’avanzamento dell’infiammazione.) La fase 1 va affrontata con rimedi antivirali e antinfiammatori che bloccano o riducono lo stato infiammatorio (ad esempio vitamina C e D). C’è un farmaco in particolare che ha dimostrato (sul campo) di essere il più efficace in questa fase. Ma tratteremo (ampiamente) di questo nel prossimo capitolo.

FASE 2: i rimedi antivirali devono essere proseguiti per un po’ ma iniziano a perdere efficacia. L’eparina a basso peso molecolare (un anticoagulante con una forte attività immunomodulante) deve essere iniziata non appena compaiono i primi segni di iper-infiammazione, insieme agli antibiotici. L’uso di antibiotici è necessario perché ha un’azione su possibili superinfezioni batteriche. Perché? perché un polmone infiammato è predisposto alla colonizzazione di batteri patogeni. Un polmone infiammato che produce muco è un terreno fertile fantastico per i patogeni. Non possiamo sottolineare abbastanza che il tempismo è essenziale. I pazienti morti a Marzo e Aprile erano, nella maggior parte dei casi, pazienti sui quali non è stato effettuato alcun intervento. Erano pazienti che sono stati lasciati a casa da soli.

FASE 3: Come abbiamo già accennato, i pazienti che raggiungono la fase tre della malattia sono seriamente compromessi. A questo punto l’obiettivo medico è quello di “spegnere” l’iper-infiammazione. Questo viene fatto con rimedi antinfiammatori e anticoagulanti. Ma questi richiedono tempo per avere effetto e molti pazienti che raggiungono la fase 3 non sono in grado di respirare normalmente. Quindi la maggior parte deve essere intubata. L’intubazione orale-tracheale è una pratica medica che può essere eseguita solo da un medico di terapia intensiva. È una procedura medica invasiva, estremamente delicata, che nessun medico utilizza a cuor leggero; è letteralmente l’ultima cosa che vogliono (e possono) fare. Vale la pena notare che la terapia intensiva è vista dalla maggior parte dei medici come il fallimento della strategia terapeutica e NON, come invece promuovono i governi e i media, una risposta intelligente e strutturale alla malattia. Alla luce di ciò, avere cure più intensive come risposta principale del sistema a un’infezione virale è profondamente preoccupante.

IDROSSICLOROCHINA

Come accennato in precedenza, esiste un farmaco che ha dimostrato sul campo di essere il più efficace come antivirale durante la prima fase e la prima metà della seconda fase della malattia. Questo farmaco si chiama Idrossiclorochina ed è uno dei farmaci più controversi del caso Covid (alcuni lo chiamano la pistola fumante, la prova inconfutabile della cattiva gestione della crisi).

L’idrossiclorochina è un derivato della Clorochina. È un farmaco in uso da molto tempo, l’FPA americano lo ha approvato nel 1955 ed è il 128 ° farmaco più prescritto negli Stati Uniti. È un farmaco particolarmente testato, ha un costo molto contenuto (pochi euro a scatola) ed è di facile fornitura (è un farmaco comune). È più comunemente usato per prevenire la Malaria e chiunque abbia viaggiato in aree a rischio di malaria lo ha preso (so per certo di averlo fatto più volte nella mia vita).

Il farmaco può avere effetti avversi/collaterali (ovviamente! Tutti i farmaci hanno effetti collaterali! Anche l’aspirina!) ma questi sono trascurabili. Gli effetti collaterali più comuni sono nausea, crampi allo stomaco e diarrea. Altri effetti collaterali comuni includono prurito e mal di testa. I possibili effetti collaterali più gravi colpiscono l’occhio (Retinopatia -danno alla retina) generalmente dovuta all’uso cronico.

Prima di prescrivere il farmaco il medico deve sempre porre al paziente alcune domande (questo è il caso di QUALSIASI farmaco). Il paziente non deve essere affetto, ad esempio, dalla sindrome del QT lungo (una malattia cardiaca) o dal cosiddetto Favismo (un errore congenito del metabolismo che predispone alla disgregazione dei globuli rossi) o altre condizioni che interagiscono con l’Idrossiclorochina. Ma questo è l’ABC della medicina.

L’AIFA (Associazione Italiana del Farmaco – ente pubblico) ha inizialmente dato il via libera all’uso dell’Idrossiclorochina ma poi l’ha ritirata dal mercato. Ciò è stato fatto con il supporto di una serie di studi condotti negli Stati Uniti sostenendo che il farmaco può portare a effetti collaterali molto dannosi. Ma questi studi sono altamente problematici (tanto che The Lancet, la più antica pubblicazione scientifica al mondo, ha dovuto ritrattare lo studio che hanno incautamente e frettolosamente pubblicato). Molti medici non hanno problemi a chiamare questi studi fasulli. Questo perché questi studi sono stati effettuati su pazienti ospedalizzati (pazienti che avevano raggiunto la seconda metà della fase due o addirittura la terza fase della malattia) e con dosaggi molto molto elevati (sovradosaggio). In questo caso è ovvio che i pazienti mostreranno effetti collaterali dannosi. Come abbiamo visto in precedenza, l’idrossiclorochina è più utile nella fase iniziale della malattia e dovrebbe essere utilizzata con il dosaggio corretto. Vale la pena di sottolineare l’ovvio: qualsiasi farmaco, se usato a dosaggi molto elevati, può essere dannoso.

Peggio ancora (secondo l’opinione di chi scrive) le prove cliniche di migliaia di persone guarite con l’idrossiclorochina sono state ignorate e/o ostacolate dall’AIFA e dall’OMS.

L’Idrossiclorochina è stata utilizzata su migliaia di pazienti in Italia a un dosaggio ragionevole e per un periodo ragionevole. L’osservazione clinica di tanti medici autorevoli e soprattutto esperti, ha portato ad affermare che nella loro esperienza clinica l’Idrossiclorochina ha modificato positivamente l’andamento della malattia nei pazienti.

I medici onesti parlano della centralità del tempismo (ne abbiamo già parlato più volte). Il farmaco è utile all’inizio della malattia. E non deve superare il dosaggio di 800 mg al giorno per un massimo di 7 giorni.

Andrea Mangiagalli, tanto per fare un esempio pratico, uno dei primi medici di famiglia a testare “sul campo” l’efficacia dell’Idrossiclorochina, ha curato 300 pazienti. Non ha mai visto complicazioni tranne alcuni pazienti che hanno avuto una modesta diarrea (grado 1 o 2 molto modesto). Di questi 300 pazienti 3 sono stati ricoverati in ospedale, 1 è morto e 297 sono stati CURATI (non so voi, ma personalmente accetterei queste probabilità in qualunque momento).

Le prove fornite dai medici in prima linea non sono poche, sono prove forti e positive dell’utilità dell’Idrossiclorochina nella lotta contro il Covid. La cosa più gentile che si possa dire sul mancato utilizzo dell’idrossiclorochina è che il pericolo è stato sovrastimato dalle autorità. Tuttavia è opinione di chi scrive che il mancato utilizzo (a causa di incompetenza o connivenza) di una cura che avrebbe potuto potenzialmente salvare migliaia e migliaia di persone è un crimine contro l’umanità e deve essere giudicato in un tribunale.

(AGGIORNAMENTO: l’11 Dicembre 2020, dopo un’ardua battaglia legale durata sette mesi e portata avanti da un gruppo di medici di base, il Consiglio di Stato italiano ha approvato l’uso dell’idrossiclorochina come terapia per il Covid-19. Si legge nell’ordinanza: “La perdurante incertezza circa l’efficacia terapeutica dell’idrossiclorochina, ammessa dalla stessa AIFA a giustificazione dell’ulteriore valutazione in studi clinici randomizzati non è ragione sufficiente sul piano giuridico a giustificare l’irragionevole sospensione del suo utilizzo sul territorio nazionale”. Meglio tardi che mai!)

LETALITÀ, MORTALITÀ ED ALTRE STATISTICHE

La popolazione italiana é di 60.360.000 circa.

Al momento di scrivere (5 Dicembre 2020) secondo il Ministero della salute il totale dei tamponi effettuati è pari a 22.767.130 e cioè il 37.7% della popolazione.

I positivi al test PCR per il Covid-19 sono 754,169 cioè 1.24% di tutti gli italiani.

Il 94% dei contagiati è asintomatico (nessun sintomo) o paucisintomatico (sintomi leggeri).

I pazienti ricoverati con sintomi sono 31.200 cioè 4.1% dei positivi al test e lo 0,05% di tutti gli italiani.

Di quelli ricoverati sono in terapia intensiva 3.567 persone e cioè il 11.4% dei ricoverati, ovvero lo 0.47% di tutti i positivi, ossia lo 0.05% di tutti gli italiani.

I morti totali di/con (difficile da dire) Covid-19 sono 60.078.

Il virus ha quindi un tasso di letalità (numero delle persone decedute diviso per il totale dei positivi al test PCR) del 7.9% ed un tasso di mortalità (numero delle persone decedute a causa della malattia diviso per il totale della popolazione) dello 0.09%.

Il tasso di letalità del virus é di difficile interpretazione a causa di vari problemi con il test PCR (che vedremo nel prossimo capitolo).

Ma possiamo tranquillamente affermare che il Covid-19 è una malattia mortale ma il suo tasso di mortalità è percentualmente molto basso.

Quindi è una malattia da prendere sul serio ma che non dovrebbe farci impanicare.

Per essere chiari: il Covid-19 non è la “Peste nera” né “l’influenza spagnola” (che nel 1918-20, in un tempo in cui non avevamo Penicillina, Idrossiclorochina, Eparina, Antibiotici, Cortisone o terapie intensive, uccise tra i 50 e i 100 milioni di persone nel giro di due anni). La letalità del Covid è anche molto inferiore a quella di altri due moderni coronavirus: Sars-Cov1 (10% di letalità durante l’epidemia del 2002-04) o Mers (37% di letalità durante l’epidemia del 2002). Ed è incomparabile per letalità a virus estremamente pericolosi come l’influenza aviaria (60% di letalità) o l’Ebola (65% di letalità).

Per mettere le cose ancora più in prospettiva, il Covid ha una mortalità annuale inferiore rispetto agli incidenti stradali, ai suicidi e alle malattie respiratorie (a causa delle nanopolveri/inquinamento).

Vale anche la pena notare che oggi (autunno 2020) solo lo 0,5% di tutti i casi positivi finisce in terapia intensiva (cioè 30 volte in meno rispetto a Marzo).

Le ultime stime del tasso di sopravvivenza fornite dal Center for Disease Control (CDC-L’istituto sanitario nazionale degli Stati Uniti) sono:

Età 0-19 … 99,997%

Età 20-49 … 99,98%

Età 50-69 … 99,5%

Età 70+ … 94,6%

Infine si consideri che il 90% dei morti aveva più di ottant’anni e/o aveva altre malattie preesistenti (respiratorie, cardio vascolari, malattie metaboliche e/o obesità, diabete… insomma tutto ciò che produce infiammazioni nel nostro corpo). Questo è il motivo per cui i bambini e i giovani sani non si ammalano o mostrano sintomi molto molto lievi: hanno poche o nessuna infiammazione preesistente nel loro corpo.

Per concludere, il Covid è una malattia grave ma non ne moriremo tutti (a differenza di quello che la maggior parte della propaganda mediatica vuole farti credere). Tenendo presente questi dati, ogni ulteriore ragionamento deve imporre un’analisi “rischi e benefici”.

TEST PCR

Il test più comune (ce ne sono altri) per testare la positività per Covid-19 è il test di reazione a catena della polimerasi (PCR-Polymerase chain reaction, in Inglese). Si tratta di un metodo utilizzato per realizzare rapidamente da milioni a miliardi di copie di uno specifico campione di DNA, consentendo agli scienziati di prelevare un campione molto piccolo di DNA e di amplificarlo sufficientemente per poterlo studiare nel dettaglio.

Per iniziare credo sia importante chiarire cosa significhi “essere positivi al test PCR”. Essere positivo significa che la persona testata ha nel suo corpo un po ‘di acido nucleico (DNA e RNA) del virus. MA un soggetto positivo non significa che il soggetto sia malato. Né significa necessariamente che il soggetto sia contagioso.

Questo perché l’acido nucleico trovato non rappresenta necessariamente una particella virale infettante, può essere un residuo, un virus morto. Inoltre l’acido nucleico trovato non rappresenta necessariamente una concentrazione di virus sufficiente ad infettare (se stesso e gli altri).

Studi in vitro hanno dimostrato che affinché si verifichi l’infezione deve esserci almeno un milione di genomi equivalenti in un campione clinico (la carica virale). In altre parole è la carica virale (e non la presenza di acido nucleico) che determina se sei malato e quanto. MA il test PCR non è in grado di misurare correttamente la carica virale. Questo è uno dei problemi principali del test.

Il secondo problema ha a che fare con i cicli di amplificazione ed è un problema di uso improprio. Nel test PCR le sequenze di DNA prelevate dal soggetto in esame vengono amplificate esponenzialmente in una serie di cicli. Immaginate (per semplificare) un obiettivo zoom: più amplifichi lo zoom, più vicino e dettagliato vedi. Sempre semplificando, ogni grado di amplificazione dello zoom equivale ad un ciclo di amplificazione. Ora il problema è che quando il test viene eseguito a 35 o più cicli è inutile e fuorviante. Cito Anthony Fauci: “Se ottieni una soglia del ciclo di 35 o più… le possibilità che sia competente per la replica sono minuscole… non puoi quasi mai coltivare virus da un ciclo di 37 soglie… sono solo nucleoidi morti, punto.” Questa, tra parentesi, è una stima generosa. Gli scienziati più conservatori suggeriscono un massimo di 20-30 cicli.

In altre parole, troppi cicli e il test produrrà ogni sorta di materiale irrilevante che verrà erroneamente interpretato come rilevante. Questo è chiamato falso positivo. Un test PCR eseguito su 35 o più cicli di amplificazione darà un valore compreso tra il 50% e il 91% di falsi positivi (dalla possibilità più ottimistica a quella più pessimistica).

L’11 novembre 2020, la Corte d’appello di Lisbona in Portogallo ha dichiarato illegale la quarantena di quattro cittadini portoghesi. Hanno fornito questa ragione: “Sulla base delle prove scientifiche attualmente disponibili, questo test [il test RT-PCR] non è di per sé in grado di stabilire oltre ogni dubbio se la positività sia effettivamente equivalente all’infezione con il virus SARS CoV-2. E questo per diversi motivi, due dei quali di primaria importanza: l’affidabilità del test dipende dal numero di cicli utilizzati; l’affidabilità del test dipende dalla carica virale presente”.

Il problema dell’amplificazione dei cicli spiega anche come mai esistono differenze così disparate nel numero di contagi tra i diversi paesi. Germania e Austria, ad esempio, utilizzano 25 cicli di amplificazioni (e quindi hanno il numero più basso di contagi in Europa) Italia e Francia utilizzano tra i 35 e 45 cicli (il numero esatto è difficile da dire perché le autorità non sono chiare al riguardo) .

Chiudo questo capitolo lasciando la parola a Kary Mullis, l’inventore del test PCR, per il quale ha vinto il premio Nobel nel 1993: “Con la PCR chiunque può risultare positivo a qualsiasi cosa, se lo fai abbastanza a lungo (molti cicli di amplificazione). Per questo dobbiamo stare molto attenti ad utilizzare la PCR come test diagnostico”.

MASCHERINE FACCIALI

L’argomento delle mascherine è un campo minato. Primo perché per molte persone le mascherine sono diventate un simbolo, un totem di natura semi religiosa. Secondo, e questo é più importante, perché l’uso delle mascherine produce benefici in determinate circostanze ma gravi danni in altre.

La percezione che ha comunemente la maggior parte delle persone è che le mascherine siano qualcosa di scomodo, un fastidio, ma devono essere indossate perché fanno bene alla salute (poiché proteggono dal virus). Questo non è corretto: le mascherine sono un compromesso. Si tratta quindi di calcolare sempre costi e benefici.

L’uso prolungato della mascherina porta ad un peggioramento delle prestazioni cardio-polmonari e ad una riduzione della funzione respiratoria. Questo è innocuo in soggetti sani che indossano la mascherina per brevi periodi ma pericoloso in soggetti con cardiopatie. Questo perché il cuore deve supplire al fatto che i polmoni non funzionano come dovrebbero. Quindi il cuore è sottoposto a notevole stress mentre un soggetto indossa una mascherina.

In più i pochi studi disponibili hanno dimostrato che indossare una mascherina per un periodo di tempo prolungato porta al peggioramento della virosi respiratoria (malattie respiratorie causate da un virus), che è esattamente ciò che dovrebbe essere ridotto o evitato. In altre parole, i soggetti che indossano mascherine mostrano più sintomi di infezioni respiratorie.

Dobbiamo capire cosa succede nei polmoni di una persona quando si indossa la mascherina: il Ministero della Salute italiano afferma che il 95% di ciò che emette un soggetto potenzialmente contagioso è schermato. Quindi la domanda cruciale è: dove va a finire quel 95% schermato delle emissioni? Ebbene, rimane semplicemente all’interno della mascherina, inumidendola e creando un ambiente favorevole allo sviluppo dei germi, ma soprattutto viene parzialmente reinalata. Questo crea il rischio che una persona che indossa a lungo una mascherina, la quale scherma e impedisce una libera espirazione, si faccia da sola cicli di amplificazione del virus. Continuando a reinalare i propri virus, può spingerli in profondità nei polmoni e negli alveoli dove i virus non dovrebbero giungere. Nelle vie respiratorie superiori sono presenti difese adattative innate che “uccidono” la maggior parte dei germi con cui entriamo in contatto respirando. Ma negli alveoli polmonari, in profondità dei polmoni, queste difese mancano, proprio perché i germi non dovrebbero arrivare cosi profondi. Se troppi virus arrivano negli alveoli polmonari e si moltiplicano senza resistenza, quando finalmente arrivano gli anticorpi, dopo 10-14 giorni, invece di trovare una piccola quantità di virus, ne trovano quantità enormi. Ne consegue una battaglia formidabile che crea un’infiammazione molto alta. Questo è esattamente ciò che si osserva in molti casi di soggetti che, dopo una lieve insorgenza, dopo 10-14 giorni, presentano un’esplosione infiammatoria e un aggravamento.

Dovremmo quindi evitare di peggiorare la situazione di un asintomatico imponendo una barriera all’espirazione. Perché il rischio è che, continuando a inspirare a lungo i propri virus, si trasformarmi il soggetto in un sintomatico o in un paucisintomatico.

Indossare una mascherina è un compromesso. Pertanto, il suo utilizzo deve essere modulato e non imposto in circostanze in cui è più dannoso che benefico.

Ovviamente in alcuni casi indossare una mascherina è un’ottima idea (per il minor tempo possibile): all’interno di ospedali, in ambienti con un’alta concentrazione di soggetti potenzialmente infettivi, vicino a pazienti Covid, in mezzo alla folla, nei trasporti pubblici. ..

Ma all’aperto, tranne in circostanze molto speciali, indossare una mascherina è totalmente irragionevole. Non è possibile ricevere una carica virale sufficiente per essere infettati semplicemente camminando vicino ad una persona. L’OMS dice che devi stare a distanza ravvicinata da una persona infetta per almeno 15 minuti (anche all’aperto) per ricevere una carica virale sufficiente per essere infettato. Il contatto occasionale non ha particolare importanza, costituisce un potenziale rischio assolutamente irrilevante rispetto ai rischi della vita. Quindi all’aperto, tranne in circostanze speciali (affollamento, ecc.) le mascherine non servono affatto. L’unica cosa che possono fare è dare un senso di sicurezza alle persone che la indossano e potenzialmente danneggiare le persone che hanno problemi respiratori e cardiaci e così via. L’ex direttore di microbiologia di Berna ha dichiarato: “Sarebbe più saggio indossare un casco perché è più probabile che qualcosa ti cada sulla testa che essere infettato camminando senza mascherina”.

Indossare una mascherina è un compromesso, e come tutti i compromessi, è giusto spingersi fino al punto in cui i danni sono superati dai benefici e cessare quando i rischi iniziano a superare i benefici.

PREVENZIONE

Quasi nessuno parla di prevenzione e questo è molto pericoloso perché uno dei fatti assolutamente incontrovertibili del caso Covid è che i cosiddetti “pazienti sani” generalmente non si ammalano e se lo fanno non hanno complicazioni. I pazienti sani combattono il Covid con il loro sistema immunitario senza bisogno di molte terapie. E questa è un’enorme differenza. Pertanto uno degli obiettivi principali dovrebbe essere quello di promuovere stili di vita sani che riducano naturalmente l’infiammazione all’interno del nostro corpo. Queste sono cose basilari come mangiare sano, non fumare, bere poco o niente alcol, mangiare poca carne rossa, perdere peso se sovrappeso, fare attività fisica regolare e così via. Anche le vitamine C, D e B12 si sono dimostrate molto utili nella prevenzione del Covid. Insomma qualsiasi cosa si possa fare per ridurre le infiammazioni del corpo e aumentare l’efficacia del sistema immunitario andrebbe fatta!

Un’altro aspetto fondamentale che raramente viene toccato è che questa malattia va combattuta sul territorio e non in ospedale. Deve essere combattuta con e da medici di famiglia locali che arrivano velocemente ai pazienti e iniziano ad applicare le terapie precocemente. La medicina locale deve essere implementata.

Anche perché molto spesso i pazienti che arrivano in ospedale lo fanno dopo aver perso tempo e si presentano in condizioni complicate. Inoltre gli ospedali sono luoghi dove la malattia si diffonde ancora di più, diventa un’infezione nosocomiale (un’infezione che si contrae in un ospedale). Questo fa ammalare medici e infermieri, riduce il loro numero e il loro lavoro diventa ingestibile.

I malati vanno curati precocemente da casa, lasciando liberi i posti letto degli ospedali a pazienti con malattie molto più gravi come malattie cardiovascolari, tumori, ecc.

CONSEGUENZE MEDICHE MEDIO/LUNGHE DELLA CRISI

Oggi gli ospedali hanno interrotto la maggior parte delle attività non correlate al Covid. La maggior parte degli screening, dei controlli, delle visite mediche e così via è stata ridotta o rinviata. Ciò significa migliaia e migliaia di persone che non si sono fatte controllare il cuore, che non hanno fatto test per il cancro e/o altre patologie. La prevenzione di patologie altamente letali è in pausa e questo è molto molto pericoloso.

Inoltre i malati non vanno in chirurgia. Questo è ovviamente un grosso problema. Immaginate un paziente con un cancro operabile. Se passano 15-20 giorni senza intervento chirurgico, non succede nulla, ma se passano 3-4 mesi i problemi si accentuano e questo può portare a problemi molto molto seri in futuro. Perché il tumore non starà fermo; progredirà (diventando probabilmente inoperabile). Lo stesso si può dire per i pazienti con infarto miocardico acuto o ictus cerebrale e così via. Tutte queste altre patologie esistono ancora e devono essere trattate. Nei prossimi mesi migliaia di persone moriranno per mancanza di cure.

Vale anche la pena considerare che l’Istituto Superiore di Sanità italiano ha firmato un rapporto sull’attività motoria nel 2018 in Italia, in base al quale durante quell’anno si sono stimati 88.200 decessi dovuti al fatto che non si è fatta abbastanza attività fisica nella media della popolazione. Poco meno del doppio dei decessi che oggi vengono attribuiti al Covid19 (che sono 36.000 e rotti). Se pensiamo alla limitazione dell’attività motoria avvenuta con il lockdown, è probabile che la situazione nel 2020, per quanto riguarda i decessi per attività fisica insufficiente, aumenterà.

Infine le conseguenze delle misure estreme prese dalle autorità (lockdown, congelamento dell’economia…) avranno profonde conseguenze sulla salute psichica e sociale della popolazione. Abbiamo già visto picchi nel numero di morti per suicidio, overdose e così via.

Se la crisi economica e sociale continua vedremo emergere questi problemi sempre di più e problemi come la malnutrizione e forse la fame diventeranno seri rischi per la salute.

FINE DELLA PRIMA PARTE 

Nella seconda parte di questo articolo tratteremo gli aspetti sociali, economici e politici della crisi.

HUXLEY O ORWELL?

Dal film “Salò o le 120 giornate di Sodoma” di Pier Paolo Pasolini

Il seguente articolo non contiene spoiler. Non è necessario aver letto i libri in questione per comprendere ciò che segue. Ma se non li aveste letti vi suggerisco, amichevolmente, di farlo.

Nel ventesimo secolo, due scrittori inglesi Aldous Huxley e George Orwell, scrissero i due romanzi di fantascienza più iconici sul totalitarismo dei tempi moderni: “Il nuovo mondo” e “1984”. I due romanzi dipingevano due tipi di società totalitarie diametralmente opposte. In “Il nuovo mondo” Huxley descrive un sistema totalitario che è, in superficie, benevolo; dipinge il quadro di una società futile ed edonistica in cui le persone sono governate dal piacere e controllate dalla tecnologia e dalla scienza. Inversamente “1984” rappresenta un mondo diviso in tre blocchi, in uno perpetuo stato di guerra, dove i lavoratori sono oppressi con la violenza (in tutte le sue forme) e sono controllati dall’occhio che tutto vede del Grande Fratello, incarnazione del potere burocratico, repressivo e onnisciente.

Le domande che oggi vi invito ad esplorare sono: quale di queste due distopie è stata più accurata nel descrivere la nostra attuale condizione di disfunzione e tumulto? E quale di queste due tipologie di totalitarismo è più probabile che funzioni nel nostro mondo moderno?

Entrambi i libri, a livello fondamentale, condividono una comune indagine filosofica: qual è il posto dell’individuo in un mondo che, attraverso il progresso scientifico e tecnologico, è sempre più orientato alla produzione ed al consumo di massa. Non sorprende quindi che entrambe le distopie abbiano molti dettagli in comune.

Entrambi gli scrittori vedevano un futuro plasmato dalle armi di distruzione di massa, concordavano sul pericolo di dividere l’umanità in categorie, determinate dall’ingegneria biologica e dal condizionamento psicologico (Huxley) o dalla tradizionale classe sociale combinata con una sorta di sistema di lealtà verso il potere (Orwell). Entrambi immaginavano il sesso come elemento chiave per attuare il totalitarismo (sull’argomento vi consiglio di guardare il capolavoro di Pier Paolo Pasolini “I 120 giorni di Salò”), anche se in modi diametralmente opposti: repressione forzata e celibato nel libro di Orwell; promiscuità ed edonismo deliberato e narcotizzante in Huxley’s. La manipolazione del linguaggio e la falsificazione della storia sono comuni in entrambi i romanzi. Entrambi i romanzi immaginavano un futuro dominato dall’America. Entrambi gli scrittori pensavano che i futuri governi avrebbero permanentemente compiuto molti sforzi per cercare di incitare il consumo economico.

La principale differenza tra queste due visioni potrebbe essere considerata come una differenza nella lunghezza del campo di visione. Orwell descrisse il totalitarismo del XX secolo in seguito alle sue esperienze di lotta contro il fascismo in Spagna. Vide il potere totalitario per ciò che fu durante la sua vita e quindi fornì un resoconto accurato e terrificante del fascismo, del nazismo e dello stalinismo. Il suo lavoro fu un lavoro storico. Huxley dall’altra parte era più interessato all’idea speculativa di come sarebbe stato il totalitarismo in futuro. Creò una distopia perfetta usando la sua conoscenza della psicologia, della scienza e della tecnologia per creare lo stato totalitario “perfetto”. La sua opera era l’opera di un filosofo.

Huxley ebbe la geniale intuizione di capire che in futuro il vero totalitarismo non poteva essere attuato con la forza. Il controllo finale sarebbe stato implementato attraverso il piacere, non il dolore. Perché è più difficile scappare da esso. Se un dittatore, con indosso una divisa, opprime il popolo con la violenza crea una situazione impossibile da mantenere a lungo termine. Questo per tre ragioni principali: prima di tutto l’oppresso è consapevole di essere oppresso, in secondo luogo sa chi lo sta opprimendo (il problema dell’uniforme) e infine (visto che sa di essere oppresso e sa chi lo sta opprimendo) è solo questione di tempo prima che l’oppresso raccolga un’arma e reagisca. Ciò che Huxley capì è che una dittatura veramente efficace ha bisogno di far credere agli oppressi di non essere affatto oppressi ma agenti liberi in una società libera, in secondo luogo il dittatore (il potere) deve nascondersi in bella vista; abbandonare l’uniforme in favore di giacca e cravatta, il che gli dà un’aria di normalità e rispettabilità. Infine deve fare tutto ciò che è in suo potere per assicurarsi che le persone che opprime siano abbastanza felici da non ribellarsi. La chiave di tutto questo? Nella mente di Huxley era un misto di edonismo sessuale, farmaci e consumismo. Di nuovo: controllo attraverso il piacere. Perché chi si ribellerà al piacere?

Huxley capì che un dittatore veramente machiavellico non deve tentare di eliminare la libertà. Tutto ciò che deve fare è definire a cosa assomigli la libertà. O per citare Henry Ford: “Puoi avere la tua auto di qualsiasi colore tu voglia… purché sia nera”. Nella mente di Huxley il futuro totalitarismo ci farà amare la nostra condizione di schiavi dandoci l’impressione di avere il controllo, quando in realtà faremo esattamente ciò che il potere vuole. Penseremo di essere liberi ma senza esserlo. L’umanità sarà tranquillizzata dal piacere e dalle droghe e dalle volontarie distrazioni dell'”infantilizzazione civilizzata”.

Scrive Huxley: “La mia convinzione è che l’oligarchia dominante troverà modi meno ardui e dispendiosi di governare e di soddisfare la sua brama di potere (…) la brama di potere può essere altrettanto completamente soddisfatta suggerendo alle persone di amare la loro servitù che fustigandoli e prendendoli a calci per la loro obbedienza “.

Ormai probabilmente avrete capito che è l’umile opinione di chi scrive che Aldous Huxley “vince la battaglia”. Ho riletto “Il nuovo mondo” quest’estate (e il suo seguito “Ritorno al nuovo mondo”) e sono rimasto stupito dall’accuratezza delle sue previsioni. Dalla biogenetica come sistema tecnologico di allevamento di bambini perfetti che formeranno il sistema di classi del futuro (una pratica ancora all’alba ma in fase di attuazione mentre scrivo. Sull’argomento vi consiglio di leggere del Dr. Steinberg e del Fertility Institute of California ), al sesso privo di emozioni, nevrotico, promiscuo, impersonale, promosso come segno di civiltà, all’uso diffuso di antidepressivi, farmaci ansiolitici e sedativi legalizzati (anche sui bambini), all’intrattenimento infantile di massa (penso ai film Marvel), alla società cullante, mortalmente ed incredibilmente piacevole promossa ovunque attraverso la pubblicità e la televisione, al piacere in tutte le sue forme come sacro Graal del capitalismo, alla distrazione di massa come mezzo per controllare la conversazione, alla scienza e la tecnologia come nuova religione… é inquietante vedere quanto la nostra società assomigli ad una fantasia distopica scritta circa 80 anni fa.

Aveva persino previsto Facebook (sotto forma di gigantesche schede, vero, ma ne capì il succo). La dichiarazione di intenti di Facebook “dare alle persone il potere di costruire una comunità e avvicinare il mondo” suona molto come il motto del nuovo mondo “Comunità, identità, stabilità” ed il divieto totale di mostrare immagini di allattamento al seno è comune al romanzo e al sito web (essendo un simbolo della nostra umanità e del nostro rapporto con la natura). Inoltre: la natura pubblica delle relazioni, l’idea che tutto dovrebbe essere condiviso e l’idea che “tutti appartengono a tutti gli altri” sono ulteriori temi comuni al romanzo e all’azienda. E soprattutto, l’idea, perfettamente espressa da Zuckerberg e che esemplifica perfettamente il tema principale di Huxley, che “la privacy è una norma obsoleta”.

Ma che dire di Orwell? Ebbene, è uno di quei casi in cui “quando il nuovo sistema non funziona torna a quello vecchio”. La violenza repressiva è ancora un’opzione quando il totalitarismo benevolo fallisce (per un recente esempio di questo vi invito a leggere il mio precedente articolo RITORNO AL FUTURO? – o di provare a camminare  per strada senza mascherina). Orwell previde lo stato di sorveglianza di massa delle nostre società moderne: dalle telecamere a circuito chiuso con riconoscimento facciale, al Patriot Act, alle telecamere accessibili (dallo stato) sul nostro computer, iPhone, auto, TV e così via, siamo costantemente sorvegliati dal Grande Fratello. Il nostro mondo ha anche un numero crescente di “uomini forti” come leader (segnalo Trump) che riscrivono la storia e ignorano la verità (segnalo tutti i presidenti americani probabilmente dai tempi di Kennedy), e una crescente enfasi sui crimini di pensiero. Non abbiamo un “Due minuti d’odio” ufficiale, come nello stato di Orwell, ma i nostri equivalenti sui social media si avvicinano dannatamente. Infine, l’idea di una guerra permanente di basso livello come nuova norma assomiglia molto alla “guerra al terrorismo” globale che dura da 19 anni. Infine l’oppressione dei lavoratori è decisamente il modus operandi dei nostri sistemi economici (se non mi credete andate a parlare con un lavoratore di Amazon).

Mi sembra quindi giusto dire, e lo dico a malincuore, che le nostre moderne democrazie “splendenti” assomigliano sempre di più a un ibrido dei due romanzi. E questa non è una bella immagine.

Ovviamente c’è un paese che è davanti a noi nella corsa verso il perfetto stato totalitario (ma non preoccupatevi, lo seguiremo presto) ed è la Cina. Se la Cina ha dimostrato una cosa è che il capitalismo funziona molto meglio sotto un regime totalitario che non con la democrazia (dopo tutto cosa ci si può aspettare da un sistema economico basato sul motto hobbesiano “Homo homini lupus”?). La Cina cammina su una corda sottile tra “Il mondo nuovo” e “1984”, tra capitalismo edonistico e comunismo oppressivo (sebbene la Cina sia comunista solo di nome): controllo totale dei suoi cittadini – al punto da avere un sistema di credito sociale (un sistema di carote e bastoni che chiede al cittadino di scambiare la sua libertà per piccoli benefici narcisistici o materialistici) – ma abbastanza libertà e divertimento per far si che le persone non vogliano ribellarsi. Nel mio pessimismo credo che sia questa la direzione nella quale stiamo andando anche noi, e la svolta totalitaria che le nostre società occidentali hanno intrapreso durante quest’anno me lo conferma.

Lascio l’ultima parola ad Aldous Huxley perché condivido il suo pensiero: “Sebbene rimanga non meno tristemente certo che in passato che la sanità mentale sia un fenomeno piuttosto raro, sono convinto che possa essere raggiunto e vorrei vederne di più”.

RITORNO AL FUTURO?

Dal film “Ritorno al futuro” di Robert Zemeckis

Il 23 marzo 1933, il parlamento tedesco approvò il “Decreto del presidente del Reich per la protezione del Popolo e dello Stato” (in seguito noto come decreto dei pieni poteri). Questo divenne la pietra angolare della dittatura di Adolf Hitler e gli permise di emanare leggi, comprese quelle che violavano la Costituzione di Weimar, senza l’approvazione del parlamento o del presidente del Reich. I giudici tedeschi (vale a dire la Corte Suprema) non contestarono la legge. Consideravano il governo di Hitler come legittimo e continuarono a considerarsi come servi dello stato al quale dovevano la loro fedeltà. La legge “concedeva formalmente al governo l’autorità di emanare qualunque editto volesse con il pretesto di porre rimedio all’angoscia della gente“. Ciò diede a Hitler il pieno potere decisionale su tutte le decisioni politiche in Germania. Dieci anni dopo questa legge diede vita ai ghetti, alle deportazioni di ebrei e dissidenti, all’appropriazione di ricchezze private, alle incursioni notturne delle SS, alla macchina da guerra e infine all’Olocausto.

Il 18 novembre 2020, il parlamento tedesco ha approvato una legge denominata “Legge sulla protezione dalle infezioni” (“Das Infektionsschutzgesetz” in tedesco). La Legge “concede formalmente al governo l’autorità di emanare qualunque editto voglia con il pretesto di proteggere la salute pubblica”. Fino ad ora, il governo tedesco si è basato principalmente sui decreti per affrontare la crisi del coronavirus, una pratica che è stata criticata dai parlamentari di tutti i partiti e ritenuta incostituzionale da alcuni. Ufficialmente questa nuova legge trasferisce parte del potere legislativo dal parlamento all’esecutivo (il governo). La legge sulla protezione dalle infezioni creerà una base giuridica per permettere al governo di limitare alcuni diritti fondamentali sanciti dalla costituzione tedesca nel suo tentativo di combattere la pandemia (?). Il governo lo stava facendo comunque – ordinando blocchi, coprifuoco, divieti di viaggio, divieto di manifestazioni, irruzione in case private e attività commerciali, molestie e arresti di dissidenti, ecc. – ma ora queste pratiche sono state legittimate dal Bundestag e sancite dalla legge.

Ad essere onesti ad oggi sarebbe leggermente ingiusto confrontare le due leggi. Soprattutto perché, per ora, tutti i decreti governativi, approvati con questa nuova legge, possono essere solo misure temporanee e scadono dopo quattro settimane. Ma consiglio, vivamente, a tutti noi, di pensare a quanto pericolosamente stiamo giocando con i nostri diritti costituzionali (sto usando l’esempio della Germania ma la maggior parte dei paesi occidentali utilizza simili tattiche politiche).

Ovviamente sento già la ribattuta più elementare (volevo scrivere primitiva – oops l’ho appena fatto) a questo: “siamo in una situazione di emergenza ed in una situazione di emergenza devono essere prese misure estreme”. Supponiamo, per amore del dialogo, che tale pensiero sia corretto. Quando finirà l’emergenza? Con la totale scomparsa del virus (altamente improbabile)? Con le vaccinazioni obbligatorie di massa (no, non entro in questa diatriba adesso come adesso)? Quando sarà completato il “grande reset” economico? Quando i media decideranno che è finita? Con la seconda venuta del Cristo? Quando? Non ho risposta. Ma quello che so per certo è che una volta che una legge entra nei libri del potere è molto raro che ne esca (eliminare un’illimitato potere esecutivo solo per amore della democrazia? Ma siete pazzi?) Un esempio molto recente di questo viene da i nostri amici americani. Ricordate la retorica dopo l’11 settembre? Assomigliava a qualcosa del genere: “siamo in una situazione di emergenza ed in una situazione di emergenza devono essere prese misure estreme” (suona familiare). Questo diede vita al Patriot Act e al più grande programma di sorveglianza statale che il mondo abbia mai visto. Doveva essere una misura temporanea. Sebbene leggermente modificato (principalmente grazie al patriota americano Edward Snowden ed a uno degli ultimi veri giornalisti presenti sul pianeta terra Julian Assange) è rimasto attivo fino al 27 marzo 2020, 19 anni dopo la dichiarazione di emergenza.

Vale la pena ricordare che il totalitarismo non compare mai da un giorno all’altro. Non vai a dormire in una democrazia e ti svegli la mattina dopo in uno stato totalitario. Il totalitarismo è come una pianta che ha bisogno di essere annaffiata e di tempo per crescere (chiedo scusa a tutte le piante per la metafora poco lusinghiera). Cresce poco a poco, passo dopo passo, accomodamento per accomodamento, razionalizzazione per razionalizzazione. Nasce dall’apatia, dall’ignoranza, dalla paura e dalla condiscendenza verso il potere. Nasce dal conformismo (su questo argomento consiglio a tutti di andare a vedere, se non lo avete già fatto, il capolavoro di Bernardo Bertolucci “Il conformista”). Il passaggio da una democrazia al totalitarismo richiede mesi… anni. E tante concessioni del popolo al potere. Ma il risultato è sempre lo stesso. Sebbene le narrazioni e i simboli cambino, il totalitarismo porta sempre a meno libertà, più controllo e violenza come forma di governo.

Mercoledì scorso, mentre la legge sulla protezione veniva approvata dal parlamento, migliaia di manifestanti si sono riuniti per le strade. La maggior parte erano uomini, donne e bambini che protestavano pacificamente. Sono stati accolti da migliaia di poliziotti antisommossa che hanno picchiato e arrestato centinaia di loro e poi hanno annaffiato il resto con acqua gelata. (A proposito, non è ironico che un governo così preoccupato per la salute della sua gente abbia spruzzato acqua ghiacciata sui manifestanti a Novembre in Germania? La polmonite vi dice niente? Devo ricordarvi che la comune influenza é un Coronavirus?). Naturalmente questi manifestanti sono stati descritti dai media come “negazionisti”, “estremisti di destra”, “anti-vaxx”, “neonazisti” e così via. Per intenderci, come in tutte le proteste che raccolgono migliaia di persone, senza dubbio alcuni di questi elementi erano presenti. Ma per la maggior parte la protesta è stata pacifica (fino a quando la brutalità della polizia non ha preso il sopravvento) guidata da cittadini onesti che brandivano copie del Grundgesetz (la costituzione della Repubblica Federale di Germania), preoccupati per il gioco pericoloso al quale il loro governo stava giocando. Stavano protestando per contestare il diritto del governo di sospendere la costituzione tedesca a tempo indeterminato e governare la società con i decreti e con la forza. E sono stati accolti con violenza.

Ora a quelli di voi che si dicono che sto esagerando, che sono eccessivamente pessimista, una Cassandra, un pazzo cospirazionista (o un vero e proprio sciocco) e che questo tipo di stati totalitari non possono esistere e non esisteranno nelle nostre democrazie moderne, vorrei ricordarvi che qualsiasi mezzo di comunicazione alternativo che non sposa la narrativa ufficiale viene censurato (cosa è successo al buon vecchio mantra democratico “Non sono d’accordo con quello che dici ma sono disposto a morire perché tu possa dirlo”?) che un noto avvocato dissidente che ha intentato una causa dopo l’altra contro il governo tedesco definendo incostituzionale la loro gestione della crisi è stata rinchiusa con la forza in un reparto psichiatrico (tranquilli! Solo per un paio di giorni! Giusto il tempo per permetterle di riflettere alle conseguenze del suo comportamento) o che la polizia, pesantemente armata, sta arrestando blogger (anche se non è chiaro esattamente per cosa, poiché le autorità non hanno rilasciato dettagli ed i media mainstream non ne parlano) per citare solo alcuni simpatici esempi.

Uno di questi blogger è il dottor Andreas Noack, accusato di aver fornito assistenza medica (sì, avete letto bene: assistenza medica) a centinaia di manifestanti durante le proteste di blocco contro il governo tedesco. I verbali indicano anche che il dottor Noack era indagato dalle autorità per non essere conforme alle leggi del lockdown. Se non mi credi, fai clic sul link sottostante. Non c’è bisogno di parlare tedesco. Ma ti avverto: questo è il video più spaventoso che guarderai per tutta la settimana. (Si prega di notare la chiara tana in stile Dr. No in cui si trova questo pericoloso individuo.)

https://dein.tube/watch/KfyFyIpd2qDxbnA?fbclid=IwAR11dJ_SqwSlfspjdMsk6gY-CkLaWlEJyRSyaM5cxzT2zH4e9OLwZ4_Kj7I

Infine, come proverbiale ciliegina sulla torta, abbiamo questo democratico gentiluomo: Aziz Bozkurt, il presidente del gruppo migrazione e diversità dell’SPD (il Partito socialdemocratico tedesco – mi viene da piangere) che chiede, con un tweet, che le persone che rifiutano di conformarsi alla “Nuova normalità”, siano deportate “Non importa come. Non importa dove. Basta che sia fuori dal mio paese.” Presumibilmente il suo non importa come e dove ha qualcosa a che fare con dei treni?

Voglio essere chiaro: non sto inveendo contro i nostri amici tedeschi. Lo stesso sta accadendo in Italia, in Francia, in Inghilterra e così via. Non è un problema solo tedesco, è generalizzato. In tutta Europa la polizia sta dando la caccia ai “senza mascherina” per le strade, facendo irruzione nei ristoranti, nei bar e nelle case delle persone. In tutta Europa i nostri diritti costituzionali vengono sospesi in nome di un’emergenza che potrebbe non avere fine. In tutta Europa la crisi viene utilizzata come forma di governo attraverso la paura e la violenza. In tutta Europa il dibattito democratico viene messo a tacere a favore della propaganda di stato (senza dibattito ci può essere solo propaganda). In tutta Europa i conformisti, quelli che lasciano che la loro vita sia governata dalla paura, dall’apatia e dalla codardia stanno dando sempre più potere allo stato perché “sanno meglio di me quello che va fatto” e “lo fanno per il nostro bene” (questi, ovviamente, sono le stesse persone che in un futuro non troppo lontano affermeranno: “Stavo solo eseguendo ordini!”). In tutta Europa il disaccordo e la protesta contro la “nuova normalità” sono accolti dalla violenza.

Chiedo solo, a voi ed a me stesso, “fino a quando”? Quando finirà questo pericoloso, pericoloso, pericoloso gioco al quale stiamo giocando? Ammetto di essere un pessimista su questo argomento. Una volta che questo genere di cose inizia, nel migliore dei casi, non si ferma finché la democrazia non è altro che una favola da raccontare ai bambini mentre vanno a letto (lo scenario peggiore finisce con milioni di morti). Potrebbe volerci un po ‘di tempo per arrivarci ma non illudiamoci, il chiaro ed imminente pericolo è che è lì che stiamo andando.

RISATA NEL BUIO

Dal film “Il dittatore” di Charlie Chaplin

Un paio di giorni fa ho postato una stupida battuta su Facebook. Eccola:

“Pfizer ha annunciato un vaccino anti Covid! È efficace al 90%! Ho una domanda: se stessi per saltare da un aereo e l’istruttore ti dicesse che il tuo paracadute è efficace al 90%… salteresti? “

Ammetto, non è una grande battuta, e nemmeno originale – l’originale è di Bill Burr (un comico americano) ed era basata sulle percentuali di divorzio in America – ma è stata sufficiente a far scatenare l’inferno. Due fazioni hanno iniziato a discutere e litigare sui vaccini, il nuovo ordine mondiale e se Bill Gates sia un filantropo o un criminale. Questo, per me, la dice lunga sul livello elementare di dicotomia nel dibattito pubblico, ma non è questo il punto di questo sproloquio. Inutile dire che ho cancellato il post dato che non ho intenzione di essere il veicolo involontario di combattimenti sterili tra polli.

Per me questo sciocco episodio indica anche un crescente aggravamento del discorso e l’incapacità di trovare umorismo nei problemi che affrontiamo. Uno dei commenti che ho ricevuto era sulla falsariga di “la gente sta morendo là fuori… non c’è niente da scherzare”. Non potrei essere più fortemente in disaccordo. Credo che l’umorismo sia il primo e più efficace modo per sfidare la tragedia e le difficoltà. Ma poiché detesto formulare le mie opinioni su credenze ideologiche, sono andato a fare delle ricerche sull’umorismo in contesti tragici. Ecco cosa ho trovato (non pretendo che quanto segue sia una ricerca originale; è una sorta di minestrone di quattro articoli/studi che ho letto).

Auschwitz, durante la seconda guerra mondiale: un gruppo di donne ebree, al loro arrivo nel famigerato campo di concentramento, viene spinto in una stanza. Lì un gruppo di soldati procede a radergli i capelli. Le donne sono spaventate, arrabbiate e guardano con disperazione i loro bei capelli lunghi che cadono sul pavimento. Piangono e piangono. Una di queste donne, che ha appena finito di farsi radere, guarda le altre e con un sorriso sul viso dice: “Perché piangete? Ma sapete quanto il mio parrucchiere Misha chiedeva per un taglio di capelli? Una taglio gratis? Mai visto in vita mia!”. I pianti si interrompono e risate e sorrisi fanno la loro comparsa. Radere i capelli era un modo per disumanizzare i prigionieri. Una stupida battuta fu un modo rapido ed efficace per rifiutare tale disumanizzazione.

Di fronte ad una tragedia, la maggior parte delle persone è sopraffatta da sentimenti di tristezza e compassione, il che è ovviamente comprensibile. Ma la tristezza e/o la serietà, a lungo andare, sono un modo inefficace per affrontare la tragedia. La tristezza porta alla depressione, la depressione porta alla disperazione, la disperazione porta alla rinuncia e la rinuncia porta alla morte.

L’umorismo e la gioia, viceversa, affrontano la stessa tragica situazione attraverso una forma di rilascio emotivo. L’umorismo ti costringe ad essere ottimista sul futuro, ti permette di rimanere a galla in mezzo a tragedie e disperazione. La risata fornisce una momentanea fuga mentale. O, nelle parole di Conrad Hyers: “La commedia esprime il rifiuto di dare l’ultima parola alla tragedia”.

Victor Frankl, un neurologo austriaco, prigioniero nei campi di concentramento e autore del capolavoro “L’uomo in cerca di senso” (uno dei più grandi libri del secolo scorso, a mio parere) ha notato che l’umorismo era una delle cose che aiutavano le persone a sopravvivere nei campi. Racconta questa storia: un prigioniero sbatte accidentalmente contro una guardia nazista. La guardia si volta e grida: “Schwein!” (“maiale” in tedesco). Il prigioniero si inchina e risponde: “Cohen. Piacere di conoscerla”. La battuta dimostra chiaramente come l’umorismo aiuti a invertire chi ha il controllo. Inoltre l’oppressore non ha difese contro l’umorismo. Se cerca di reagire, sembra solo più ridicolo. Anche nelle terribili condizioni del campo, tali battute fornivano un mezzo per superare momentaneamente le avversità estreme.

Trovare l’umorismo di fronte alla morte è stato chiamato “umorismo da forca” da Freud. Il suo classico esempio era quello di un uomo che stava per essere ucciso da un plotone di esecuzione e gli è stato chiesto se volesse un’ultima sigaretta. “No grazie”, rispose, “sto cercando di smettere.” Di nuovo, la battuta aiutò il condannato a ribaltare la situazione e ad assumerne il controllo emotivo.

Vale la pena notare che Adolf Hitler non aveva senso dell’umorismo. Temeva di essere deriso e rese illegali le battute anti-naziste. Tali battute erano considerate un atto di tradimento. Questo perché capì che la risata è un meccanismo di difesa, aiuta a interiorizzare l’anormalità, aiuta a solidificare lo spirito combattivo, a superare la paura. Soprattutto mina il potere del dittatore perché è la prova di un sé autonomo che fa scelte al di fuori delle autorità sociali/politiche e pensa al di fuori del loro quadro ideologico. In altre parole, la risata è ribelle e l’umorismo ti rende libero. Questa è una lezione che dovremmo tutti tenere a mente in questi nostri strani tempi in cui giochiamo troppo pericolosamente con idee dittatoriali.

Ovviamente c’è un altro lato della medaglia: un dittatore intelligente permetterà l’umorismo perché sa che allevia la frustrazione, il dolore e la rabbia degli oppressi. Si dice che la macchina di propaganda comunista di Stalin avesse un ufficio specializzato nella creazione di barzellette contro il regime. Una forma di controllo perverso attraverso la liberazione emotiva. Penso che questa lezione sia stata appresa fin troppo bene dal potere moderno. La vera oppressione oggi non si attua con la violenza ma con la benevolenza. Ma questo è un altro argomento che è meglio rappresentato nei due tipi antitetici di dittature presentati da Huxley e Orwell nei loro libri “Il mondo nuovo” e “1984”.

Quindi, per rispondere al mio amico che afferma che “la gente sta morendo là fuori… non c’è niente da scherzare” vi lascio con le parole di Rudolf Kalmar, un giornalista austriaco che scrisse un’opera satirica su pezzi di carta trovati in giro per il campo di concentramento che lo imprigionava:

“È la vecchia canzone 
che vedi qui nel dramma 
Ma tieni sempre a mente una parola 
Tutto è un inferno 
presto guarirà 
attraverso questa parola magica: umorismo, umorismo!”

SE VOGLIAMO CHE TUTTO RIMANGA COME È, BISOGNA CHE TUTTO CAMBI

Dal film “Il Gattopardo” di Luchino Visconti

ATTENZIONE: il seguente articolo farà probabilmente arrabbiare sia i sostenitori di Biden che quelli di Trump!

Continuo a vedere festeggiamenti e giubilo ogni volta che apro Facebook: il “mostro” Donald Trump è sconfitto (forse?) E Joe Biden sarà il prossimo presidente degli USA (forse? E se così fosse… per quanto tempo?).

Capisco la gioia; ho sempre detestato Trump perché rappresenta tutto ciò che disprezzo in un uomo. Ma queste celebrazioni mi sembrano francamente eccessive.

Dobbiamo tenere a mente chi è Joe Biden e ciò che mostra il suo curriculum. Tanto per non essere sopraffatti dall’entusiasmo dimenticandoci che è dovere di ogni cittadino che crede nella giustizia sociale, nell’uguaglianza, nell’amore, nella compassione e nella possibilità di un mondo migliore, tenere sotto controllo le persone al potere. È nostro dovere mostrare a Biden lo stesso livello di scrutinio e pressione politica che abbiamo mostrato a Trump.

Joe Biden, dobbiamo sempre ricordarlo, è stato il vice presidente del “Premio Nobel per la pace” Barack Obama. Un altro presidente celebrato come una speranza di cambiamento negli Stati Uniti. Sappiamo tutti come è andata a finire. Il “Nobel per la pace” (e il suo secondo in comando), durante la sua presidenza, ha sganciato bombe su Afghanistan, Libia, Somalia, Pakistan, Yemen, Iraq e Siria. Ha dato il via libera alle “guerre dei droni”, alle “kill lists” e ha mantenuto la prigione di Guantanamo attiva e funzionante (nonostante avesse promesso il contrario). Ha imposto sanzioni criminali contro il Venezuela, definito “una minaccia insolita e straordinaria alla sicurezza nazionale”, armato i golpisti a Caracas, così come a Managua, nel fallito tentativo di rovesciare il governo sandinista guidato dal comandante Daniel Ortega in Nicaragua. Ha sostenuto le operazioni “giudiziarie” in America Latina che hanno portato al colpo di stato parlamentare contro la presidente socialista Dilma Rousseff in Brasile e l’uccisione politica dell’ex presidente argentina Cristina Kirchner (una socialdemocratica di centro sinistra).

La famiglia Biden ha legami e interessi affaristici poco chiari con i neonazisti in Ucraina. Hunter Biden – il figlio di Joe – è entrato a far parte del consiglio di amministrazione di Burisma Holdings, una compagnia di gas ucraina, nel maggio 2014, con uno stipendio di $ 50.000 al mese. Il figlio di Biden è stato scelto nonostante non parlasse la lingua e non avesse particolari esperienze in campo energetico. Ma è stato cooptato pochi mesi dopo la decisione di Obama di affidare al suo vicepresidente il compito di seguire la transizione politica in Ucraina. Dove per transizione intendiamo la rivoluzione colorata che ha portato al potere i neonazisti in Ucraina al posto del presidente Viktor Yanukovich.

Poi c’è il famigerato disegno di legge sul crimine del 1994 che ha esteso la pena di morte a 60 nuovi crimini, ha irrigidito le condanne, ha offerto agli stati forti incentivi finanziari per la costruzione di nuove prigioni e ha contribuito a portare all’ondata di incarcerazioni di massa (per lo più di uomini neri) che ha portato gli Stati Uniti ad avere il 25% della popolazione carceraria mondiale.

In breve, i democratici e gli antimperialisti sinceri non hanno motivo di celebrare l’elezione di Joe Biden se non per il fatto che non è Trump. E teniamo a mente le immortali parole di Gore Vidal: “La democrazia americana è un’aquila che ha due ali: entrambe destre”.

Vi invito quindi ad ascoltare le sagge parole del candidato presidenziale del Partito dei Verdi americano Howie Hawkins, quando afferma tramite il suo profilo Twitter: “Non importa chi siede alla Casa Bianca, continueremo a lottare per la giustizia sociale, per la democrazia e per i diritti umani centrati sulle persone”.

Questo è il dovere di ogni sincero umanista e fedele credente nella democrazia con la consapevolezza che il mondo può e deve essere un paradiso per tutti.

Quindi attenuate le celebrazioni e preparatevi di nuovo a combattere, perché se Biden entrerà nella Casa Bianca non diventerà magicamente un cavaliere di scintillante bianco vestito. Un’indicazione di ciò è il fatto che la sua campagna è stata in gran parte finanziata, tra gli altri, da vari hedge fund di Wall Street e da 44 miliardari (secondo Forbes). Secondo bloomberg.com ha raccolto quasi 1 miliardo di dollari (un record assoluto). Questi donatori faranno pressione sulla sua presidenza e no, non hanno a cuore i migliori interessi del popolo.

Quindi, PER FAVORE, PER FAVORE, PER FAVORE rimanete vigili e non pensate che tutto ciò che una sana democrazia richieda sono 15 minuti in una cabina elettorale ogni quattro anni e un paio di meme celebrativi su Facebook. È una lotta continua per la conoscenza, la giusta informazione e l’azione contro i poteri che dirigono la nostra vita politica e sociale, non importa chi essi siano.

Detto questo, e sono abbastanza sicuro che questo sia solo una vana speranza (ma non si sa mai), se il vecchio Joe dovesse scegliere la strada della Carta delle Nazioni Unite invece che della vecchia e già battuta strada di bombe, sanzioni e crimini internazionali, sono pronto a fare ammenda e diventare il suo primo sostenitore. Il mio augurio è di poter raccontare con stupore le politiche di discontinuità applicate dall’amministrazione Biden. Mi sembra molto difficile, date le premesse. Ma non voglio porre limiti alla provvidenza.

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